Aje voglia ‘e mettere rumma: ‘nu strunzo
nun addiventa maje bbabbà
È inutile aggiungere rum, uno stronzo non diverrà mai un babà.
Id est: Per quanto tu tenti di edulcorarlo, uno stronzo non potrà mai diventare un dolce saporito come un babà; alla stessa stregua: per quanto lo si cerchi di migliorare, uno sciocco non potrà mai cambiare in meglio la propria natura;
aje voglia ‘e locuzione verbale, in uso anche nella lingua italiana nella valenza di insistere inutilmente in un tentativo: ài voglia a (o di) strillare, tanto non ti sente nessuno, per quanto tu possa strillare, non ti sentirà nessuno; anche ellittico: ài voglia!; è inutile;
mettere = mettere, porre, aggiungere, disporre collocare dal Lat. mittere 'mandare' e poi 'porre, mettere';
rumma = rum acquavite ottenuta per lo piú dalla distillazione della melassa di canna da zucchero fermentata.la voce inglese rum è derivata da rum- bustious 'chiassoso, violento', con allusione al comportamento degli ubriachi bevitori della suddetta acquavita; la voce napoletana rumma è coniata su quella inglese con una tipica paragoge di una a finale e raddoppiamemento della m etimologica fino a formare la seconda sillaba ma della voce rumma, come altrove tramme←tram,barre←bar etc.
strunzo = stronzo, escremento solido di forma cilindrica e figuratamente persona stupida, odiosa etimologicamente dal longobardo strunz 'sterco';
addiventa =diventa voce verbale (3° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito addiventà = divenire, venire a essere, trasformarsi in derivato dal lat. volg. ad+ *deventare, forma rafforzata (vedi prep. ad) di quella intens. del lat. devenire = divenire; da notare la particolarità che la voce verbale a margine (indicativo presente) è resa in italiano con il futuro, tempo che – quantunque esistente nelle coniugazioni dei verbi napoletani – è pochissimo usato, preferendogli un presente in funzione futura o altrove costruzioni del tipo aggi’ ‘a = devo da;
maje = mai, in nessun tempo, in nessun caso derivato dal latino ma(g)is= piú con caduta della g intervocalica sostituita da una j e con paragoge della semimuta finale ;
babbà = baba/ babà tipico dolce partenopeo (pare importato a Napoli, sotto il regno di Ferdinando I di Borbone da pasticcieri francesi (chiamati a Napoli da Maria Carolina e richiesti a sua sorella Maria Antonietta)che l’avevano mutuato da dolcieri polacchi) di pasta soffice e lievitata, intrisa di uno sciroppo al rum. La voce è dal fr. baba, che è dal polacco baba '(donna vecchia').Al solito i francesi pronunciavano baba, babà ed i napoletani ne raddoppiarono espressivamente la seconda b ottenendo babbà anzi ‘o bbabbà.
Raffaele Bracale
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