SFRUCEDATO - SFRUCECATO & DINTORNI
Questa volta, sollecitato dalla cortese richiesta di un tal F.C. (al solito – per evitar problemi di privatezza – cito solo le iniziali e non il nome completo di chi mi contatta...) lettore del sito dell’amico prof. Roberto ANDRIA, sito cui indegnamente collaboro quale esperto della parlata napoletana, intendo fornir qualche notizia circa la voce in epigrafe: SFRUCEDATO/SFRUCETATO - SFRUCECATO ed ò parlato al singolare di una voce in quanto è del tutto evidente che la seconda (sfrucecato) è solo una palese corruzione popolare della prima (sfrucedato o pure sfrucetato) che quale participio passato di *sfrucedare/*sfrucetare indica in napoletano(ma pure – come vedremo – nei dialetti umbri, abruzzesi etc.) indica – dicevo - chi nei suoi comportamenti ecceda e vada oltre i limiti consentiti dimostrandosi screanzato, maleducato, sguaiato,e ciò soprattutto nel modo di mangiare (magnà comme a ‘nu sfrucetato).In effetti i verbi indicati sfrucedare/*sfrucetare furono formati proprio per significare un modo di mangiare abnorme, eccessivo, spropositato, operazione compiuta con foga ed avidità; dal modo di mangiare i verbi ricordati si estesero poi ad ogni comportamento abnorme,eccessivo, spropositato e lo sfrucedato/sfrucetato – sfrucecato finí per indicare genericamente lo screanzato,il maleducato,lo sguaiato etc.Ciò precisato, prima di affrontare il nodo etimologico, tento di chiarire il percorso semantico che à condotto dalle narici (che quando siano grosse (come quelle delle bestie) e/o dilatate vengon dette froge) ad un modo di mangiare e/o di comportarsi maleducato, incivile, cafone, zotico, villano, scostumato. La faccenda si spiega piuttosto rapidamente atteso che chi mangi in modo screanzato, maleducato, sguaiato, incivile e scostumato e lo faccia perciò con foga ed avidità smodata tiene continuamente la bocca riempita di cibo, al segno di non poter respirare con essa bocca ed è costretto a farlo con le narici (froge) dilatandole al massimo.
Dal punto di vista etimologico, “sfrucetato” è composto dal prefisso latino “ex-“, con valore intensivo e da un derivato di froce plurale di frocia, forma partenopea, ma pure romana, umbra, abruzzese dell’italiano “frogia”. Quest’ultima parola, che indica tipicamente ciascuna delle narici (o meglio la sua estremità) di molti animali, viene utilizzata anche per l’uomo,seppure nel solo ambito letterario o in quello del linguaggio scherzoso. Il termine “frogia” à origine comunque nel mondo animale: e se ne postula (quanto all’etimo) un latino volgare “froces”, derivato per successive sincope e metatesi, dal latino classico “forbices→for(bi)ces→froces (forbici, tenaglie), con il senso di “nasiera per i buoi”.L’adattamento partenopeo di frogia (che è – come ò detto - propriamente la falda cartilaginosa delle narici) passata a frocia è avvenuto probabilmente non dal lat. froces, ma per influsso di un francese *froge desunto da fauce contratto in foce/foge e con epentesi di una erre rafforzativa per cui da foce/foge è scaturito froce/froge che al sing. è frocia.
A questo punto devo sottolineare come i termini in epigrafe nati in ambito partenopeo siano trasmigrati nel parlato di parecchie altre regioni centro – meridionali (Lazio, Abruzzo, Molise, Umbria, Basilicata, Calabrie) nel medesimo significato e fino a qui nulla di strano (la lingua napoletana presta o cede in giro volentieri i suoi lemmi); lo strano è che come tanti altri termini (camorra, guaglione, scugnizzo,sfogliatella, vongola, ammoina/ammuina etc. e derivati), quelli in epigrafe partiti dalla lingua napoletana son pervenuti nell’italiano sia pure con un qualche accomodamento di talché il napoletano sfrucedato/sfrucetato – sfrucecato è diventato in italiano sprocedato/sprocetato mantenendo però invariato il significato di abnorme,eccessivo, spropositato. Francamente (ecco lo strano!) non mi riesco a spiegare che ragioni vi siano per mutare una etimologica effe di sfrucedato/sfrucetato cambiandola in una incongrua p di sprocedato/sprocetato... Misteri della lingua italiana! Come misterioso mi appare il fatto che solo Salvatore Battaglia nel suo Grande dizionario della lingua italiana abbia accolto la voce sprocedato/sprocetato; tutti gli altri a comincire dal D.E.I. di Battisti ed Alessio, al Treccani al Dizionario della lingua italiana del De Mauro, al Grande dizionario Garzanti della lingua italiana non prendono in considerazione la voce sprocedato/sprocetato... Forse la ritengono voce dialettale e/o regionale e dunque da da omettere se non da snobbare. Potrei perdonare detta omissione solo al Grande dizionario Garzanti della lingua italiana i cui curatori ( sudio Lemmari – Milano) in altra occasione, per un’altra voce, mi significarono gentimente che il loro dizionario accoglie non tutti i lemmi , ma solo quelli a vastissima diffusione ed accertato uso; non posso invece perdonare l’omissione all’albagia arrogante dei boriosi curatori del Treccani e del De Mauro. Tutto ciò sempre che il glorioso prof. Salvatore Battaglia non abbia accolto la voce sprocedato/sprocetato in omaggio alla sua nascita ed alla sua attività svolta in àmbito meridionale (Catania, 1904 † Napoli, 1971) ed al ricordo dello sfrucedato/sfrucecato partenopeo.Ma ne dubito, ché – se cosí fosse stato – il Battaglia probabilmente avrebbe accolto l’originario sfrucedato/sfrucecato senza stravolgerlo in un inconferente sprocedato/sprocetato. Sempre che questo stravolgimento non sia stato operato da un improvvido collaboratore del Battaglia che, a sua volta abbia – per una volta – omesso il controllo!
Satis est.
Raffaele Bracale
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