venerdì 8 maggio 2009

PAVÀ O FÀ PAVÀ ‘E PERACOTTE

PAVÀ O FÀ PAVÀ ‘E PERACOTTE

Letteralmente: pagare o far pagare le pere cotte.
Presa nel suo significato letterale, l’espressione a margine significa ben poco e va da sé che occorre, per intenderla, andare alla ricerca di un qualche nascosto significato.
Comincio col sottolineare che il verbo pavà = pagare dell’epigrafe – cosí come letteralmente tradotta - non può essere inteso nel comune senso di corrispondere una somma di denaro per beni acquistati, servizi ricevuti, obbligazioni contratte e sim. cosí come normalmente è inteso il verbo pavà = pagare che dal lat. pacare 'pacificare'e cioè porre in pace cioè parità prestazione e controprestazione (da notare che la consonante etimologica c, nel napoletano diviene (sia pure non sempre) v (come per fravula che è da fragula(m) con consueta alternanza partenopea di c o g in v o altrove al contrario della v in g come ad es in guappo che è dal latino vappa; cfr.anche volpe/golpe, vunnella/gunnella, vongola←concula etc. ;) quella v che è invece consonante che nel napoletano di solito si alterna con la b), ma deve essere inteso nel senso estensivo e figurato di temere, scontare, espiare; l’espressione in effetti vale, nel suo significato recondito: temere, oppure minacciare di andare incontro o somministrare severe punizioni o anche sopportare o far sopportare spiacevoli conseguenze di malefatte proprie o altrui. Proprio in ragione di tale interpretazione, la scuola di pensiero piú comune interpreta sbrigativamente, ma – a mio avviso – poco convincentemente il termine peracotte= pere cotte nel non meglio chiarito senso di percosse , atteso che non vedo (se si eccettua un tenue ed inconferente bisticcio fonetico…) cosa possa mettere in rapporto una squisitezza gastronomica quale le pere in giulebbe, con l’amarezza delle percosse .A mio avviso, pur non mutandosi il significato nascosto dell’espressione in epigrafe che sta per temere, oppure minacciare di andare incontro o somministrare severe punizioni o anche sopportare o far sopportare spiacevoli conseguenze di malefatte proprie o altrui, il termine peracotte non deve intendersi come agglutinazione di pere cotte, quanto come corruzione della voce peraconne = ippericon pianta medicinale, nota anche con il nome di erba di san Giovanni con proprietà astringenti e/o decongestionanti .
Mi sembra che accogliendo tale proposta si possa innanzi tutto restituire il significato primo al verbo pavà=pagare nel senso che l’espressione a margine sostanzierebbe piú chiaramente la situazione incresciosa o di chi si trovasse, per problemi di salute, costretto a far ricorso all’acquisto di medicinali derivati dalla pianta di ippericon (che,come chiarisco qui di sèguito dà l’etimo a peraconne) o la ancor piú incresciosa situazione di colui cui siano stati indotti problemi di salute da parte di chi lo metta nella condizione di ricorrere all’acquisto di medicamenti, facendogli pagare ‘e peracotte= peraconne (medicine derivate dall’ippericon.); dal punto di vista etimologico rammento che in napoletano le parole derivate da voci straniere terminanti per consonanti di solito comportano il raddoppiamento espressivo della consonante e la paragoge di una vocale finale semimuta;non esistono quasi eccezioni a questa regola: rammento appena le voci sanfrasòn/zanfrasòn o sanfasòn = alla carlona, voci che sono corruzione del francese sans façon (senza misura) e sono tra le pochissime, se non quasi uniche voci del napoletano che essendo accentate sull’ultima sillaba si possono permettere il lusso di terminare per consonante in luogo di una consueta vocale evanescente paragogica finale (e/a/o) e raddoppiamento della consonante etimologica: normalmente in napoletano ci si sarebbe atteso sanfrasònne/zanfrasònne o sanfasònne come altrove barre per e da bar o tramme per e da tram e come è successo qui che da ippericon si è pervenuti a (ip)peraconne.
Raffaele Bracale

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