1.'A TAVERNA D''O TRENTUNO.
Letteralmente: la taverna del trentuno. Cosí, a Napoli sogliono, inalberandosi, paragonare la propria casa tutte quelle donne che vedono i propri uomini e la numerosa prole ritornare in casa alle piú disparate ore, pretendendo che venga loro servito un pasto caldo. A tali pretese, le donne si ribellano affermando che la casa non è la taverna del trentuno, nota bettola partenopea che prendeva il nome dal civico dove era ubicata, bettola dove si servivano i pasti in modo continuato a qualsiasi ora del giorno e della notte.
2.'A VACCA, PE NUN MOVERE 'A CODA SE FACETTE MAGNÀ 'E PPACCHE DÊ MOSCHE.
Letteralmente: la mucca per non voler muovere la coda, si lasciò mangiare le natiche dalle mosche. Lo si dice degli indolenti e dei pigri che son disposti a subire gravi nocumenti e non muovono un dito per evitarli alla stessa stregua di una vacca che assalita dalle mosche per non sottostare alla fatica di agitare la coda, lasci che le mosche le pizzichino il fondo schiena!
3.TRASÍ O PASSÀ CU 'A SCOPPOLA.
Letteralmente: entrare o passare con lo scappellotto. Id est: entrare in teatro o altri luoghi pubblici come musei o pinacoteche o mostre artistiche senza pagare e senza le necessarie credenziali: biglietti o inviti. La locuzione fotografa il benevolo comportamento di taluni custodi che son soliti fare entrare i ragazzi senza pagare il dovuto, spingendoli dentro con un compiacente scappellotto. Per traslato la locuzione si attaglia a tutte quelle situazioni dove gratuitamente si ottengono benefíci per la magnanimità di coloro che invece dovrebbero controllare.
4.POZZA MURÍ 'E TRUONO A CCHI NUN LE PIACE 'O BBUONO.
Letteralmente: possa morire di violenta bastonatura chi non ama il buono. In una città come Napoli dove vi è un'ottima e succulenta cucina chi non è buongustaio merita di morire bastonato violentemente. in napoletano TRUONO significa sia tuono che percosse violente.
5.'A FORCA È FATTA P''E PUVERIELLE.
Letteralmente: la forca è fatta per i poveri. Id est: nei rigori della legge vi incorrono solo i poveri, i ricchi trovano sempre il modo di scamparla. In senso storico, la locuzione rammenta però che la pena dell'impiccaggione era comminata ai poveri, mentre ai ricchi ed ai nobili era riservata la decapitazione o - in tempi piú recenti - la fucilazione.
6.PIGLIÀ VAVIA E METTERSE 'NGUARNASCIONE.
Letteralmente: prender bava e porsi in guarnaccia. Id est: assumere aria e contegno da arrogante; lo si dice soprattutto di coloro che, essendo assurti per mera sorte o casualità a piccoli posti di preminenza, si atteggiano ad altezzosi ed onniscienti,cercando di imporre agli altri il loro modo di veder le cose, se non la vita, laddove in realtà poggiano la loro albagia sul nulla.
7.DARSE 'E PIZZECHE 'NCOPP' Â PANZA.
Letteralmente: darsi pizzichi sulla pancia. Id est: sopportare, rassegnarsi, far buon viso a cattivo gioco. E' il consiglio che si dà a chi ad una contrarietà sarebbe pronto a render la pariglia ed invece gli si consiglia di sopportare assestandosi dei pizzichi sulla pancia quasi che il dolore fisico che ne deriva servisse a lenire quello morale, in nome del quale ci si sentirebbe pronto a scatenare una guerra!
8.'NCOPP' Ô MUORTO SE CANTA 'O MISERERE.
Letteralmente: sul morto si piange il miserere Id est: non bisogna precorrere i tempi, in ispece quelli delle lamentazioni che allora son lecite quando ci si trovi davanti al fatto compiuto del danno patito, mai prima.
9.BBUONO PE SCERIÀ 'A RAMMA.
Letteralmente: buono per pulire le stoviglie di rame. Cosí in modo quasi rabbioso viene definito un frutto cosí aspro di sapore da non essere edibile, ma che può solo servire alla pulizia delle pentole di rame. Un tempo, quando non esistevano acciai inossidabili o allumini leggeri, le pentole erano in rame opportunamente ricoperte di stagno; per la loro pulizia e lucidatura ci si serviva di pietra pomice, arena 'e vitrera (sabbia da vetraio ricca di silice), e limoni con i quali si soffregavano le pentole fino a detergerle e addirittura farle luccicare. Per traslato, la locuzione in epigrafe si attaglia anche a chi è di carattere cosí aspro e spigoloso da non consentire ad alcuno di avervi rapporti.
10.'ON SIMONE, STAMPA E CUMPONE.
