sabato 23 gennaio 2010

VARIE 528

1AUMME AUMME
Ad litteram: celatamente oppure alla chetichella; modo di dire di sapore vagamente onomatopeico riproducente il gesto della masticazione beneducata fatta cioé a bocca chiusa, per modo che solo chi già sia al corrente, capisca di che si tratta : infatti le azioni fatte nel modo riportato in epigrafe comportano una qualche segretezza e silenziosità di modi.
2. AVUTÀ FUOGLIO
Ad litteram: girare il foglio ovverossia: mutare argomento, cambiare discorso, soprattutto quando lo si faccia repentinamente acclarata la impossibilità di sostenere piú oltre proprie argomentazioni chiaramente prive di forza e vuote di corposo sostrato dialettico.
3. ‘A MADONNA V’ACCUMPAGNA
Ad litteram: La Madonna vi accompagni Locuzione augurale che si suole rivolgere a chi, dopo d’averci fatto visita, ci stia lasciando per fare ritorno al proprio domicilio , perché nell’affrontare la strada non incorra in pericoli inattesi, ma sia protetto nel suo andare dalla vigile compagnia della Vergine.Talvolta però quando la compagnia del visitatore sia stata noiosa ed importuna e la visita si sia protratta eccessivamente è facile che colui che congeda il visitatore all’accomiato augurale riportato in epigrafe aggiunga tra i denti un molto meno augurale: e ‘o diavulo ve porta (e il diavoli vi porti via).
4. ‘A MALORA ‘E CHIAIA
Ad litteram: la cattiva ora di Chiaia. Detto, ancóra oggi, quale caustica apposizione di ogni momento in cui si devono svolgere incombenze che non si possono delegare ad altri e che, obtorto collo, occorre portare a compimento. Storicamente la locuzione nacque a significare quel cattivo orario (tardo pomeridiano ) durante il quale le donne abitanti nei pressi della zona di Chiaia, si recavano insieme sulla vicina spiaggia ( in latino: plaga, da cui Chiaia) per sversare in mare il contenuto dei graveolenti vasi di comodo detti in napoletano cànteri in cui le famiglie depositavano i propri esiti fisiologici.
5. A MMORTE ‘E SÚBBETO
Ad litteram: subitaneamente, repentinamente Locuzione avverbiale che viene usata soprattuto quando si voglia significare ad un proprio sottoposto che l’ordine ricevuto deve esser eseguito in maniera subitanea, repentina, senza por tempo in mezzo tra l’ordine e la sua esecuzione che deve avvenire con la stessa celerità con cui avviene una morte repentina.
6. APPUJÀ ‘A LIBBARDA
Ad litteram: appoggiare l’alabarda id est: scroccare, profittare a spese altrui. Locuzione antichissima risalente al periodo viceregnale, ma che viene tuttora usata quando si voglia commentare il violento atteggiamento di chi vuole scroccare qualcosa o, piú genericamente, intende profittare di una situazione per conseguire risultati favorevoli, ma non espressamente previsti per lui. Temporibus illis i soldati spagnoli erano usi aggirarsi all’ora dei pasti per le strade della città di Napoli e fermandosi presso gli usci là dove annusavano odore di cibarie approntate, lí poggiavano la propria alabarda volendo significare con detto gesto di aver conquistato la posizione; entravano allora nelle case e si accomodavano a tavola per consumare a scrocco i pasti.
7. ‘A SOTTO P’’E CHIANCARELLE!
Ad litteram: Di sotto, a causa dei panconcelli! o meglio Attenti, voi che state di sotto,ai (alla caduta dei) panconcelli È l’avvertimento che usano gridare dall’alto ai passanti gli operai che provvedono alla demolizione di edifici, affinchè i passanti stiano attenti ad eventuali cadute di materiali; nella fattispecie stiano attenti alla caduta dei panconcelli, strette doghe , per solito, di stagionato legno di castagno che poggiate trasversalmente sulle travi portanti facevano da sostrato e sostegno ai solai delle abitazioni; l’improvviso cedimento di detti panconcelli avrebbe potuto comportare grossi danni.
Oggi, per traslato, la locuzione viene usata quando si voglia avvertire che ci si trova davanti ad una situazione grave o foriera di pericolo, o quando ci si vuole dolere di non aver fatto a tempo ad avvertire gli altri dell’approssimarsi d’un danno e il danno stesso si sia già manifestato.
