Dentro – entro - dinto – into – rinto
Mi soffermo a dire delle voci in epigrafe: le prime dell’italiano, le altre del napoletano; tali voci sono avverbi e/o prep. improprie, che quantunque a prima vista parrebbero aver tutte le medesime origini, ànno in realtà etimi diversi e morfologie particolari su cui converrà soffermarsi.
Cominciamo col chiarire il significato di dentro che come avverbio vale: all'interno, nella parte interna di qualcosa, (fig.) nell'intimo, nell'animo; come preposizione vale
1 in, nel; nella parte interna (si unisce ai nomi direttamente o talvolta per mezzo della prep. a): dentro casa; dentro la (o alla) città; dentro l'armadio (o all'armadio); darci dentro, (fig. fam.) impegnarsi a fondo in qualcosa; essere dentro a qualcosa, (fig.) avervi parte, occuparsene | si unisce ai pronomi personali per mezzo della prep. di: dentro di me, di te, di sé ecc. , (fig.) nel mio, nel tuo, nel suo ecc. animo | talora, soprattutto nell'uso fam. o region., si unisce ai nomi anche per mezzo della prep. in: l'ò messo dentro nel baule;
2 (entro) con valore temporale: dentro l'anno, il mese, oggi, prima che termini l'anno, il mese, oggi
come s. m. vale: la parte interna: il fuori è pitturato, il dentro è rivestito in tela anche rafforzato dalla prep. di: il di dentro è più accogliente.
per ciò che riguarda la voce entro essa è solo una preposizione che vale:1 prima della fine di, con riferimento a tempo: entro un mese; entro l'autunno
2 (lett.) dentro, con riferimento a luogo (anche fig.): entro casa; entro l'animo | si unisce ai pron. pers. per mezzo della prep. di : entro di me, di sé | nell'uso antico ricorre anche preceduto da prep.: d'entro, da dentro: d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano (DANTE Par. VI, 12); per entro, attraverso: per entro i luoghi tristi / venni stamane (DANTE Purg. VIII, 58-59)
3 (ant.) tra: ed entro l'altre cose, che ivi scorte / furon da me, fu un cerchio (BOCCACCIO L'amorosa visione)
raramente la si trova come avverbio al posto di dentro;
4 con valore di agg. invar. nella loc. di entro, (ant.) interno: nascendo di quel d'entro quel di fori (DANTE Par. XII, 13).
Qualcuno, malamente, sospettò una differente quantità tra la i di intro donde l’italiano dentro da de + intro e la i di intus donde il napoletano dinto da de + intus.
In realtà non è questione di quantità o di problemi simili: il vocalismo napoletano, senza arrivare alle caratteristiche del pugliese, tende a stringere le vocali rispetto alla pronunzia standard dell'italiano: noi partenopei diciamo "finócchi" con la o chiusa, mentre l'italiano dice "finòcchi" con la o aperta; diciamo "maéstro", "svélto" etc. quello che in italiano è "maèstro", "svèlto" etc. Dal latino ipse l'italiano deriva "esso" e noi abbiamo "isso" (con un'altra caratteristica tipica del napoletano, che è l'apofonia fra maschile e femminile, isso/essa come "chisto/chesta", "chillo/chella" etc.; allo stesso modo dal verbo intro , l'italiano deriva "entr-", il napoletano dai derivati (intus, intra) "into e poi dinto ", non però il verbo, che è caduto dal vocabolario a vantaggio di "tràsere/trasíre" (III e IV coniugazione!) da transeo, che in realtà significherebbe "passare oltre", ma se si passa oltre una porta in effetti si entra.
raffaele bracale
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