martedì 1 settembre 2009

IMBROGLIARE,INGANNARE,ABBINDOLARE

IMBROGLIARE,INGANNARE,ABBINDOLARE


Questa volta tento una piú o meno esauriente elencazione dei verbi partenopei che rendono quelli rammentati in epigrafe; prima di cominciare rammenterò la derivazione dei verbi toscani: imbrogliare : ingannare, confondere,avviluppare per modo che l’ingannato, il confuso, l’avviluppato è quasi impossibilitato a venir fuori dalla situazione fonte del suo inviluppo; etimologicamente con ogni probabilità da un imbogliare (con successiva epentesi di una erre eufonica) che è da in illativo + bollire nel senso di confondere (ciò che bolle si mescola talmente che si fonde con e cioè confonde. Non dissimile la strada di abbindolare: propriamente far matassa sul bindolo e metaforicamente ingannare etc. come per imbrogliare; etimologicamente il bindolo (da cui il verbo abbindolare) è un diminutivo del tedesco winde che originariamente fu una macchina che girata da un cavallo serviva per attingere acqua, e poi un molto piú piccolo arnese su cui ammatassar filati.
Ciò detto veniamo ai verbi napoletani che, senza eccessive o particolari differenze, indicano tutti le azioni tese a confondere, ingannare, avviluppare etc.:
- arravuglià: da un basso latino ad-revoljare iterativo del classico volvere; da notare la consueta assimilazione regressiva della d con la successiva r;
rammento qui quale deverbale di arravuglià il sostantivo partenopeo arravuogliacuosemo che è il raggiro, l’imbroglio ed estensimamente il saccheggio, il furto esteso fino al totale repulisti; la parola, costruita partendo, come detto dal verbo arravuglià è addizionata del termine cuosemo che non è, come a prima vista potrebbe sembrare, il nome proprio Cosimo quanto – piuttosto – la corruzione del latino quaesumus, nacque come espressione irriverentemente furbesca, in ambito chiesastico, dall’osservazione di taluni gesti sacerdotali durante le celebrazioni liturgiche;
- attrappulià e attrappià che nel significato di tender trappole e dunque ingannare sono dallo spagnolo atrapar forgiato su trampa poi trappa e infine trappola = lacciuolo;
- cuficchià che vale: imbrogliare, intrigare e con significato piú circoscritto tradire la propria consorte; il verbo è un denominale di cufecchia/cofecchia s.vo fle derivato dall’agg.vo greco kóbalos (furbo, imbroglione) per il tramite di un neutro pl. poi inteso fle sg. *kobalíc(u)la→*kofecchia con tipica alternanza b→f di fondo osco;
- fóttere: che è dal basso latino futtere per il classico futuere e che di per sé sta per: possedere carnalmente e metaforicamente imbrogliare e raggirare azioni che contengono l’idea del possesso dell’altrui mente, correlativamente al possesso del corpo altrui espresso dall’atto sessuale; analogo possesso rifacentesi al coire è contenuto nei due successivi verbi che sono:
- frecà: che è dal latino fricare = strofinare, quale quello dei corpi durante il coito;
- fruculià: ci troviamo anche qui nel medesimo ambito del verbo precedente e dell’azione che esso connota in primis; del resto etimologicamente fruculià è dal basso latino fruculjare frequentativo di fricare;
- ‘mbruglià: evidente adattamento dialettale del nazionale imbrogliare cui, per l’etimo, rinvio;
- ‘mballà: letteralmente corrisponde al nazionale: mettere nel sacco e dunque avviluppare, raggirare, confondere, tener costretto; etimologicamente è voce che è pervenuta nel napoletano attraverso il francese emballer alla medesima stregua del toscano imballare che però à conservato il solo significato di mettere in balle, mentre il napoletano ne à dato anche quello estensivo di inviluppare mentalmente;
- ‘mpacchià: letteralmente: insozzare, macchiare ed estensivamente poi tutti i significati rammentati di azioni tese all’inganno, all’imbroglio, alla confusione;etimologicamente il verbo ‘mpacchià è un denominale del lemma pacchio/a (cibo generico, ma segnatamente abbondante, quello che può comportare di macchiarsi, insozzare) da un latino patulum onde pat’lum → pàclum → pacchio;
- ‘mpapucchià: che è di medesima portata del precedente, sia come significato di partenza che come sviluppo semantico; etimologicamente se ne differenza in quanto il precedente ‘mpacchià fa riferimento – come visto – a pacchio/a, ‘mpapucchià è invece da collegarsi ad un in + papocchia che è la pappa molliccia, brodosa (ben atta ad insudiciare) e per traslato l’intrigo, l’imbroglio; etimologicamente papocchia è, attraverso il suffisso occhia, il dispregiativo d’un latino papa che indicò appunto la pappa per i pargoli;
