sabato 2 aprile 2011

ARROGANTE, PREPOTENTE & dintorni

ARROGANTE, PREPOTENTE & dintorni

Sono stato sollecitato da una richiesta dell’amico G.V.(questioni di riservatezza m’impongono le sole iniziali) che segue ciò che scrivo passim,il quale – per altro si è détto molto soddisfatto di ciò che alibi scrissi su alterigia superbia, arroganza, boria etc.,amico che mi à chiesto di illustrare le voci del napoletano che ripetono quelle dell’italiano in epigrafe e che completano l’argomento relativo ad alterigia superbia, arroganza, boria etc.; l’accontento súbito e qui di sèguito prendo in esame le voci del napoletano che, accanto ai s.vi astratti illustrati alibi si riferiscono a tutti coloro che nei rapporti interpersonali abbiano un disdicevole comportamento e si mostrino scostanti, antipatici, scorbutici, scontrosi, intrattabili o si relazionano con il prossimo da una posizione arrogante.
In italiano arrogante (dal lat. arrogante(m), propr. part. pres. di arrogare) è un s.vo ed agg.vo m.le e f.le che indica chi, che tratta gli altri con insolente asprezza e con presunzione; mentre prepotente (dal lat. praepotente(m), comp. di prae- 'pre-' e po°tens -e°ntis 'potente') è un agg.vo m.le e f.le che indica, 1 che vuole imporsi a tutti i costi sugli altri; che fa valere con la forza e l'arroganza la propria volontà: un uomo, un ragazzo prepotente
2 che si impone per la sua intensità e urgenza; irresistibile, impellente: un bisogno prepotente di bere; un desiderio, un impulso prepotente
3 (lett.) molto potente;

Nel napoletano le voci che ripetono quelle dell’italiano or ora esaminate sono:
bruttóne/a s.vo ed agg.vo m.le o f.le
quale s.vo come nel caso che ci occupa vale prepotente, sopraffattore, prevaricatore;
quale agg.vo è in primis il superlativo (cfr. il suff. accrescitivo óne)del positivo brutto ; per estensione semantica vale poi cattivissimo, riprovevolissimo, grandemente sconcio, turpe, sporco, osceno, immorale, laido ma anche eccessivamente protervo, prepotente, insolente, impudente, sfrontato; etimologicamente è voce accrescitiva del lat. brutu(m) 'bruto', con raddoppiamento espressivo consonantico;
camorrista/cammurrista s.vo m.le e f.le dalla doppia morfologia di cui la seconda ottenuta con il raddoppiamento espressivo della consonante nasale bilabiale(m); rammento tuttavia che la vocein esame è anche pervenuta nell’italiano, ma nella prima forma cioè con la consonante nasale bilabiale scempia, mentre la morfologia con la consonante nasale bilabiale raddoppiata è tipica del napoletano scritto e parlato;[pl. –sti/ste] 1 chi appartiene alla camorra, chi ne è affiliato, adepto, seguace ;
2 (estens.) arrogante spesso violento, chi favorisce gli amici a scapito della giustizia; chi cerca di ottenere mediante favoritismi ciò che non gli è dovuto. voce etimologicamente denominale di camorra che a sua volta piú che derivata dall’omofono ed omogrofo spagnolo camorra= rissa, contesa nell’inteso che l’affiliato alla camorra(camorrista) sia un attaccabriga, è corruzione ed adattamento di altro termine spagnolo, cioè di gamurra che, a sua volta è da chamarra = abito di foggia iberica preferito dalla peggior risma di lazzaroni partenopei);