Letteralmente: don Simone stampa e compone. Cosí, furbescamente son apostrofati, a Napoli, coloro che per mera saccenteria, per gratuita supponenza affermano di esser capaci di bastare da soli a far tutto, rifiutando - per questo - aiuti o consigli da chicchessia; il don Simone della locuzione assomma in sè l'abilità del tipografo stampatore e la capacità del tipografo compositore.
11.S' È 'MBRIACATA 'A USCIOLA!
Letteralmente: s'è ubriacata la bussola! E' questo l'amaro commento che si usa profferire davanti a situazioni inopinatamente ingarbugliatesi al punto da non permettere a nessuno di venirne a capo, come sarebbe quasi impossibile ad un marinaio, ritrovare il nord allorché la sua bussola, incappata in una tempesta magnetica non riuscisse piú ad indicare la sicura via, comportandosi quasi da ubriaca.
12.ASTIPATE 'O MILO PE QUANNO TE VENE 'A SETE.
Letteralmente: conserva la mela per quando avrai sete. Id est: non bisogna aver fretta per ritorcere contro qualcuno i torti subíti.La vendetta è un piatto da servire freddo.
13.‘NA MELA VERMENOSA AMMESCA TUTT’ ‘O MUNTONE
Letteralmente: una mela guasta, bacata infetta tutto il mucchio, corrompendolo. Id est: non bisogna far causa comune con soggetti che non siano di spiccata moralità e/o comportamento adamantino perché prima o poi si finirà con il comportarsi alla medesima erronea maniera!
14.OGNE ANNO DDIO 'O CUMANNA.
Letteralmente: ogni anno lo comanda Dio. E' la volgarizzazione del motto latino: semel in anno licet insanire" e ne conserva il medesimo significato che rammenta che una volta all' anno è lecito impazzire seu darsi al buon tempo...alla follia, al divertimento anche sfrenato, cosa che sarebbe addirittura imposta da Dio!
15.PISCIÀ ACQUA SANTA P''O VELLICULO.
Letteralmente: orinare acqua santa dall'ombelico. La locuzione, usata sarcasticamente nei confronti di coloro che godano immeritata fama di santità significa, appunto, che coloro cui è diretta sono da ritenersi tutt'altro che santi o miracolosi, come invece lo sarebbero quelli che riuscissero a mingere da un orifizio inesistente, addirittura dell'acqua santa.
16.Ê TIEMPE 'E PAPPAGONE
Letteralmente: Ai tempi di PAPPAGONE Id est: in un tempo lontanissimo. Cosí vengono commentate cose di cui si parli che risultano risalenti a tempi lontanissimi, quasi mitici. Il PAPPAGONE della locuzione non è la famosa maschera creata dal compianto attore napoletano Peppino De Filippo; ma è la corruzione del cognome PAPPACODA antichissima e nobile famiglia partenopea che à lasciato meravigliosi retaggi architettonici risalenti al 1400, in varie strade napoletane.
17.ARRETÍRATE, PIRETO!
Letteralmente: Ritirati, peto! Imperiosa ed ingiuriosa invettiva rivolta verso chi, per essere andato fuori dei limiti consentiti, si cerchi di ridimensionare esortandolo, anzi imponendogli di rientrare nei ranghi, anche se non si capisce come un peto, partito dalla sua sede vi possa rientrare a comando...
18.A 'NU PARMO D''O CULO MIO, FOTTE CHI VO’.
Letteralmente: ad un palmo dal mio sedere, si diverta chi vuole. Id est: fate pure i vostri comodi, purchè li facciate lontano dal mio spazio vitale, non mi coinvolgiate e soprattutto non mi arrechiate danno!
19.DICETTE 'O MIEDECO 'E NOLA: CHESTA È 'A RICETTA E CA DDIO T''A MANNA BBONA...
Letteralmente: Disse il medico di Nola: Questa è la ricetta e che Dio te la mandi buona. La locuzione viene usata quando si voglia sottolineare che, dinnanzi ad un problema, si sia fatto tutto quanto sia nelle proprie possibilità personali e che occorra ormai confidare solo in Dio dal quale si attendono gli sperati risultati positivi.
20.FÀ 'NU QUATTO 'E MAGGIO.
Letteralmente: fare un quattro di maggio. Id est: sloggiare, cambiar casa, trasferirsi altrove. Da intendersi anche in senso figurato di allontanarsi, o recedere dalle proprie posizioni. Nel lontanissimo 1611 il vicerè Pedro de Castro, conte di Lemos, nell'intento di porre un po' di ordine nel caos dei quasi quotidiani traslochi che si operavano nella città di Napoli, fissò appunto al 4 di maggio la data fissa soltanto nella quale si potevano operare i cambiamenti di casa. Il giorno 4, da allora divenne la data nella quale gli inquilini erano soliti conferire mensilmente gli affitti ai proprietarii di immobili concessi in fitto.
Brak
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