LEMME LEMME
La locuzione avverbiale italiana in epigrafe lemme lemme è usata nel significato di pian piano, con studiata lentezza, quasi con circospezione (spec. riferito ad andatura): camminare, avviarsi lemme lemme;estensivamente vale: tranquillamente, senza scosse.
Per ciò che riguarda l’etimo la scuola di pensiero piú seguíta( D.E.I. – Treccani – Garzanti) vi vede alla base un lat. (sol)lemne(m)→lemme 'solenne' con aferesi della sillaba d’avvio ed assimilazione progressiva mn→mm, etimo spiegato semanticamente col fatto che un’andatura solenne quale quella degli ecclesiasti durante le funzioni religiose, è un’ andatura lenta, a passi misurati, quasi circospetta.
Altra scuola di pensiero reputa che l’etimo dell’italiano lemme lemme si possa piú opportunamente ricondurre, sia morfologicamente che semanticamente, ad un antico tedesco lam→lahme= zoppo, storpio la cui andatura claudicante richiama il piano, piano, con studiata lentezza , quasi con circospezione che son nel significato della loc. avv.le in epigrafe.Ultima ipotesi (in ordine di tempo) quella dell’amico prf. Carlo Iandolo che ipotizza si possa partire dal nome proprio “Matusalemme”, già ridotto
dallo spezzettamento anteriore alla forma “matusa” (quindi con transito dall’uso
proprio a quello comune, col valore di “anziano, vecchio”); è probabile– continua Iandolo - che anche la
seconda parte del sostantivo sia stata sfruttata proprio in considerazione del notevole
percorso di vita del personaggio biblico, protrattasi per ben 969 anni, cosicché egli è
diventato simbolico sinonimo di vetustà, con conseguente attribuzione d’un incedere
tardigrado: ecco “lemme lemme”, propiziato anche dalla vicinanza del suono iniziale
e dal concetto peculiari dell’omosemantico aggettivo “lento lento”
Per quel che mi riguarda (discostandomi da un po’ tutte le cennate idee,anche da quella recentissima dell’amico Iandolo a cui chiedo venia…) ipotizzo che, quanto all’etimologia, lemme lemme possa ricondursi al greco (ph)légma→lemma→lemme, deriv. di phlégein la stessa voce che diede flemma nel significato figurato di tranquillità, calma eccessiva; lentezza esasperante che son proprie sia della flemma che del lemme lemme
E passiamo ai modi partenopei di rendere il lemme lemme dell’italiano dell’epigrafe.
Abbiamo:
1) cuóveto - cuóveto
2) cuccio – cuccio
3) gnèmme-gnèmme
4) muchio-muchio
5) ruglio-ruglio
6) sciacquo-sciacquo
7) sòpio-sòpio.
Tutte le locuzioni avv.li napoletane sono formate con l’iterazione di un aggettivo di grado positivo, iterazione che di solito serve a formare il superlativo di un aggettivo. Esaminiamo le singole locuzioni:
- cuóveto – cuóveto = tranquillamente, silenziosamente (per prudenza, paura etc.)chiotto chiotto; locuzione formata con l’iterazione dell’aggettivo cuóveto che di per sé quale part. pass. di cogliere( dal lat. colligere, comp. di cum 'con' e legere 'raccogliere') varrebbe còlto, colpito, preso alla sprovvista e perciò costretto a comportamento tranquillo, silenzioso, prudente e timoroso.
- cuccio – cuccio = umilmente, dimessamente, con circospezione;
locuzione formata con l’iterazione dell’aggettivo cuccio che di per sé quale deverbale di cuccià vale umile, tranquillo, tal quale un cane che una volta che sia entrato nella sua cuccia (deverbale del francese coucher= mettersi a letto) si cheta e si mette tranquillo.
- gnèmme-gnèmme = con estrema lentezza, con circospezione esagerata, ma anche con studiata leziosità quasi femminea; locuzione formata non con l’iterazione di un aggettivo, ma di una voce espressiva, marcata su l’aggettivo gnagnolla= lenta che à affinità con la voce lucchese gnègnora e la genovese gnagna tutte: la genovese, la lucchese e la napoletana da riferire allo spagnolo ñoño= lento, impacciato.
