sabato 19 dicembre 2009

LA SMORFIA NAPOLETANA 1°

LA SMORFIA NAPOLETANA
parte 1a
Ò in animo di illustrare tutti i 90 numeri con i relativi significati corrispondenti ai singoli numeri, così come tradizionalmente riportati nella smorfia (ma segnalando passim anche significati alternativi attribuiti a taluni numeri in tradizioni familiari) o cabala (che etimologicamente è dall'ebr. qabbalah, cioè propr. 'dottrina ricevuta, tradizione' ed è l’arte con cui, per mezzo di numeri, lettere o segni, si presumeva e si presume di indovinare il futuro o di svelare l'ignoto | (estens.) operazione magica; cosa misteriosa, indecifrabile | cabala del lotto, serie di operazioni aritmetiche per indovinare i numeri del lotto che potrebbero sortire) libro dei sogni in cui ad ogni avvenimento, persona o cosa sognati si assegna un numero di riferimento, tradizionale napoletana; in questa prima parte contemplerò i numm. da 1 a 30,
cominciamo col dire che con la parola smorfia non si intende la contrazione del viso che ne altera il normale atteggiamento ed è provocata per lo più da sensazioni dolorose o spiacevoli; ad es.: una smorfia di dolore,...; in tale accezione la parola si fa derivare da un antico sostantivo morfa o morfìa = bocca addizionato di una s distrattiva per significare il movimento contrattivo che altera i normali caratteri della bocca; rammenterò al proposito di morfìa = bocca che da esso termine si trasse il verbo gergale della parlesia (gergo ossia linguaggio convenzionale usato dagli appartenenti a determinate categorie o gruppi sociali al fine di non farsi intendere da chi ne è estraneo: nella fattispecie linguaggio dei dei suonatori ambulanti) smorfì/smurfì = mangiare; in effetti la parola smorfia come nome dato al libro dei sogni da cui si ricavano i numeri per il lotto, spec. quello con figure destinato agli analfabeti, etimologicamente si fa risalire a Morfeo, nome del mitologico dio del sonno. Ciò detto, cominciamo l’elencazione:
1 – L’ITALIA cioè a dire: la nazione che abitiamo; etimologicamente il nome sta per o terra dei vitelli o, ma meno probabilmente, terra dei fiumi; nell’un caso e nell’altro la porzione di territorio detta Italia fu in origine quella meridionale e segnatamente quella calabra-lucana bagnata dal Tirreno, per modo che si può dire che storicamente i Savoia del risorgimento usurparono oltre che il territorio, persino il nome d’ Italia!
Fu solo nel tardo ottocento che, in omaggio alla raggiunta unità col numero 1, nella smorfia si indicò l’Italia; precedentemente pare che a Napoli con il numero 1 si indicasse il REAME o il SOLE.
2- ‘A PICCERELLA= la bambina etimologicamente voce derivata da un lemma fonosimbolico pikk (donde anche l’italiano: piccino) con ampliamento della base attraverso rillo/rella(piccerillo/piccerella) o altrove reniello/renella (piccereniello/piccerenella).

3- ‘A GATTA = la gatta, il gatto etimologicamente voce derivata da un accusativo femminalizzato di un basso latino cattu(m)>catta(m).

4- ‘O PUORCO=il maiale, il porco etimologicamente voce derivata da un accusativo
del basso latino porcu(m).
5- ‘A MANA = la mano etimologicamente voce derivata da un accusativo latino manu(m) reso femminile mana(m); anche nel toscano anticamente la mano fu mana.
6 – CHELLA CA GUARDA ‘NTERRA = la cosa che guarda a terra , eufemistico giro di parole usato furbescamente per indicare la vulva femminile etimologicamente voce derivata da un accusativo basso latino vulva(m) variante di volva(m)= matrice.
7 – ‘O VASETTO che letteralmente è il piccolo vaso, quantunque qualcuno – seppure erroneamente - lo ritenga diminutivo non di vaso (nome generico di recipienti di varia forma e materiale che per lo più servono a contenere e a conservare prodotti alimentari, e come tale etimologicamente da un lat. volg. vasu(m), per il class. vas vasis), ma di vaso(= bacio che come tale etimologicamente è dal latino basiu(m));in effetti nel pretto napoletano il diminutivo usato di bacio non è vasetto, ma vasillo!
