Tengo 'e lappese a quadrigliè, ca m'abballano pe capa.
Letteralmente: Ò le matite a quadretti che mi ballano in testa. Presa alla lettera la locuzione, che è molto antica , antecedente alle prime commercializzazioni di matite (làppese), non significherebbe niente, atteso che non si è mai visto, né è ipotizzabile qualcuno che abbia delle matite che gli danzino (che è il napoletano abballà etimologicamente dal basso latino ad + ballare)sulla testa, né fa testo il preteso riferimento caldeggiato da qualcuno ad una pubblicità di un’industria che sul finire del 1700 mise in commercio delle matite laccate a minuscoli quadratini bianchi e neri; nelle pubblicità, dette matite erano rappresentate infisse a mo’ di raggiera su di una testa d’uomo sorridente.
In realtà, lappese( =matite,etimologicamente dal latino lapis (che è propriamente la pietra e cioè la grafite usata nelle matite per tracciar segni, con consueto raddoppiamento consonantico interno in parole divenute sdrucciole e paragoge finale della e) a quadrigliè è la corruzione dell'espressione latina lapis quadratus corrotta in quadrellatus (dal latino quadrellatus, per influenza della lingua iberica nella quale il suono della ll è gl, i napoletani ottennero quadriglié o quatriglié che sta per a quadretti) , antica tecnica di costruzione muraria romana consistente nel sovrapporre, facendo combaciare le facce laterali e tenendo la base rivolta verso l'esterno, ed il vertice verso l'interno, piccole piramidi di tufo o altra pietra, per modo che chi guardasse il muro, così costruito, avesse l'impressione di vedere una serie di quadratini orizzontati diagonalmente. Questa costruzione richiedeva notevole precisione ed attenzione con conseguente applicazione mentale tale da procurare nervosismo e rabbia ed instabilità umorale, di talché chi asseriva di avé o tené ‘e làppese a quadriglié intendeva ed intende dire di stare agitato e nervoso tal quale l’operaio che avesse tirato su un muro in lapis quadratus.
Raffaele Bracale
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