capuzziéllo s.vo ed agg.vo m.le e solo m.le voce difficilmente riscontrabile sui
dizionari in uso, poiché questi sono colpevolmente compilati attingendo non al parlar popolare, ma a gli scritti soprattutto classici e nussun classico à mai usato il termine capuzziello in alcuna delle sue accezioni; mi arrogo perciò il merito di parlarne io per il primo dicendo che la voce a margine oltre a significare come s.vo 1piccola gugliata es: 'nu capuzziello 'e cuttone, ‘nu capuzziello ‘e spavo(una piccola gugliata di filo, di spago); in tale accezione etimologicamente è voce formata addizionando al termine capo/a il doppio suffisso diminutivo uzzo ed iello: uzzo è un collaterale di uccio suffisso che continua il lat. -uceu(m) e serve a formare diminutivi di sostantivi ed aggettivi, con valore sia dispregiativo sia vezzeggiativo; mentre iello←ĕllo è un suffisso alterativo di sostantivi e aggettivi, con valore diminutivo e spesso vezzeggiativo (mariunciello, sciummetiello) il termine capo/a è usato in napoletano con desinenza f.le (capa dal lat. volg. capa(m)) sia per indicare la parte del corpo umano unita al torace dal collo e in cui ànno sede gli organi che governano le facoltà intellettive e la vita sensitiva oppure, in senso piú ristretto, la zona del cranio rivestita di capelli; mentre con desinenza m.le (capo dal lat. cl. capu(t) è usato per indicare chi esercita un comando o dirige imprese, attività, oppure ancóra (estens.) chi à un ruolo preminente o esercita una funzione direttiva, godendo di particolare prestigio e autorevolezza, ma è pure usato sempre con desinenza m.le per indicare una gugliata di cotone,di spago, di filo, di refe(‘nu capo ‘e cuttone, ‘nu capo ‘e spavo etc.), o anche con desinenza m.le o f.le un rocchio di salsiccia (‘nu capo ‘e saciccia o ‘na capa ‘e saciccia) e viene usato in tale accezione perché allorché una gugliata di cotone,di spago, di filo venga staccata dal suo gomitolo o rocchetto di pertinenza, ecco che la successiva gugliata si troverà all’inizio, al capo del gomitolo o rocchetto; ugual cosa capita con la salsiccia che è un trito di carne di suina aromatizzato ed insaccato in un budello lungo tra i 40 ed i 50 cm.; tale lunga salsiccia viene poi divisa in porzioni (rocchi) mediante successive legature; poiché quando dalla salsiccia cosí suddivisa ne viene staccato un pezzo (rocchio) il successivo si troverà comunque sempre in testa, in capo alla salsiccia residua, ecco che in napoletano il rocchio italiano si dice capo o capa ‘e saciccia e la gugliata è détta capo ‘e cuttone, capo ‘e spavo; la voce in esame significa altresí
quale agg.vo come nel caso che ci occupa persona arrogante e prepotente dall'aria e modi
guappeschi ma in tale accezione è voce derivata dal s.vo capoccio/a (s.vo m.le 1 capo di una famiglia di contadini;
2 sorvegliante di una squadra di lavoranti, di pastori o di vaccari;3 ( furbescamente) chi fa da capo, da guida anche in azioni delittuose o criminase;4 (scherzosamente) il capo di casa; voce derivata da capo); la morfologia seguíta per giungere a capuzziello, partendo da capoccio è stata: capoccio→capozzo→capuzzo addizionato del solito suffisso diminutivo masch.: iello;
faccetuosto/facciatosta s.vo ed agg.vo m.le o f.le;
al m.le quale agg.vo impudente, maleducato, scostumato, insolente, irrispettoso, indelicato;
quale s.vo per estensione semantica dell’aggettivo tracotante,borioso, altezzoso, presuntuoso, supponente, spocchioso; al f.le quale agg.vo impudente, scostumata, dissoluta, dissipata, depravata, viziosa, immorale, disonesta;
quale s.vo per estensione semantica dell’aggettivo donna di facili costumi, civetta sfrontata e priva di vergognata, donna che cerca di attirare l'attenzione e l'ammirazione maschile; donna leggera e vanitosa, ma pure insolente, sfacciata, impertinente, irriguardosa, strafottente, supponente, spocchiosa; etimologicamente è l’agglutinazione del s.vo faccia con l’agg.vo tuosto= duro;
guappo/a s.vo ed agg.vo m.le o f.le
come s.vo 1 camorrista, bravaccio 2 (estens.) persona sfrontata, arrogante | guappo’e cartone, persona che nasconde dietro l'arroganza e la sfrontatezza una reale debolezza;
come agg.vo: sfrontato, arrogante,prepotente ed anche millantatore;
quanto all’etimo è dal latino văppa→vuappa; (per il passaggio di v a g cfr. vunnella/gunnella – volpe/golpe – vallo/gallo – vallina/gallina etc.)