- muchio-muchio = mogio mogio, piano piano, quatto quatto, silenziosamente; locuzione il cui etimo è molto controverso, andando da una provenienza veneta però non meglio spiegata, ad una emiliana dove un muci(che è dal serbo-crato muci) vale zitto legato a muk= silenzio; atteso però che - a meno di clamorosi errori – non mi risultano frequentazioni partenopee con veneti o emiliani o serbo-croati, frequentazioni tali da generare derivazioni linguistiche, preferisco collegare la locuzione a margine alla voce mucio = gatto che risente dell’influenza dello spagnolo mucho collegamento che spiegherebbe anche in chiave semantica la locuzione ove si pensi che è proprio del gatto il muoversi piano piano, quatto quatto, silenziosamente.
A margine ricorderò che in napoletano esiste anche la voce muchiosurdo che non indica come si potrebbe erroneamente pensare (e qualcuno lo pensa!...) il sordomuto, ma viene riferita a persona che agisca furbescamente, con circospezione e fare sornione (tal quale un gatto che ad abundantiam, si avvalga di una eventuale... sordità per tenere un comportamento coperto e dissimulato).
ruglio-ruglio = mogio mogio, piano piano,ovvero lentamente, quasi contando i passi, come chi sia pieno, zeppo, stipato di cibo e dunque sia costretto a muoversi lentamente, mogio mogio. Vale la pena di ricordare che l’espressione ruglio ruglio, nella sua reiterazione dell’aggettivo di grado positivo ne sostanzia il superlativo che, al solito, in napoletano non à la forma del suffisso in issimo, ma usa reiterare l’aggettivo di grado positivo come avviene p. es. con chiatto chiatto o luongo luongo o ancora curto curto che rispettivamente stanno per grassissimo,altissimo (o lunghissimo), bassissimo etc. e dunque ruglio ruglio sta per pienissimo, ma vale la loc. avv.le piano piano, lentamente; etimologicamente la parola ruglio è un chiaro deverbale forgiato sul verbo latino: turgulare frequentativo di turgere: inturgidire;
E, a mo’ di completamento rammenterò che sia in calabrese che in napoletano d’antan esiste il verbo ‘ntrugliare = ingrossare forgiato ugualmente sui verbi latini di cui sopra.
sciacquo-sciacquo = lento lento, molle molle, senza vigore o decisione; locuzione formata con l’iterazione dell’aggettivo sciacquo aggettivo che deverbale di sciacquà= sciacquare (dal tardo lat. (e)xacquare per il classico (e)xaquare è usato per significareimpotenza, difettosità come nel caso che riferito ad es. ad un uovo non del tutto sviluppato, ne indica la incompletezza e dunque sia un uovo lento, molle e senza vigore; alla medesima stregua l’aggettivo sciacquo riferito ad un uomo lo significa difettoso, impotente, privo di vigore tal quale un vino allungato con troppa acqua, e come tale costretto ad un’azione lenta, molle, senza vigore e/o decisione.
sòpio-sòpio o anche sòpia-sòpia = lentissimamente, senza vigore, con indecisione, circospettamente ; locuzione formata con l’iterazione dell’aggettivo sòpio aggettivo che nella locuzione è usato anche declinato al femminile (forse perché la mancanza di vigore, l’indecisione, la circospezione sono di quasi esclusiva pertinenza femminile...) etimologicamente la voce sòpio è da ricondursi ad un olandese so(m)pe che però puó forsi collegarsi ad un tardo latino zoppus= zoppo; la zoppÍa spiegherebbe semantimente un’andatura lentissima, senza vigore, indecisa e circospetta quella indicata con la locuzione sòpio-sòpio o anche sòpia-sòpia.
raffaele bracale
spiegazione completa e ipotesi ben argomentate
RispondiElimina