RANCO, RANGO & DERIVATI
Tratto qui di sèguito di due parole e delle relative derivate, parole che essendo molto assonanti potrebbero apparire addirittura ( ma cosí non è..) uguali.
La prima: ranco è essenzialmente parola napoletana, ma l’ò trovata pure in qualche dizionario italiano come nome che à generato i verbi arrancare ed altri; il ranco partenopeo identifica il crampo, lo spasmo di un arto (e piú spesso di quegli superiori donde la famosa fraseologia napoletana che poi illustrerò: tené ‘nu ranco ê mmane : avere un crampo alle mani (espressione usata oltre che per identificare una reale precaria situazione fisica, anche per riferirsi ironicamente se non sarcasticamente a chi sia cosí tanto avaro da tenere le mani perennemente rattrappite e ben serrate); etimologicamente la parola ranco piú che (come proposto da qualcuno) dal basso latino *crancus, peraltro non attestato,ma ricostruito, equivalente del classico cancer = granchio , penso debba collegarsi all’antico tedesco rank = storto, ricurvo molto piú adatto del precedente granchio, per indicare la posizione rattrappita dell’arto colpito dal crampo o contrattura muscolare;e ciò tuttavia non direttamente, ma attraverso il veneziano ranco, (mette conto non dimenticarsi dei numerosi contatti linguistici oltre che mercatali dei marinai delle due repubbliche marinare); rammenterò ora, ripetendomi, come semanticamente sia molto rappresentativo il collegare attraverso l’espressione tené ‘nu ranco ê mmane : avere un crampo alle mani la figura dell’avaro, dello spilorcio abituati ad aver sempre la mano serrata, con quella di colui che sia vittima di una contrazione muscolare o crampo che lo costringa a non distender la mano;
dalla voce partenopea ranco il toscano à derivato i verbi: rancare, arrancare, ranchettare ed addirittura l’inusuale arranchettare tutti indicanti piú o meno il camminare zoppicando come di chi abbia gli arti inferiori torti o rattrappiti, e per estens., il procedere con fatica; di tutti questi verbi l’arrancare, nel medesimo significato di procedere con difficoltà, è ritornato nel napoletano a tener compagnia a ranco.
Cosa molto diversa da ranco è la voce rango (peraltro non presente nel napoletano) dove è sostituita a seconda dei casi o da felèra/filèra (dal latino filum attraverso il francese filer) o da squatra (dal latino exquadra(ta) attraverso lo spagnolo esquadra) se si vuole intendere la schiera, la riga di soldati; per il significato traslato ci si limita a fornire di adeguata aggettivazione il nome di riferimento: ad es.: ‘nu grande scrittore, ‘nu grand’artista, ed iperbolicamente addirittura ‘na femmena cu ‘e ppalle contravvenendo ogni regola di buone maniere…oltre eventuali studi di… medicina!
Con la voce rango si intende in effetti essenzialmente la schiera, la fila, la riga di soldati ed estensivamente e per traslato il grado, la condizione,il ceto sociale:es: una donna di (alto) rango o di vaglia o uno scrittore, un artista di rango, (fig.) di notevoli qualità.
Et de hoc satis. Raffaele Bracale
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