mercoledì 6 gennaio 2010

VASCIO, BASSO E DINTORNI.

VASCIO, BASSO E DINTORNI.
Nella parlata napoletana esistono (vedi epigrafe) alcune voci che (e lo vedremo) pur derivando da un medesimo tardo latino ànno significati molto diversi tra di loro oltre che diversa funzione.
Sto parlando innanzitutto della voce vascio che come aggettivo vale basso, poco elevato dal suolo o da un altro piano di riferimento; che si trova in posizione poco elevata (spesso correlato o contrapposto ad aveto (alto), di statura non elevata anche se in tale accezione in napoletano è piú usato curto=corto, ma vascio vale pure poco profondo, esiguo, modico ed in talune circostanze abietto, vile, umile, modesto;
come sostantivo con il termine ‘o vascio si indica una modestissima abitazione monolocale , per solito insalubre, umida e senza luce posta a livello stradale abitata dal popolo minuto, quel medesimo monolocale che come vedemmo altrove fu detto anche funneco(fondaco); quanto all’etimo posso affermare (supportato in ciò dall’amico prof. Carlo Iandolo) che la derivazione è il tardo latino bassu(m) e non (come proposto dalla dr.ssa C. Marcato (in Cortelazzo/Marcato – Dizionario etimologico dei dialetti d’Italia) dal comparativo bassiu(m), atteso che sia in napoletano che in italiano la doppia ss seguita da vocale evolve da sole nel suono palatale sci (vedi ad es. examen= (e)ssamen→sciame o anche coxa→cossa→coscia) e dunque non occorre il gruppo ssiu di bassiu(m) per ottenere lo sci del napoletano scio di vascio; è sufficiente bassu(m) con il tipico passaggio di b a v come in barca→varca, bocca→vocca, borsa→vorza etc. rammentando che in napoletano, senza una precisa regola la b può diventare v o raddoppiare b→bb specialmente se intervocalica.
Ciò detto rammenterò che la voce napoletana vascio , sia pure nella traduzione basso è pervenuta anche nella lingua nazionale sempre nel significato di modestissima abitazione monolocale , per solito insalubre, umida e senza luce posta a livello stradale abitata dal popolo minuto.
Proseguiamo; in napoletano e sempre con derivazione dal tardo latino bassu(m) esiste l’avv. abbascio= abbasso, in giú, di sotto, in basso; morfologicamente si è pervenuti ad abbascio partendo da bassu(m) attraverso la locuzione a basso, sul modello del fr. à bas; nella locuzione la voce basso à prodotto dapprima bascio e poi il raddoppiamento dell’esplosiva labiale b intervocalica invece del passaggio di b a v; ancóra, in napoletano sempre dalla voce bassu(m) abbiamo il verbo denominale avascià/avasciare= abbassare, calare, portare, mettere qualcosa piú in basso, ridurre l'altezza, il valore o l'intensità di qualcosa; verbo nel quale è riconoscibile la prostesi di una a eufonica che qui però (misteri della parlata napoletana!) non à prodotto il raddoppiamento della b come ci si sarebbe atteso alla luce di quanto detto precedentemente, e non à influito in alcun modo sul passaggio della b a v; si è avuto dunque bassu(m)→vascio→a + vasci(o)+are=avasciare/avascià.
Giunti a questo punto, torniamo a dare uno sguardo all’epigrafe per soffermarci sulla parola basso; essa nel napoletano morfologicamente ed etimologicamente(tardo latino bassu(m)) è in tutto e per tutto uguale alla voce della lingua nazionale basso che è aggettivo [compar. più basso o inferiore; superl. bassissimo o infimo]
poco elevato dal suolo o da un altro piano di riferimento etc. o anche sostantivo nel significato di terraneo, povera abitazione come abbiamo visto precedentemente;
tutt’altra cosa la voce napoletana dell’epigrafe;
in napoletano il termine basso,(termine peraltro ampiamente desueto e che si può solo trovare in poeti e scrittori dal ‘600 al tardissimo ‘800 e fino ai principi del ‘900 cfr. E. Murolo) fu usato per indicare un indumento femminile: un’ampia e lunga gonna, quella che partendo dalla vita non si limitava a coprir le ginocchia (cfr. l’etimo di gonna che piú che dal lat. tardo gunna(m) 'veste di pelliccia', di orig. gallica, pare sia da collegare al basso greco gouna= ginocchia (=veste che scende e copre le ginocchia ed a tal proposito mi pare di poter dire che non à senso chiamare gonna sia pure mini taluni risicatissimi pezzi di stoffa che coprono non le ginocchia, ma neppure le cosce!) dicevo non si limita a coprir le ginocchia, ma prosegue fino alle caviglie; tale lunga ed ampia gonna fu détta basso perché pare si indossasse non sollevandola, passandola sulla testa e facendola scivolare fino alla vita, ma inforcandola dal basso id est: dal di sotto ed ugualmente veniva tolta sfilandola dal basso : dal di sotto.
Questa è l’opinione mia che mi son dovuto formar senza aiuti ( ma che à ricevuto l’approvazione dell’amico prof. C.Iandolo) atteso che non ò trovato indicazioni precise circa la voce basso=gonna.in nessuno dei numerosi calepini (anche etimologici) del napoletano, in mio possesso e che ò potuto consultare.


Dal punto di vista etimologico c’è da notare la particolarità che il tardo latino bassu(m) generando il sostantivo vascio (abitazione terranea) e l’agg.vo vascio (basso, corto) à comportato il passaggio di b a v e di ss a sci, mentre per il sostantivo basso (gonna) si è mantenuta l’identica morfologia del tardo latino.

Et de hoc satis.
Raffaele Bracale

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