‘mpustatore/tora s.vo ed agg.vo m.le o f.le chi, che à l’atteggiamento protervo, superbo ed arrogante; chi, che pretende di avere senza neppure chiedere; colui/colei che cerchi di imporre la propria volontà con modi tracotanti, protervi, prepotenti, insolenti, impudenti; voce deverbale di ‘mpustà (frequentativo del lat. imponere cfr. impositu(m)→’mpostu(m)→’mpustà);
nzisto/a s.vo ed agg.vo m.le o f.le’nzisto/a, duro/a, maleducato/a, fastidioso/a prepotente, arrogante, tracotante, protervo/a, insolente, impudente, sfrontato/a; voce che non è un deverbale del lat. insistere, comp. di in→’n illativo e sistere 'stare', ma a mio avviso tenendo dietro ad un’idea del Rohlfs) etimologicamente è derivata direttamente dal s.vo antistes - itis→antistitem→(a)ntisti(tem)→’nzisto – ricavato da un lat. in-tendere= tendere verso ;

scuóncio/scuonceco/sconcia/sconceca s.vo ed agg.vo m.le o f.le ( voce deverbale formata attraverso la protesi di una esse (distrattiva) al verbo conciare= sciupare, rovinare che diede dapprima il termine scuoncio/sconcia= sciupato/a, rovinato/a e poi con ampliamento di suffisso il termine scuonceco/sconceca=
1deforme, storpio/a ma anche
2 arrogante, prepotente, insolente, impudente, sfrontato
3 smagrito, deperito, smunto,sformato etc.e quindi inteso per estensione rozzo/a, grossolano/a, brutto/a, sgraziato/a; il collegamento semantico tra le accezioni sub 1 e 3 è intuitivo; piú complicato, ma non impossibile cogliere quello tra le accezioni 1 e 3 e quella sub 2; tale collegamento è da ricercarsi per il tramite dell’estensione in quanto chi sia arrogante, prepotente, si dimostra rozzo/a, grossolano/a, brutto/a, sgraziato/a;

