giovedì 22 maggio 2008

'A chiereca 'o pate 'a lassa ê figlie.

'A chiereca 'o pate 'a lassa ê figlie.
Ad litteram: La tonsura il padre la lascia (in eredità ) ai figli.
Id est: la professione, l'arte o mestiere esercitate da un genitore, solitamente passano dal padre ai figli che beneficiano anche della acquisita clientela del genitore, di talché quella professione, quell’arte o mestiere costituisce una vera e propria eredità. Di per sé la voce chierica (piccola rasatura tonda che i membri di alcuni ordini religiosi portano o meglio, portavano fino a poco tempo fa come segno del proprio stato in cima al capo) usata nel proverbio in epigrafe è la tonsura, ma qui adombra in quanto segno evidente una qualsiasi arte e/o mestiere, in ispecie quelle esercitate in piazza (barbieri, falegnami e simili) in bottega o, estensivamente, quelle professioni per le quali si conduce uno studio (medici, avvocati etc.); va da sé che la voce chiereca adombra qualsiasi altra professione, arte o mestiere esercitata non solo in proprio, ma anche alle dipendenze, specialmente quando un genitore riesce con i suoi buoni uffici ad indirizzare il proprio figliuolo sulla propria strada lavorativa (quante mezze cartucce di giornalisti imperversano nei e sui media solo perché figli di penne e/o microfoni!per non dire di autentici norcini che figli di noti medici e/o chirurghi ne ànno ereditato la professione ed ora innalzano la bandiera dell’arte di Esculapio non sapendo distinguere un foruncolo da un neo etc....) Etimologicamente la voce chiereca deriva dal lat. eccl. clerica(m) (tonsionem) '(tonsura) dei chierici';
pate =padre, genitore ma estensivamente anche antenato etimologicamente dritto per dritto dal nominat. lat. pate(r);
lassa =lascia, voce verbale (3° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito lassà= lasciare, smettere di tenere, di sostenere, di stringere, dare in eredità, dal lat. laxare 'allargare, sciogliere', deriv. di laxus 'largo, allentato';
ê figlie = ai figli (maschi o maschi e femmine); figlie è il plurale del masch. figlio; anche il femminile plurale della voce figlia è figlie,ma in unione all’articolo ‘e (le) o alla preposizione articolata ê (a+ ‘e= a+le=alle) comporta la geminazione della f iniziale dando ê ffiglie,(cosa che non avviene per il maschile ‘e/ ê figlie) per cui nella normale e tradizionale esposizione del proverbio in epigrafe si considerano ‘e figlie (i figli maschi o la totalità dei figliuoli, maschi e femmine); si fosse trovato scritto e detto ‘e ffiglie si sarebbe trattato esclusivamente delle figlie ( cioè delle femmine ); etimologicamente la voce figlio è dal lat. filiu(m), dalla stessa radice di fìmina 'femmina' e fecundus 'fecondo'.
Raffaele Bracale

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