8. ALLERTA, ALLERTA
Ad litteram: all’impiedi, all’impiedi id est: sbrigativamente e celermente; detto di cose portate a termine con grandissima rapidità, rinunciando ad ogni comodità - quale ad es. quella di sedere - pur di concludere l’intrapreso il piú presto possibile; va da sé che una cosa fatta allerta allerta può comportare il rischio che non venga fatta secondo i canoni previsti e dovuti, ma - al contrario - in modo rabberciato.La locuzione è usata spessissimo in riferimento ad un veloce, inatteso e disimpegnato rapporto sessuale che altrove è indicato con l'espressione: farse 'na basulella. Che è espressione intraducibile ad litteram con la quale si indica il portare a compimento un veloce, disimpegnato e forse inatteso rapporto sessuale, condotto a termine alla meno peggio, magari per istrada, all’impiedi o piú precisamente allerta allerta
9. ‘A MESSA D’’E DISPERATE.
Ad litteram: la Messa dei disperati; va da sé che non si tratta di una tipica funzione religiosa celebrata ad hoc a pro di non meglio identificati disperati; si tratta piú semplicemente di un modo di dire usato nei confronti di coloro che son usi a tardare agli appuntamenti, presentandosi con notevole ritardo là dove sono attesi ed adducono a loro scusante il fatto di esser stati trattenuti altrove. Piú chiaramente dirò che un tempo - quando non esistevano le Messe Vespertine, a Napoli l’ultima messa celebrata era quella delle ore 14.30 nella Chiesa della Pietà dei Turchini in via Medina; a codesta messa che, principiando tardi si protraeva ben oltre le ore 15, partecipavano i piú inguaribili disperati tiratardi che normalmente perdevano il canonico appuntamento delle ore 15 con il sacramentale ragú domenicale, tirandosi sulla testa i rimbrotti dei familiari che vedevano andare in malora il piatto di zite al ragú che si freddava nell’attesa dell’ultimo commensale.
Quando poi, finalmente costui giungeva quasi in coro gli si chiedeva: “Ma che sî stato â messa d’’e disperate?” anche quando chiaramente il ritardo non fosse dipeso dalla partecipazione a detta funzione.
10. ARROSTERE ‘O CCASO CU ‘A CANNELA
Ad litteram: arrostire il cacio con la candela piú consonamente affumicare il cacio con la candela id est: cercare di ottenere qualcosa con mezzi inadeguati e inconferenti: nella fattispecie: tentare di ottenere l’affumicatura di un formaggio con l’ausilio di una candela in luogo di legna aromatica o di fumo chimico; impresa impossibile stante la scarsità dei mezzi usati.
11. ASSECCÀ ‘O MARE CU ‘A CUCCIULELLA
Ad litteram: prosciugare il mare servendosi della minuscola valva di una arsella
Locuzione che, come la precedente significa: tentare un’impresa disperata, qui con l’aggravante di voler conseguire una cosa inutile oltreché impossibile: nessuno riuscirebbe, anche avendo a disposizione grandissimi mezzi, a vuotare il mare.
12. ACCATTARSE ‘O CCASO.
Ad litteram: portarsi via il formaggio. Per la verità nell’idioma napoletano il verbo accattà significa innanzitutto: comprare, ma nella locuzione in epigrafe bisogna intenderlo nel suo significato etimologico di portar via dal latino: adcaptare iterativo di capere (prendere).
La locuzione non à legame alcuno con il fatto di acquistare in salumeria o altrove del formaggio; essa si riferisce piuttosto al fatto che i topi che vengono attirati nelle trappole da un minuscolo pezzo di formaggio, messo come esca, talvolta riescono a portar via l’esca senza restar catturati; in tal caso si usa dire ca ‘o sorice s’è accattato ‘o ccaso ossia che il topo à subodorato il pericolo ed è riuscito a portar via il pezzetto di formaggio, evitando però di esser catturato. Per traslato, ogni volta che uno fiuti un pericolo incombente o una metaforica esca approntatagli, ma se ne riesce a liberare, si dice che s’è accattato ‘o ccaso.
