È FFERNUTA A TTARALLUCCE E VVINO
Ancóra una volta raccolgo un invito del mio caro amico N.C.(i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) che déttosi molto soddisfatto di ciò che alibi scrissi sull’espressione È ffernuta a vvrenna e sciuscelle
mi à sollecitato a parlare dell’espressione in epigrafe che le fa da contraltare. In effetti L’espressione È ffernuta a vvrenna e sciuscelle che ad litteram è :(la faccenda) è terminata a crusca e carrube è usata, come scrissi, quale dolente commento di ogni situazione che si sperava evolvesse positivamente ed invece si sia risolta nel modo peggiore, mentre l’espressione in epigrafe che ad litteram è :(la faccenda) è terminata a tarallucci e vino è usata come soddisfatto commento di ogni situazione che si sperava evolvesse positivamente ed addirittura si sia risolta in modo, se possibile, migliore Si tratta di icastica espressione che in origine fotografò ciò che accadeva al termine (sia nelle famiglie della borghesia che in quelle popolane) dei festini domestici: battesimi, sponsali, periodiche etc. allorché tutti gli invitati adulti erano congedati con la distribuzione di tarallucci verniciati di naspro e con bicchieri di vino passito, mentre ai bambini intervenuti erano distribuiti confetti e zuccherate spremute di frutta per modo che restasse sia negli aldulti che nei bambini un gradito ricordo del festino cui avevano partecipato. Dalle feste familiari poi l’espressione fu usata per ampiamento semantico per commento, come ò detto, di ogni situazione conclusasi nel modo migliore.
è ffernuta = è terminata voce verbale (3ª pers. sg. pass. prossimo) dell’infinito ferní= finire, terminare,evolvere, risolvere etimologicamente dal lat. finire→firnire→ferní con epentesi espressiva della consonante liquida vibrante erre.
tarallucce = tarallucci s.vo m.le diminutivo (cfr. il suffisso uccio/ucce suffisso che continua il lat. -uceu(m) e serve a formare diminutivi di sostantivi e aggettivi, con valore sia dispregiativo sia vezzeggiativo; è usato, nel linguaggio fam.dell’italiano , come agg.vo col significato di 'misero, scadente', spec. come rafforzativo di un dispregiativo: un guadagnuccio, proprio uccio.) di tarallo s.m.le biscotto a forma di ciambella tipico dell'Italia meridionale: dolce se condito con zucchero e semi d'anice,o verniciato di naspro, rustico se condito con sugna e pepe o altro. DIM. taralletto, tarallino, taralluccio. Trattasi chiaramente di un meridionalismo, attese le regioni (tutte meridionali: Campania, Abruzzo, Calabria e Puglia) dove vengono prodotti tali tipici biscotti. Voce penetrata nel lessico dell’italiano vista la gran diffusione peninsulare ( per esportazione dalle regioni produttrici) del prodotto che va sotto il nome di tarallo. Quanto all’etimo della voce a margine non vi sono certezze e si vaga nel campo delle ipotesi; tutti i calepini a mia disposizione(e non son pochi), a cominciare dal D.E.I. nicchiano o si rifugiano dietro il solito pilatesco etimo incerto;non so dire chi l’abbia formulata ma esiste un’ipotesi che riferirebbe la voce tarallo al greco toros (= toroide); personalmente ipotizzo il latino torus (= toro: modanatura inferiore della colonna,cordone); semanticamente in ambedue i casi ci si troverebbe nel giusto atteso che sia la forma del toroide che quella del toro di colonna, richiamano quella del tarallo, mentre è alquanto complicato spiegare la morfologia della parola; ora posto che in linguistica non sono importanti gli adattamenti vocalici (o→a) che si possono tranquillamente accettare, è un po’ piú complesso spiegare da dove salti fuori quel suffisso allo a meno che (ed è questa la mia ipotesi!), a meno che questo allo non sia un adattamento locale di un originario suffisso diminutivo ello←ellus prorio dei sostantivi con tema in r; oppure un adattamento metaplasmatico ed espressivo di un originario suffisso diminutivo olo←olus;accettando una delle due ipotesi si potrebbe ritenere il tar-allo un piccolo(cfr. il suff.ello→allo oppure olo→alo→allo) cordone (torus); dopo lungo almanaccare, mi son fatto convinto di questa idea, quantunque neppure la grammatica del RHOLFS faccia menzione di questi adattamenti di suffisso... In ogni caso, se si accettasse, per l’etimo di tarallo la mia idea di tor-(us) + il suff. ello→allo oppure olo→alo→allo forse si potrebbe , indegnamente, dare scacco persino al D.E.I. che al proposito di tarallo elencò una sequenza di ipotesi giudicandole tutte però improponibili o non perseguibili..., con la sola eccezione, forse!, di una voce macedone: dràmis = focaccia, voce che però il curatore della lettera T (Giovanni Alessio) ipotizzò debba leggersi in modo paleograficamente corretto dràllis. Stimo, e quanto! G. Alessio, ma – nella fattispecie – penso che si fosse esibito in un doppio salto mortale (senza rete), pericoloso esercizio in cui, mancandomi forza e coraggio(lèggi: preparazione) non mi sento di seguirlo! Ed in ogni caso il passaggio morfologico da dràllis a tarallo d’acchito non si còglie ed è comunque duro da cogliere!
