martedì 12 gennaio 2010

ACCENTO ED APOCOPE NELLA GRAFIA DELLE LINGUE DIALETTALI.

- ACCENTO ED APOCOPE NELLA GRAFIA DELLE LINGUE DIALETTALI.

Durante le mie numerose letture sulla parlata napoletana ed in genere sui dialetti centro meridionali, mi è capitato spesso, di imbattermi in taluni autori che, ritenendo di fare cosa esatta, usano il segno diacritico dell' apocope (') in luogo dell' accento tonico e non si rendono conto che solo l'accento tonico può appunto dare un tono alla parola,ed indicarne graficamente l'esatta pronuncia; mi è capitato peraltro di imbattermi in altri maldestri autori ed addirittura compilatori di dizionarî, che per tema di errore, abbondano in segni diacritici e sbagliano parimenti affastellando le parole di inutili segni e segnetti, appesantendo le pagine; in effetti nella grafia dell’idioma napoletano è un errore di ortografia accentare l'ultima vocale di certi infiniti, aggiungendovi anche un pleonastico apostrofo per indicare l'avvenuta apocope dell' ultima sillaba:
l'accento, inglobando in sé la doppia funzione, è piú che sufficiente; il segno dell'apostrofo in fin di parola si deve porre quando si voglia apocopare (tagliare) una parte terminale della parola, mantenendone però il primitivo accento tonico.
Per esempio il verbo èssere può essere, per particolari esigenze espressive o metriche apocopato in èsse' che non andrà letto essè, ma èsse (da non confondere con ésse!...), come ancora ad es. il verbo tégnere, può per le medesime particolari esigenze essere apocopato in tégne’, mantenendo però il suo accento tonico e non diventando alla lettura: tegnè, mentre – sempre a mo’ d’esempio – l’infinito del verbo cadere va reso con la grafia cadé e non cade’ che si dovrebbe leggere càde’ e non cadé!
Parimenti la medesima cosa accade nel dialetto romanesco dove quasi tutti gli infiniti risultano apocopati e senza spostamento d’accento tonico per cui graficamente sono resi con il segno (‘) come ad es. capita con il verbo vedere che in napoletano è reso con vedé ed in romanesco vede’ (che va letto: vede e non vedé.)
È pur vero che, in napoletano, alcuni infiniti di verbi che, apocopati, risultano divenuti monosillabici, potrebbero esser scritti con il segno dell’apocope (‘) piuttosto che con l’accento in quanto che nei monosillabi l’accento tonico cade su quell’unica sillaba e non può cadere su altre (che non esistono) e perciò potremmo avere ad es.: per il verbo stare apocopato: sta’ in luogo di stà e per l’infinito di fare apocopato: fa’ invece di fà, ma personalmente reputo piú comodo e forse esatto, per mantenere una sorta di analogia con gli infiniti di altri verbi mono o plurisillabici, accentare tutti gli infiniti apocopati ed usare stà e fà in luogo dei pur corretti sta’ e fa’ che valgono stare e fare, tenendo conto altresí che almeno nel caso di fa’ esso potrebbe essere inteso come voce apocopata dell’imperativo fai→fa’, piuttosto che dell’infinito fare, cosa che invece non può capitare con il verbo stare il cui imperativo non è sta’, ma statte.
Raffaele Bracale

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