1 Cu chestu lignammo se fanno 'e strommole.
Letteralmente: con questo legno si fanno le trottoline. Id est: Non attendetevi risultati migliori, perché con quel materiale che ci conferite non possiamo che fornirvi cose senza importanza e non altro! In una seconda valenza la locuzione sta a significare: badate che ciò che ci avete richiesto si fa con questo (scadente) materiale, non con altro piú pregiato...
lignammo= legname sost. neutro derivato dal b. lat. ligname(n)con raddoppiamento espressivo della m.
strommole = trottoline plurale irr. femm.le del maschile strummolo = trottolina lignea dal b. lat.*strómbolum→strommolum→strummolo derivato dal greco strómbos.
3 Napule fa 'e peccate e 'a Torre 'e sconta.
Letteralmente: Napoli pecca e Torre del Greco è punita. La locuzione è usata a significare l'incresciosa situazione di chi paga il fio delle colpe altrui. Nel merito della locuzione: per mera posizione geografica e a causa dei venti e delle correnti marine, i liquami che Napoli scaricava nel proprio mare finivano, inopinatamente, sulla costa di Torre del Greco, ridente località rivierasca confinante col capolugo campano.
fio= s. m. (ant.) 1 feudo | (estens.) tributo feudale
2 (fig.) pena, castigo, punizione | pagare il fio, (lett.) scontare la pena; voce derivata dall’antico francese fieu 'feudo'.
4 A- Comme pavazio, accussí pittazio.
B - Pocu ppane, pocu sant'Antonio.
Letteralmente: A - Come pagherai, così dipingerò. B - Poco pane, poco sant'Antonio. Ambedue le locuzioni adombrano il principio di reciprocità insito nel sinallagma contrattuale, per il quale il do è commisurato al des; id est: non si può pretendere un corrispettivo superiore alla retribuzione. La locuzione sub A ricorda l'iscrizione posta da tale F. A. S. GRUE valente ceramista (1618 †1673) è il protagonista del rinnovamento della maiolica abruzzese dietro un celebre vaso da farmacia riccamente miniato detto albarello (per la presenza di un disegno di un pioppo popolarmente detto alberella/albarella) di san Brunone, commissionatogli dai Certosini di san Martino di Napoli ; mentre quella sub B ripropone la risposta data da un pittore non meglio identificato a certi frati parimenti poco noti che gli avevano commissionato un quadro raffigurante sant'Antonio. Alle rimostranze dei frati che si dolevano della lentezza del pittore nel portare innanzi l'opera commissionata, il pittore rispose con la frase in epigrafe (sub B)dolendosi a sua volta dell'esiguità della remunerazione.
5 S' è fatta notte ô pagliaro.
Letteralmente: È calata la notte sul fienile (sbrígati a condurre a temine il lavoro pattuito!...). La locuzione viene usata a mo' di incitamento all'operosità verso colui che procrastini sine die il compimento di un lavoro per il quale - magari – abbia già ricevuto la propria mercede; tanto è vero che altrove si suole chiosare: chi pava primma è male servuto (chi paga in anticipo è malamente servito...)
6 Quanto è bbello e 'o patrone s''o venne!
Letteralmente: Quanto è bello, eppure il padrone lo vende. Era la frase che a mo' di imbonimento pronunciava un robivecchi portando in giro, per venderla al migliore offerente, la statua di un santo presentata sotto una campana di vetro. Con tale espressione oggi sarcasticamente ci si prende gioco di chi si pavoneggi, millantando una bellezza fisica che non corrisponde assolutamente alla realtà.
7 Si 'o gallo cacava, Cocò nun mureva.
Letteralmente: Se il gallo avesse defecato, Cocò non sarebbe morto. La locuzione la si oppone sarcasticamente, a chi si ostina a mettere in relazione di causa ed effetto due situazioni chiaramente incongruenti, a chi insomma continui a fare ragionamenti privi di conseguenzialità logica.
8 À perzo 'e vuoje e va cercanno 'e ccorna.
Letteralmente: À perduto i buoi e va in cerca delle loro corna. Lo si dice ironicamente di chi, avendo - per propria insipienza - perduto cose di valore, ne cerca piccole vestigia, adducendo sciocche rimostranze e pretestuose argomentazioni.
9 Pure ll'onore so' castighe 'e Ddio.
Letteralmente: Anche gli onori son castighi di Dio. Id est: anche agli onori si accompagnano gli òneri; nessun posto di preminenza è scevro di fastidiose incombenze. La locuzione ricorda l'antico brocardo latino: Ubi commoda, ibi et incommoda.
10 Madonna mia fa' stà bbuono a Nirone
Letteralmente: Madonna mia, mantieni in salute Nerone. È l'invocazione scherzosa rivolta dal popolo alla Madre di Dio affinché protegga la salute dell'uomo forte, di colui che all'occorrenza possa intervenire per aggiustare le faccende quotidiane. Nella locuzione c'è la chiara indicazione che il popolo preferisce l'uomo forte e deciso, piuttosto che l'imbelle democratico. La locuzione significa pure che per quanto pessimo possa essere un governante ( e Nerone si portava dietro una gran brutta fama...) auguriamoci che il Cielo ce lo conservi in salute per modo che non venga a prendere il suo posto qualcuno peggiore! Ovviamente l’espressione si attaglia non solo con riguardo ai governanti, ma pure ad ogni situazione in cui ci sia da contrattare con un cattivo soggetto che potrebbe avere un successore peggiore di lui.
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