13. AVIMMO(âmmo/îmmo) FATTO ASSAJE!
Ad litteram: abbiamo fatto molto! Ironica locuzione, da intendersi in senso chiaramente antifrastico, che viene pronunciata come amaro commento da chi voglia far intendendere ad un suo ipotetico compagno di ventura di aver completamente mancato il comune centro prefissosi, e di non aver concluso nulla dell’intrapreso, anzi di essersi affaticati inutilmente in quanto il risultato del loro operato è stato completamente nullo e non si è ottenuto alcun risultato concreto, che se pure ci fosse, sarebbe cosí piccola cosa rispetto all’impegno profuso, da non esser tenuto in alcun conto.
14. A LLA SANFRASÒN OPPURE SANFASÒN
Ad litteram: alla carlona; detto di tutto ciò che venga fatto alla meno peggio, senza attenzione e misura, in modo sciatto e volutamente disattento, con superficialità e senza criterio.L’espressione è, pari pari, corruzione del francese sans façon (senza misura).
15. AZZUPPARSE ‘O PPANE.
Ad litteram: intinger per sé il pane id est: godere delle altrui difficoltà, compiacersene commentandole malevolmente con cattiveria ed acrimonia, al fine di peggiorare la situazione morale di chi si trovi in difficoltà, quasi intingendo metaforicamente un pezzo di pane nelle disgrazie del malcapitato, per assaporare fino in fondo il patimento di chi si trova a percorrere un duro cammino.
16. ASPETTÀ CU LL’OVE ‘MPIETTO
Ad litteram: attendere con le uova in seno id est: attendere con preoccupazione e /o timore il verificarsi di un avvenimento . La locuzione di chiara origine contadina si riferisce a ciò che un tempo erano solite fare le contadine che attendevano la schiusa delle uova , affidata naturalmente all’opera della chioccia. Accadeva però talvolta che la chioccia, per esser venute meno le sue condizioni fisiche adatte, abbandonasse la cova di qualche uovo; allora le contadine, prese le uova non ancóra schiuse se le ponevano in seno cercando con il loro calore corporale di sopperire al mancato operato della chioccia; l’attesa conseguente era spasmodica e preoccupata un po’ perché non si conosceva l’esito di quella strana covata, un po’ perché si paventava la rottura delle fragilissime uova; per traslato l’espressione in epigrafe si usa quando si voglia far capire che si sta attendendo con grande ansia il verificarsi di un atteso avvenimento che tardi a verificarsi.
17. ADDURMIRSE CU ‘A ZIZZA ‘MMOCCA
Ad litteram: Addormentarsi con la tetta in bocca Detto a mo’ di dileggio soprattutto dei tontoloni, dei creduloni che si mostrano nel loro agire irresoluti ed eccessivamente tranquilli, quasi fossero dei piccoli ragazzi cui basta offrire una mammella da succhiare, per farli tranquillamente e repentinamente addormentare.
18. BBELLO E BBUONO
Ad litteram: Bello e buono id est: all’improvviso, d’un tratto, inopinatamente quasi sottointendendo che l’avvenimento di cui si tratta sia peggiorativo rispetto a quello (bello e buono) cui ha fatto seguito o in cui si è insinuato; quasi uno dicesse: la situazione era propizia e d’un tratto è mutata in peggio; per meglio intendere la locuzione vedi alibi â’ntrasatta - che, come significato, è di portata simile.
19. BONANOTTE Ê SUNATURE oppure Ê SANTE
Ad litteram: buona notte ai sonatori oppure ai santi ; espressioni che si usano con senso di profondo cruccio, ad amaro commento di situazioni che si sono concluse, ma in maniera molto negativa di talché verrebbe fatto di pensare che non resti da o congedare sbrigativamente i sonatori o salutare deferentemente i santi atteso che né gli uni, né gli altri possano o abbiano potuto far qualcosa per migliorare la situazione de qua.
20. BRUTTO CU ‘O TÈ, CU ‘O NÈ, ‘O PIRIPISSO E ‘O NAIANÀ
Locuzione ( intraducibile ad litteram), con cui si suole indicare il massimo grado di bruttezza che venga raggiunto da qualcuno, brutto oltre ogni ragionevole dubbio; l’espressione, che può essere usata indifferentemente nei riguardi di una donna o di un uomo, compendia in quattro quid non meglio identificati e che sarebbe vano tentare di riconoscere, i parametri negativi in presenza dei quali si può essere certi di trovarsi davanti a persona decisamente brutta; è vero pure però il ragionamento inverso: quando si pensa di avere a che fare con persona decisamente brutta, la si accredita di quei quattro parametri di cui in epigrafe anche se non li si identifica o possa identificare apertamente.
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