8 – ‘A MARONNA e segnatamente ‘A ‘MMACULATA = LA Madonna ed in particolare la Madonna Immacolata, atteso che nella religione cattolica, la festa liturgica della Vergine Immacolata cade agli 8 di dicembre; maronna o anche madonna sono voci che etimologicamente vengono dal latino mea+domina= mia signora; è titolo d’onore che un tempo si dava alle donne e che oggi è riservato esclusivamente alla Madre di Cristo; in Abruzzo e in taluni paesini del Piemonte è titolo di rispetto usato dal popolino ed in particolare dalle nuore rivolto alle suocere; ‘mmaculata sta per immacolata ed etimologicamente è voce derivata dall’unione di un in detrattivo + il sostantivo macula nonché il suffisso aggettivale ato/a (come a dire senza macchia ); interessante notare come l’in detrattivo, diventato proclitico della voce macula abbia perduto la i d’avvio sostituita dal segno della procope (‘) producendo altresì l’assimilazione progressiva nm> mm.
9 – ‘A FIGLIATA = la figliolanza o il frutto del parto e cioè l’insieme di tutti i figli generati con lo stesso parto; etimologicamente è voce deverbale (anticamente usata anche nel toscano, ma ora ammessa raramente e solo in riferimento al parto degli animali) derivata del verbo figliare (generare, partorire) che è da un non attestato latino filiare derivato di filium.
10 – ‘E FASULE = i fagioli, etimologicamente è voce derivata dal basso latino faseolu(m) dim. di phasìlus, dal gr. phásìlos e con detto termine si indica in primis i legumi edibili, ma anche estensivamente i soldi, atteso che - come altrove dissi - i legumi (fagioli, ceci etc.) un tempo furono usati come merce da baratto.
11 – ‘E SURICE = i sorci, i topolini (etimologicamente è voce derivata dall’accusativo sorice(m) del latino sorex/ricis) e nella fattispecie sono segnatamente quelli che talvolta inopinatamente invadono le abitazioni domestiche, da non confondere con i ratti o peggio ancora con i grossi topi da fogna detti zoccole ( vedimi alibi sub TOPI).
12 – ‘E SURDATE = i soldati (intesi come militari di truppa, inquadrati in plotoni, squadre, battaglioni, compagnìe etc.) etimologicamente surdate plurale di surdato è voce deverbale (participio passato) di soldare che sta per prendere al soldo,reclutare milizie; a sua volta soldo è dal latino solidu(m) (nummum) “moneta massiccia”, nome di una moneta d'oro romana dell'età imperiale.
13 – SANT’ANTONIO esattamente è sant’Antonio da Padova il santo predicatore portoghese, al secolo Fernando Bulhão (Lisbona, 15 agosto 1195 - Padova, 13 giugno 1231) è stato un frate francescano, ed è santo e dottore della Chiesa cattolica, che gli tributa da secoli una fortissima devozione.Prima agostiniano a Coimbra (1210), poi (1220) francescano, viaggiò molto vivendo prima in Portogallo quindi in Italia; la sua ricorrenza liturgica cade appunto il 13 giugno donde il numero 13 assegnatogli nella smorfia; esiste però un altro sant’Antonio venerato nella tradizione della Chiesa cattolica ed è Sant'Antonio Abate chiamato anche Sant'Antonio il Grande, Sant'Antonio d'Egitto, Sant'Antonio del Fuoco, Sant'Antonio del Deserto o Sant'Antonio l'Anacoreta (251?-356), eremita egiziano, che è considerato l'iniziatore del Monachesimo cristiano e il primo degli Abati in quanto a lui si deve la costituzione in forma permanente di famiglie di monaci che sotto la guida di un padre spirituale abbà, si consacrano al servizio di Dio, ma dai napoletani che gli sono devotissimi, tale santo (la cui ricorrenza liturgica è fissata ai 17 di gennaio è chiamato sant’Antuono, appunto per distinguerlo dal santo Antonio predicatore portoghese.
14 – ‘O ‘MBRIACO = l’ubriaco, l’ebbro, ed estensivamente il frastornato etimologicamente è voce derivata da un in illativo + un tardo latino (e)briacu(m) per il classico ebrius (ebbro); come abbiamo già visto altrove l’in proclitico comporta la procope della i segnata con (‘) e dopo la caduta della sillaba d’avvio e di ebriacum il consueto mutamento della n in m dinnanzi all’esplosiva b.