spallettone s.vo ed agg.vo m.le e solo m.le
Su questa voce mi corre l’obbligo di dilungarmi trattandosi di , icastica voce piuttosto moderna, voce del parlato soprattutto della città bassa, assente nella maggioranza dei calepini del napoletano e dire quanto segue: Esiste o meglio, esistette fino agli anni ’60 dello scorso secolo, a Napoli un vocabolo che,nel parlare comune, conglobava in sè tutto un vasto ventaglio di significati. È il vocabolo in epigrafe che si dura fatica a spiegare tante essendo le sfumature che esso ingloba.
In primis dirò che con esso vocabolo si indica il saccente, il supponente, il sopracciò prepotente ed arrogante oltre che borioso,il millantatore, colui che anticamente era definito mastrisso
ovvero colui che si ergeva a dotto e maestro, ma non ne aveva né la cultura, nè il carisma necessarii
Piú chiaramente dirò, per considerare le sfumature che delineano il termine in epigrafe, che vien definito spallettone chi da borioso arrogante, da prepotente saccente fa le viste d’essere onnisciente, capace di avere le soluzioni di tutti i problemi, specialmente di quelli degli altri , problemi che lo spallettone dice di essere attrezzato per portarli a soluzione , ma (naturalmente!) senza farsi mai coinvolgere in prima persona, ma solo dispensando consigli , che però non poggiano su nessuna conclamata scienza o esperienza, ma son solo frutto della propria saccenteria in virtú della quale non v’è campo dello scibile o del quotidiano vivere in cui lo spallettone non sia versato;l’economia nazionale? E lo spallettone sa come farla girare al meglio. L’educazione dei figli altrui,mai dei propri!,? Lo spallettone, a chiacchiere, sa come farne degli esseri commendevoli e cosí via non v’è cosa che abbia segreti per lo spallettone che,
specialmente quando non sia interpellato,si offre e tenta di imporre la propria presenza dispensando ad iosa consigli non richiesti che – il piú delle volte- comportano in chi li riceve un aggravio delle incombenze, del lavoro e dell’impegno,(senza peraltro assicurare o garantire risultati certi e positivi…) aggravio che va da sé finisce per essere motivo di risentimento e rabbia per il povero individuo fatto segno delle stupide e vacue chiacchiere dello spallettone.
E passiamo a quella che a mio avviso è una accettabile ipotesi etimologica del termine in epigrafe.
Premesso che tutti i compilatori di dizionari dell’idioma napoletano, anche i piú moderni,con la sola eccezione forse dell’ avv.to Renato de Falco e del suo Alfabeto napoletano,non fanno riferimento alla lingua parlata, ma esclusivamente a quella scritta nei classici partenopei, va da sé che il termine spallettone non sia registrato da nessun calepino, essendo termine troppo moderno ed in uso nel parlato, per esser già presente nei classici.
Orbene io penso che essendo il sostrato dello spallettone, la vuota chiacchiera, è al parlare che bisogna riferirsi nel tentare di indicare una etimologia del termine che, a mio avviso si è formato sul verbo parlettià (ciarlare)con la classica prostesi della S intensiva partenopea, l’assimilazione della R alla L successiva e l’aggiunta del suffisso accrescitivo ONE.
Per concludere potremo definire cosí lo spallettone: fastidioso arrogante, borioso, ridicolo millantatore, becero, vuoto, malevolo dispensatore di chiacchiere, da non confondere però con il pettegolo (aduso a propalare in giro i fatti del prossimo, fatti appresi talvolta nell’esercio di funzioni pubbliche, funzioni che imporrebbero la segretezza delle notizie conosciute, segretezza che invece dal pettegolo viene bellamente disattesa!...) che è altra cosa e che in napoletano è reso con un termine diverso da spallettone e cioè con il termine: parlettiere.
È possibile tuttavia, anzi càpita spesso, che nella stessa persona si sommino le pessime qualità che sono del parlettiere e dello spallettone, ed in tal caso, a mio avviso, sarebbero o sono perdonabili talune pulsioni omicide avverso il parlettiere-spallettone!
Va da sè che, come ò già indicato il termine esaminato è esclusivamente maschile;
esiste però un corrispondente termine femminile con i medesimi significati del maschile ed è: ciaccessa piú correttamente scritto con la geminazione iniziale della C : cciaccessa; l’etimo è sconosciuto, ma reputo, stante anche per essa parola il sostrato di un vuoto parlare, che la parola possa essere un deverbale formatosi su di un iniziale ciarlare (voce forse dallo spagnolo chirlare oppure di tipo onomatopeico) secondo il seguente percorso morfologico: ciarlare→ciacciare→ciaccessa.

vinciuto s.vo ed agg.vo m.le o f.le vinciuto/a agg.vo m.le o f.le in primis prepotente, viziato,petulante, fastidioso,, arrogante, ostinato nelle pretese,diseducato,abituato ad averle tutte vinte: è ‘nu criaturo/’na criatura vinciuto/a (è un bambino/una bambina viziato/a); etimologicamente ci troviamo in presenza di una forma verbale (part. pass. aggettivato ) dell’infinito véncere (dal lat. vincere) vincere,sconfiggere, superare, sbaragliare, schiacciare, annientare; conquistare, espugnare etc.,
ma ci troviamo ad aver che fare, a mio avviso, con un uso improprio di un participio passato che solitamente viene usato per indicare un’azione non solo passata, ma pure subíta: in italiano vinto (part. passato di vincere) indica il sopraffatto, lo sconfitto, il perdente, colui che à perso, mentre è il part. presente vincente ad indicare colui che stia vincendo, sopraffacendo, sconfiggendo qualcuno; alla medesima stregua in napoletano vinciuto (part. passato di vencere) dovrebbe indicare il sopraffatto, lo sconfitto, il perdente, colui che à perso, e non (come invece avviene)colui che stia vincendo, sopraffacendo, sconfiggendo qualcuno, anzi colui che le à sempre vinte tutte!, ma è d’uso ormai sia nel parlato che nello scritto napoletano considerare vinciuto sinonimo di vittorioso, vincente, forse sottintendendo un che à→ c’à in posizione protetica a vinciuto: ad es.: è ‘nu criaturo vinciuto cioè è ‘nu criaturo(c’ à) vinciuto; ma non saranno le mie parole a rimettere ordine in codesto groviglio semantico.

E cosí ora posso, penso, ben dire: Satis est convinto d’aver soddisfatto l’amico G.V. ed interessato qualche altro dei miei ventiquattro lettori
Raffaele Bracale

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