vvino/vino s.vo m.le in italiano, neutro in napoletano
1 bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del mosto d'uva:fà,travasà,’mbuttiglià, spilà ‘o vino( fare, travasare, imbottigliare, spillare il vino); veverse ‘nu bicchiere ‘e vino (bere un bicchiere di vino); vino liggiero, gagliardo, forte, miero; vino lammeccato, amabbile, doce, asciutto, sicco; vino russo, janco, rusé; vino nuovo,ggiovane, vicchio, d'annata; vino’e tàffio, p’ ‘a tavula, p’ ‘arruste, pe ppesce, pe desserto; vino ttaliano, piamontese, ‘e Chianti(vino leggero, generoso, forte, corposo; vino abboccato, amabile, dolce, asciutto, secco; vino rosso, bianco, rosé; vino nuovo, giovane, vecchio, d'annata; vino da pasto, da tavola, da arrosti, da pesce, da dessert; vino italiano, piemontese, del Chianti); ‘e fumme d’ ‘o vino (i fumi del vino), i suoi effetti inebrianti; rejere ‘o vino(reggere il vino), avere la capacità di berne in quantità senza ubriacarsi; vino addacquato, alluncato, vattiato(vino annacquato, allungato, battezzato), quando è mischiato con acqua | miezu vino(mezzo vino), vinello | vino scummante(vino spumante), spumante| vino d’uva passa(vino passito,vinsanto) | vino càvero(vin brûlé), vino fatto bollire con zucchero, cannella e chiodi di garofano, che si beve caldo | vino tagliato(vino tagliato), mescolato con altre qualità di vino | vino cuotto (vino cotto), ottenuto concentrando il mosto mediante ebollizione | | prov. : ‘o vino fa sanco, ‘a fatica fa jettà ‘o sanco(il vino fa buon sangue, il lavoro uccide.)
2 bevanda alcolica ottenuta da frutti fermentati: vino di mele, di pere, sidro; vino di palma, ottenuto dalla distillazione dei datteri; vino di riso, sakè || Usato anche come agg. invar. nella loc.: russo vino(rosso vino), colore rosso intenso tendente al viola.
voce dal lat. vin(um)
naspro s.vo neutro = naspro, glassa zuccherina; la voce naspro nonché il duo denominale *annasprà = ricoprire di naspro (a quel che ò potuto indagare) sono espressioni in origine del linguaggio regionale della Lucania, poi trasferitosi in altre regioni meridionali (Campania, Calabria, Puglia) ed è difficile trovarne un esatto corrispettivo nella lingua nazionale; si può tentare di tradurre naspro come ò fatto con il termine glassa zuccherina atteso che nel linguaggio dei dolcieri meridionali la voce naspro indicò ed ancóra indica una spessa glassa zuccherina variamente aromatizzata e talora colorata usata per ricoprire in origine dei biscotti dall’impasto abbastanza semplice o povero; in sèguito si usò il naspro colorato per ricoprire delle torte dolci e segnatamente quelle nuziali con un naspro rigorosamente bianco; a Napoli non vi fu festa nuziale che non si concludesse con un sacramentale gattò mariaggio coperto di spessa glassa zuccherina bianca: la voce gattò mariaggio nel significato di torta del matrimonio fu dal francese gâteau (de) mariage.
Per ciò che riguarda l’etimo della voce naspro, détto che non si tratta di voce originaria partenopea, né della lingua nazionale (dove risulta sconosciuta), ma – come ò detto – del linguaggio lucano mi limiterò a riferire l’ipotesi della coppia Cortelazzo/Marcato (autori d’ un supponente calepino di tutti i dialetti italiani) che pensarono ad un greco àspros=bianco, ipotesi che poco mi convince in quanto morfologicamente non chiarisce la provenienza della n d’avvio che certamente non à origini eufoniche; penso di poter a proporre una mia ipotesi peraltro non supportata da nessun riscontro; l’ipotesi che formulo è che trattandosi di una preparazione molto dolce per naspro si potrebbe pensare ad un latino (no)nasperum→nasperum→nasprum→naspro, piuttosto che ad un (n?)àspros. Spero di non essermi macchiato di lesa maestà! Del resto in tale non convincimento, sono in ottima compagnia: anche l'amico prof. Carlo Iandolo non si disse soddisfatto dell'ipotesi Cortelazzo/Marcato e trovò (ma spero non lo abbia fatto per mera amicizia...) piú perseguibile la mia idea.
E cosí penso proprio d’avere ancóra una volta contentato l’amico N.C. ed interessato anche qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e di poter concludere con il consueto satis est.
R.Bracale
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