- ‘mprecà: che è il vero e proprio raggirare, attraverso le piú varie strade con intrighi, sotterfugi ed affini e dunque anche il piú generico imbrogliare,ingannare etc.; etimologicamente non è aggiustamento del toscano imprecare che proveniente dal latino in + precari stava per invocare, rivolger preghiere(e solo in senso antifrastico, diventato poi senso principale: lanciare insulti) cose ben diverse dal raggirare; in realtà ‘mprecà è sistemazione dialettale dal catalano in +bregar da cui anche il toscano brigare: ingegnarsi d’ottenere qualcosa con raggiri, cabale e peggio, di identica portata del napoletano ‘mprecà;
- ‘mpruzà o ‘mprusà: letteralmente le due diverse grafie del medesimo verbo, starebbero per sodomizzare e solo per traslato, come per i precedenti: fottere,frecà e fruculià vale ingannare, imbrogliare, raggirare; in effetti il verbo, d’origine gergale, è forgiato da un in illativo + la parola proso che appunto, nella c.d. parlesia (gergo dei suonatori ambulanti e/o posteggiatori), è la parola che indica il culo e dunque letteralmente ‘mprusà o ‘mpruzà è l’andare in culo e per traslato l’ingannare, l’imbrogliare, il raggirare etc; sulla medesima parola proso è forgiato il termine ‘mprusatura o ‘mpruzatura e con alternanza p b anche ‘mbrusatura o ‘mbruzatura che sono esattamente il raggiro, l’imbroglio, l’inganno;
- ‘mpasturà: letteralmente: truffare in una vendita e piú in generale nei significati in epigrafe; etimologicamente il verbo napoletano è sistimazione dialettale del toscano impastoiare (metter pastoie (dal tardo latino pastoria(m) ed il napoletano, rispetto all’italiano che appunto à pastoia à conservato la erre di ‘mpasturà), intralci,impedimenti;
- ‘nfunucchià: che letteralmente è infinocchiare, imbrogliare tentando di far apparir buono o gustoso, ciò che buono o gustoso non sia: anticamente gli osti che servivano ai propri avventori un vino non troppo buono, erano soliti presentarlo, accompagnato con del finocchio fresco, finocchio che à tra le sue qualità quella di migliorare il gusto di taluni cibi e/o bevande assunti dopo d’aver mangiato il finocchio; invalse cosí l’uso di aggiungere a molte preparazioni culinarie, per migliorarne il sapore, del finocchio, specialmente selvatico, sotto forma o di barbe o di semi e nel parlato comune si disse in italiano: infinocchiare ed in napoletano: ‘nfunucchià , questa sorta di imbroglio;
- ‘ntapecà: letteralmente: macchinare, tramare e perciò ingannare, imbrogliare; il verbo è un denominale di ‘ntapeca: macchinazione, trama; detta voce, così come il verbo che se ne è ricavato sono da un antico italiano: antapòcha voce forense da un identico tardo latino che richiama altresí un greco antapochè usato per indicare una nuova, valida scrittura che ne revochi un’ altra per quanto di per sé valida (e dunque sorta di inganno, raggiro);
- Trappulià: letteralmente porre trappole (ad un dipresso come il precedente ‘mpasturà ; il verbo trappulià nel napoletano v’è giunto attraverso lo spagnolo atrapar che è propriamente porre inganni, impedimenti per far cadere; (vedi il prec. Attrappulià);
- Trastulià che letteralmente è il porre in essere innocenti giochini o inganni da saltimbanchi ed estensivamente ogni altro inganno teso ad imbrogliare, raggirare etc; ad un superficiale esame potrebbe sembrare che il verbo napoletano sia un adattamento del toscano trastullare; non è così, però; è vero che ambedue i verbi, l’italiano ed il napoletano, partono da un comune latino transtum che fu in origine il banco cui erano assisi i rematori delle galee romane, per poi divenire i banchi su cui si esibivano i saltimbanchi con i loro trucchi ed inganni detti in napoletano trastule e chi li eseguiva trastulante passato in seguito a definire l’imbroglione tout cour, ma mentre l’italiano trastullare è usato nel ridotto significato di dilettare con giochini i bambini, il napoletano trastulià à il piú duro significato di mettere in atto trucchi ed inganni, e non per divertire i bambini, quanto per ledere gli adulti;
- Zannià: verbo che si riallaccia, come origine, agli antichi giochi e trucchi dei saltimbanchi, figurazioni di ben piú dolorosi e gravi inganni e trucchi perpetrati in danno degli adulti; il verbo sta quasi per: comportarsi da zanni(o Giovanni di cui è diminutivo) che fu l’antico servo della commedia dell’arte e delle rappresentazioni popolari, aduso a compier a suo pro inganni, trucchi ed imbrogli.

Raffaele Bracale - Napoli

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