Sî arrivato â monaca ‘e lignammo.
Letteralmente: sei giunto presso la monaca di legno. Id est: sei prossimo alla pazzia. Anticamente la frase in epigrafe veniva rivolta a coloro che davano segni di pazzia o davano ripetutamente in escandescenze. La monaca di legno dell’epigrafe altro non era che una statua lignea raffigurante una suora nell’atto di elemosinare . Detta statua era situata sulla soglia del monastero delle Pentite presso l’Ospedale Incurabili di Napoli, ospedale eretto nel 1522, per opera e volontà della nobildonna Maria Richenza moglie di Giovanni Longo** (Lonc) sulla amena, salubre,collina di Caponapoli, nosocomio dove fin dal principio del 1600 si curarano le malattie mentali.In tale ospedale operò un tale mastro Giorgio Cattaneo medico o infermiere addetto alla cura dei folli per i quali escogitava sistemi coercitivi tra i quali (vedi alibi) quello di fare assumere al folle in cura cento uova crude e súbito dopo costringerlo sotto la minaccia della sferza, a girare la pesante noria d’un pozzo. Dal nome di tale mastro Giorgio derivò il sostantivo mastuggiorgio= guardiano dei folli e rammento che dell’esistenza di tale mastuggiorgio ←mastro Giorgio (medico o infermiere presso l’ospedale degli Incurabili dove venivano curati anche gli affetti da malattie nervose) si fa menzione oltre che in un canto popolare di fine ‘600 che à i ss. versi: Comme te voglio amà, ca sî ‘na pazza? /Nun tiene ‘na parola de fermezza… /Vatténne a Nnincuràbbele pe pazza, / là ce sta Mastu Giorgio ca t’addrizza! anche in alcuni versi di un tal G.B. Valentino ? - † fine 1600 ca (di professione scrivano e mediocre poeta, a credere al Galiani). Tale Valentino scrisse: Deh, mastro Giorgio mio, dotto e saputo, /che tanta cape tuoste haie addomate, /si nun te muove a dare quarch’aiuto, nuje simmo tutte quante arrovenate
arrivato voce verbale (part. pass. masch.) dell’infinito arrivà = giungere, pervenire; derivato da un lat. volg. *adripare, deriv. di ripa 'riva', quindi originariamente voce marinaresca: 'giungere a riva; rammenterò che un traslato furbesco il verbo arrivà/arrivare è usato nel parlato partenopeo, (in luogo del venire usato nel resto d’Italia) per significare il momento eiaculatorio nel corso di un rapporto coitale.
monaca appartenente a un ordine monastico femminile: sostantivo femm. derivato dal lat. tardo monacha(m), che è dal gr. monaché; cfr. monaco derivato di tardo latino monachu(m), che è dal gr. monachós 'unico', poi 'solitario' (e quindi 'monaco'), deriv. di mónos 'solo, unico'
lignammo sostant. masch. legname derivato del Lat. ligname(n) 'armatura di legno' ( che è da ligna + il suff. coll. amen)
** Maria Richenza moglie di Giovanni Longo era una donna di grande carità cristiana e di notevole intelligenza, ma debilitata nel fisico da una grave malattia che la costringeva alla assoluta immobilità e le procurava atroci sofferenze.
A 46 anni rimase anche vedova e sola in una città straniera: ella infatti era spagnola, giunta a Napoli al seguito del marito.
A 47 anni, in pellegrinaggio al Santuario di Loreto, durante la celebrazione della Santa Messa, guarí dal suo male e riacquistò vigore fisico ed ancor piú vigore spirituale.
Decise allora di spendere la sua vita in opere di bene e di carità. Cominciò a frequentare le opere pie e caritatevoli napoletane: l'Ospedale di San Giacomo, dei Fatebenefratelli (La Pace), dei Pellegrini ed in particolare l'Ospedale di San Nicola al molo, che la vide attiva ed instancabile lavoratrice per sette anni. In quel periodo cominciò a pensare di organizzare un'opera di assistenza per malati "incurabili".
In appena due anni di lavori nacque , sull’allora splendida e salubre collina di Caponapoli, l'Ospedale degli Incurabili; il 23 Marzo 1522 i malati, in processione, con a capo Maria Longo, lasciavano il vecchio ospedale che era sito presso il Maschio Angioino per trasferirsi nella nuova sede che prese il nome di 23 MARZO in ricordo della data in cui era avvenuto il trasloco degli ammalati Attorno all'Ospedale nacquero poi a mano a mano , sempre ad opera della Longo, la chiesa di Santa Maria del Popolo, che allorché venne aperta al culto dette l'altro nome all'Ospedale che dismesso il titolo di 23MARZOdivenne Ospedale del POPOLO degli INCURABILI o semplicemente degli INCURABILI , la sede dei Bianchi, il ricovero delle Pentite, il Monastero delle Riformate.
All'inizio, con Maria Longo, collaboravano la nobile e pia Maria De Ayerba, i venerandi padre Girolamo da Monopoli, Marcello Gazzella, Girolamo Albertini, Vittoria Colonna, Antonio Caracciolo con la Compagnia dei Bianchi, padre Ludovico da Fossombrone, Bernardino da Reggio, Mattia Bellintani. Nella storia dell'Ospedale s'inseriscono, primo fra tutti in ordine di tempo, San Gaetano Thiene, che fu il vero animatore dell'impresa di costruire l'Ospedale, e che per 29 anni dedico' la sua vita all'assistenza degli infermi, poi Sant'Andrea Avellino, suo allievo, che pari amore pose nell'assistere per lunghi anni i pazienti dell'Ospedale. Altri seguaci di San Gaetano, furono i santi Giovanni Marinoni e Paolo Burali d'Arezzo, che vissero e morirono lavorando in Ospedale.
Esaurito il ciclo dei "Teatini", l'Ospedale vide consegnata la sua guida spirituale alla Compagnia dei Camillani fondata da San Camillo De Lellis, che si prodigò per lunghi anni negli ospedali S. Maria della Pace ed Incurabili, specialmente in occasione del drammatico evento dell'epidemia di colera. Sulla scia di San Camillo approdò in Ospedale il nobile Luigi Gonzaga che volle ivi soggiornare e svolgere la sua opera di carità tra i malati, portando anche una ventata di innovazioni nell'opera di apostolato; San Luigi suggellò la sua breve vita di dedizione ai sofferenti morendo di peste nell'assistenza a pazienti affetti dal grave morbo.
Insieme con quella dei Teatini, andava sempre più distinguendosi, per la sua operosità, la Compagnia dei Bianchi, che negliIncurabili aveva peraltro una propria sede; tra i più illustri confratelli si distinse San Francesco Caracciolo, che lavorò per lunghi anni in Ospedale.
Rammenterò come ò già detto che presso l’ospedale degli Incurabili prestò la sua opera q un famosissimo medico dei pazzi, quel tal mastro Giorgio Cattaneo - dal cui nome derivò poi il termine mastuggiorgio che indica appunto il castigamatti - il quale medico pare fosse fautore di metodi di cura violenti e pare inventasse la cura coercitiva per il folle di dover assumere ben cento uova di sèguito e poi, sotto la minaccia di una frusta, di girare la ruota di un pozzo.
Raffaele Bracale
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