15 – ‘O GUAGLIONE = il ragazzo, l’adolescente, da non confondere con il bambino, il piccino o addirittura il lattante che son detti volta a volta con altri termini quali: ‘o criaturo (da un tardo latino creatura(m)), ‘o piccerillo (da un lemma fonosimbolico pikk che diede anche piccino con base ampliata in rillo), ‘o nennillo(diminutivo di ninno che è voce onomatopeica fanciullesca) che se piccolissimo è addirittura n’anema ‘e dDio; per quanto riguarda la controversa etimologia di guaglione rimando a ciò che alibi sub guaglione trattai ad abundantiam.
16 – ‘O CULO = il culo, sedere, deretano che etimologicamente è voce derivata dal greco koilos attraverso il basso latino culu(m); rammenterò, per il gusto di ricordarlo che nelle tombole familiari (in cui si usi accanto al numero estratto ricordarne anche il significato, allorché venga estratto il detto numero chi sta compiendo l’operazione , in luogo di dire:”Sidece, ‘o culo!” amenamente intima: “ 16! Copritelo!” volendo significare : Ponete un segnalino sul numero che ò estratto, ma volendo anche lasciare intendere per giuoco: Chi avesse il proprio sedere scoperto, lo ricopra!
17 – ‘A DISGRAZZIA = la disgrazia, l’ accidente,l’ infortunio, la cattiva sorte, la sventura etimologicamente è voce derivata dall’unione del prefisso negativo latino dis + il sostantivo gratia(m) che è da gratus= gradito nel senso che grazia o grazzia sta per cosa gradita e di conseguenza disgrazzia (correttamente scritto in napoletano con la doppia z ) sta per cosa sgradita in quanto sventurata.
18 – ‘O SANGO = il sangue e segnatamente quello umano versato a seguito di ferimenti per aggressioni subíte; etimologicamente è voce derivata con ogni probabilità da un acc. latino sangu(m) metaplasmo volgare di un basso latino sangue(m)collaterale del classico sanguine(m) .
19 - ‘A RESATA = la risata, il ridere in modo sonoro e prolungato e segnatamente quello a squarciagola, indice di allegria esuberante e rumorosa; etimologicamente è voce costruita come derivazione femminile sul sostantivo lat. risu(m), a sua volta deriv. di ridìre “ridere”.
20 – ‘A FESTA= la festa e segnatamente quella annessa ad una ricorrenza religiosa, ma anche pagana-popolare; ad es.: ‘a festa ‘e san Gennaro, ‘a festa ‘e piererotta; etimologicamente festa è voce costruita sul neutro plurale (poi inteso femminile dell’aggettivo latino festum =solennità gioiosa; il festum latino pare sia da agganciarsi al greco estiào per festiào = festeggio banchettando e – per vero – non v’è a Napoli festa o festività che , giusta l’origine greca dei partenopei, non abbia per corollario un lauto banchetto.
21 – ‘A FEMMENA ANNURA = la donna nuda, intesa come emblema non della lascivia, ma della prorompente bellezza; nell’immaginario collettivo partenopeo la donna nuda è in ogni caso uno spettacolo bello ed apprezzabile; è da notare che nella smorfia il numero che connota questa donna nuda sia appunto il 21 quello che segue il numero 20 che indica la festa essendo intesa la donna nuda quasi un naturale ed adeguato completamento/corollario della predetta festa ; etimologicamente femmena è dal latino femina(m), voce connessa con fecundus “fecondo”; normale il raddoppiamento popolare della m in parola sdrucciola; annura è il femminile di annuro che è da ad+nudus, parola nella quale la prima d à subìto l’assimilazione progressiva nd>nn, mentre la seconda d à subìto la tipica rotacizzazione mediterranea per cui d>r.
22 – ‘O PAZZO = il pazzo, il folle, il matto e segnatamente non il conclamato malato affetto da pazzia o altre affezioni mentali, ma colui che d’improvviso e senza un preciso movente dia in escandescenze diventando pericoloso ed aggressivo; infatti il malato affetto da pazzia in napoletano è detto malato ‘e capa, mentre del secondo s’usa dire: è asciuto pazzo o è asciuto a ‘mpazzì id est: è impazzito; etimologicamente la voce pazzo si fa risalire al latino patior = soffro, ma a mio avviso non gli è estraneo il greco pàthos = infermità di corpo od anima, senza dimenticare che sempre il greco patheìa pronunziato pathîa conduce dritto per dritto a pazzia.
