domenica 5 settembre 2010

DICETTE ‘O SI’ PREVETE ETC.

DICETTE ‘O SI’ PREVETE Â SIÉ BADESSA:
SENZA DENARE NUN SE CANTANO MESSE!
Ad litteram: Il signor prete disse alla signora abadessa: Senza denari, non si celebrano messe cantate!
Antico icastico proverbio partenopeo, il cui assunto indica che nella vita nulla viene fatto gratuitamente, ma ogni cosa – persino lo piú sacra – à un suo prezzo, dal quale non si può prescindere se si vogliono ottenere i risultati pratici agognati. Infatti se persino i sacerdoti pretedono un corrispettivo per la celebrazione di una S.Messa , sia pure cantata, quanto e piú potrà fare chiunque altro cui si chieda di prestare la propria opera! È inutile attendersi gratuità! Notazioni linguistiche: Comincio col dire che spesso sulla bocca del popolino, meno conscio o attento della/alla propria lingua, il proverbio in epigrafe è reso con la trasformazione del corretto si’ (che è di per sé l’apocope di signore ) con uno scorretto zi’ (che è l’apocope di uno zio/a etimologicamente derivante da un tardo latino thiu(m) e thia(m) da un greco tehîos ) per cui si ottenengono gli scorretti zi’ prevete e zi’ badessa in luogo dei corretti si’ prevete e sié badessa dove il si’ (ò detto) è l’apocope di si-gnore (che etimologicamente è dal francese seigneur forgiato sul latino seniore(m) comparativo di senex=vecchio,anziano mentre il sié è l’apocope ricostruita di signora dalla medesima voce francese femminilizzata e metatetica di seigneur → sie-gneuse.
Rammenterò a margine di tutto ciò un’altra tipica espressione partenopea che è ‘o si’ nisciuno usata per dileggio nei confronti di chi sia uomo di nessuna valenza teorica e/opratica; a tale insignificante individuo s’usa dire: sî ‘o si’ nisciuno(sei il signor nessuno, non vali o conti nulla!); l’espressione ‘o si’ nisciuno, spessissimo scorrettamente suole rendersi con‘o zi’ nisciuno incorrendo maldestramente nell’equivoco di cui ò già detto; in tale equivoco incorse inopinatamente anche il famoso scrittore partenopeo don Peppino Marotta che tradusse in un suo scritto l’espressione‘o si’ nisciuno con un inconferente lo zio Nessuno invece dell’atteso il signor Nessuno… Ma Marotta fu cosí grande scrittore e napoletano da pietra di paragone, che gli perdono tutto!
E passiamo ad analizzare qualche singola parola:
- prevete e cioè: prete,presbitero, sacerdote, uomo consacrato, addetto al culto, che abbia ricevuto il sacramento dell’ordinazione; etimologicamente il napoletano prèvete da cui poi per sincope della sillaba mediana ve si è probabilmente formato il toscano prete è dal tardo latino presbyteru(m), che è dal greco presbyteros, propriamente: piú anziano; cfr. presbitero; la via seguíta per giungere a prevete partendo da presbyteru(m) è la seguente: presbyteru(m)→pre’bytero/e→prebeto/e→preveto/e;
- badessa e cioè: superiora in un monastero femminile: madre badessa, ma ironicamente anche donna autoritaria, che si dia arie di superiorità; etimologicamente il termine badessa è una forma aferetica per (a)-badessa che viene dal latino abbatissa voce femminilizzata di abbas/abbate(m) che trae dal caldeo e siriaco âbâ o âbbâ= padre.
- Messe propiamente il plurale di messa che è – come noto - nella religione cattolica, il sacrificio del corpo e del sangue di Gesú Cristo che, sotto le specie del pane e del vino, è offerto dal sacerdote a Dio sull'altare, per rinnovare il sacrificio della croce; etimologicamente la parola napoletana messa tal quale la identica toscana, è il participio passato femminile del verbo latino mittere e cioè missa= inviata, mandata; per comprendere appieno il perché di questo nome dato alla celebrazione liturgica bisogna risalire al 1°,2° sec. quando i primi cristiani, per celebrare il loro rito della eucaristia (etimologicamente da un tardo latino eucharistia(m), dal gr. eucharistía, comp. di êu bene e un derivato di cháris -itos : grazia; propr. riconoscenza, gratitudine) si riunivano nelle catacombe (etimologicamente da un tardo latino catacumba(m), comp. del gr. katá: giú, sotto e il lat. cumba :cavità); al termine della celebrazione liturgica, il presbitero che aveva consacrato l’eucaristia ne affidava alcune particole = piccole parti ai diaconi che erano i suoi assistenti, affinché essi le recassero a tutti i fedeli che, per varî motivi assenti, non avevano partecipato al rito; fatto ciò, congedava gli altri fedeli annunciando loro: Ite, missa est! id est: Andate via, l’ò mandata! Quel missa finale finí per dare il nome alla celebrazione liturgica relativa.
raffaele bracale

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