23 – ‘O SCEMO = lo scemo, lo sciocco, il tonto; etimologicamente la voce scemo viene dal latino semum e cioè non completo, dimezzato, mancante di una parte; da notare come la s + vocale produce la sc palatale come altrove simia diede scigna, ne-ipsu-unum diede nisciuno etc.Rammenterò che negli anni ’50 del ventesimo secolo, in Napoli il più famoso scemo fu quello d’’e melacotte; questo povero scimunito di cui dico, riconoscibile anche di lontano per le sue sembianze quasi scimmiesche e per la sua andatura barcollante e dinoccolata strappava la vita trasportando un piccolo carretto a mano sul quale esponeva un congruo numero di mele cotte al forno, mele che vendeva in giro nei mesi invernali; nei mesi estivi sostituiva il carretto ligneo, con altro più maneggevole col quale portava un giro, per venderlo ad un contenutissimo prezzo un suo sorbetto che serviva in croccanti cialde da gelato, sorbetto che usava reclamizzare al grido di: Garantito al limone! volendo significare che il suo sorbetto era prodotto con autentico succo di limone e non con polverine chimiche! Oggi ‘o scemo d’’e melacotte – parce sepultis!, non si aggira più per Napoli, ma nei mesi estivi ancora qualche suo epigono proclama che il sorbetto che pure lui vende è garantito al limone, temo però che si tratti di millantato credito!
24 – ‘E GGUARDIE ed alibi ‘A PIZZA - di per sé nel significato primo si indicherebbero le guardie (e segnatamente quelle che prestano il loro servizio di notte in istrada) che furono di pubblica sicurezza ed oggi: polizia di stato, ma nell’immaginario colletivo dei sognatori, meglio delle sognatrici partenopee rientrano sotto la voce guardie e dunque sotto il num. 24 non solo gli agenti di P.S., ma ogni altro addetto alla sicurezza: vigili urbani, carabinieri etc purché sognati in divisa ed armati; guardia di cui guardie è il plurale, etimologicamente è giunta nel napoletano attraverso il portoghese guardia, dal gotico vardia = custode,difensore, vigilante; sotto il medesimo numero 24 alibi, specialmente in talune smorfie familiari si considera ‘a pizza(dal latino pinsam placentam=focaccia schiacciata dal verbo pinsere=pigiare, schiacciare con ns>nz>zz per assimilazione regressiva)la pizza (sia pure in senso generico, atteso che il più usuale cibo popolare partenopeo, che come tale si conquistò un posto nella smorfia, è considerato anche con moltissimi altri numeri, secondo come sia variamente condita, per cui si à: p. napoletana – 2,p.dolce -36, p. rustica – 37, p. con sugna e formaggio – 61, p. con alici fresche – 62, p. pomidoro e mozzarella – 53 etc.
25 – NATALE Si tratta ovviamente della festività del santo Natale con cui si commemora la natività di N.S. Gesù Cristo e non occorre dilungarsi una volta ricordato che tale festività è fissata tradizionalmente nel calendario liturgico della Chiesa cattolica ai 25 di dicembre donde il numero assegnatole nella smorfia. Rammenterò che storicamente nessun testo riporta come data di nascita del Signore il 25 dicembre ed essa fu stabilita perché gli antichi romani in tale data solevano festeggiare il dio Sole sorgente, di talché la Chiesa ritenne opportuno far propria la data assegnandola alla nascita di Cristo inteso quale autentico SOLE dell’umanità; quanto all’etimologia la parola natale è un aggettivo sostantivato dal lat. natale(m) concernente la nascita', deriv. di nasci “nascere”.
26 – NANNINELLA = Annina, cioè diminutivo vezzeggiativo del nome proprio ANNA quello che la tradizione cattolica assegna alla presunta anziana genitrice della Vergine Maria; poiché la memoria liturgica di tale santa cade ai 26 di luglio, ecco che il medesimo num. 26 è collegato nella smorfia a tale vecchia santa, sotto la cui figura tradizionalmente viene adombrata ogni anziana genitrice che venga sognata.
Quanto all’etimologia il nome Anna ed il corrispondente vezzeggiativo partenopeo Nanninella derivano da una voce ebraica: Hannah nel significato di grazia, beneficio; quantunque di s. Anna ci siano poche notizie e per giunta provenienti non da testi ufficiali o canonici, il suo culto è estremamente diffuso sia in Oriente che in Occidente ed il suo nome è portato da moltissime donne magari addizzionato a quello di Maria (amata da Dio) ottenendo Anna Maria o anche Annamaria.
Tradizionalmente s. Anna è la protettrice di tutti i mestieri legati alla funzione materna: lavandaie, ricamatrici etc.
27 – ‘O CÀNTERO = grosso vaso da notte, pitale da non confondere con ‘o rinale che è appunto l’orinale, vaso molto più piccolo del càntero o càntaro alto e vasto cilindrico vaso dall’ampia bocca su cui ci si poteva comodamente sedere, atto a contenere le deiezioni solide; etimologicamente la voce càntero o càntaro è dal basso latino càntharu(m) a sua volta dal greco kàntharos; rammenterò ora di non confondere la voce a margine con un’altra voce partenopea cantàro (che è dall’arabo quintâr) diversa per accento tonico e significato: questa seconda infatti è voce usata per indicare una unità di misura: cantàio= quintale ed è a tale misura che si riferisce il detto napoletano: Meglio ‘nu cantàro ‘ncapo ca n’onza ‘nculo ( e cioè: meglio sopportare il peso d’un quintale in testa che (il vilipendio) di un’oncia nel culo (e non occorre spiegare cosa sia l’oncia richiamata…)); molti napoletani sprovveduti e poco informati confondono la faccenda ed usano dire, erroneamente: Meglio ‘nu càntaro ‘ncapo…etc.(e cioè: meglio portare un pitale in testa che un’oncia nel culo!), ma ognuno vede che è incongruo porre in relazione un peso (oncia) con un vaso di comodo (càntaro) piuttosto che con un altro peso (cantàro)!
28 – ‘E ZZIZZE = i seni, le mammelle di esseri umani e bestie, ma segnatamente quelle della donna, intese più che come organo della lattazione, come elemento di attrazione sessuale; etimologicamente la voce zizza, di cui zizze è il plurale viene per adattamento dall’ accusativo latino titta(m)= capezzolo forse attraverso una forma aggettivale tittja(m) dove il ttj intervocalico diede zz che influenzò anche la sillaba d’avvio ti>zi. Rammenterò a proposito della voce a margine un antico detto partenopeo che recita:
'A meglia vita è cchella d''e vaccare pecché, tutta 'a jurnata, manejano zizze e denare. Ad litteram: la vita migliore è quella degli allevatori di bovini perché trascorrono l'intera giornata palpando mammelle (per la mungitura delle vacche) e contando il denaro (guadagnato con la vendita dei prodotti caseari); per traslato se ne ricava il significato edonistico : la vita migliore è quella che si trascorre tra donne e denaro.
29 – ‘O PATE D’’E CCRIATURE= il padre di bambini/e e cioè l’organo maschile della riproduzione, senza del quale si pensava fosse impossibile mettere al mondo dei nati, il péne; il giro di parole fu eufemisticamente usato per evitare di pronunciare parole più disdicevoli; per vero tale circonlocuzione non è solo napoletana, ad un dipresso la si ritrova anche altrove; nel dialetto romanesco il poeta G.G.Belli trattando del medesimo organo riproduttivo intitolò un suo divertente sonetto addirittura Er padre de li santi e in riferimento all’organo femminile La madre de li santi.
Prendiamo in esame la voce ‘e ccriature; scritta con la geminata iniziale cc essa è il plurale di criatura/o (che etimologicamente vengono dal latino creatura(m)) comprendente i due generi maschile e femminile: insomma ‘e ccriature sono onnicomprensivamente i nati maschi e femmine e talvolta anche solo le nate femmine; mentre usando la c scempia: ‘e criature si indica il plurale del maschile criaturo e dunque i soli nati maschi.
30 – ‘E PPALLE D’’O TENENTE e cioè le munizioni dell’obice di competenza del tenente, ma per traslato furbesco i testicoli che intesi, impropriamente, sferici vengono assomigliati alle sferiche palle da cannone; va da sé che il tenente richiamato è ampiamente pretestuoso, suggerito come fu dalla facile rima con trenta.
Rammenterò che nei tempi andati, durante le estrazioni dei numeri nel corso di tombole familiari e perciò ridanciane quando chi estraeva i numeri annunciava: Trenta! ‘E ppalle d’’o tenente! invariabilmente trovava un capo ameno che commentava per dileggio: Tu ‘e sciacque e i’ tengo mente… (tu le sciacqui ed io guardo!) e va da sé che non intendesse riferirsi alle munizioni…
Quanto all’etimo la parola tenente è part. presente del verbo tenire corradicale di tendere ed identifica l’ufficiale di grado superiore a sottotenente e inferiore a capitano, ma essendo un riferimento ameno non mette conto soffermarsi oltre.
R.B.

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