LOCENA AL FORNO
Dosi per sei persone:
1 kg. e 200 g. di lòcena di maiale (altrove detta: rosciale, guida, collo, sapura, gioara etc. ) tagliata a fette spesse 1 cm.
1 etto e ½ di pan grattato addizionato di un trito finissimo di erbette aromatiche secche: timo, salvia,rosmarino etc. (in commercio si trovano già pronti dei piccoli contenitori con misti di tali erbette , ma è preferibile comporre il trito con le proprie mani, variando ad libitum il numero delle erbette, quantunque non esista uno strumento che possa aiutare a produrre artigianalmente erbette secche e quindi è giocoforza contentarsi dei triti prodotti industrialmente;)
sale fino e pepe nero q.b.
1 bicchiere d’olio d’oliva e.v.
A piacere qualche anello di cipolla dorata.
PROCEDIMENTO
Sciacquare velocemente le fette di carne sotto uno scroscio d’acqua fredda corrente, per eliminare eventualmente residui ematici; senza asciugarle, passare le fette di carne nel pangrattato addizionato del trito finissimo di erbette secche aromatiche; ungere la placca del forno e sistemarvi le fette di carne una accanto all’altra dopo che le medesime siano state ben pressate con la lama di un coltello ampio, per modo che il pangrattato penetri nelle fibre della carne; salare e pepare; adagiare, volendo, sulle fette gli anelli di cipolla ed irrorare il tutto con l’olio residuo versato a filo.
Passare in forno già caldo (200°) per circa 35 minuti.
Servire caldissime con un contorno di insalata verde o melanzane sott’olio.
Corposi ed asciutti vini rossi campani a temperatura ambiente.
NOTA
LOCENA
la locena, pur essendo un taglio di carne gustosissimo, è un taglio che, (ricavato dal quarto anteriore che è il meno pregiato o costoso della bestia bovina o suina) , è da ritenersi di mediocre qualità, quasi di scarto, e di tutti i vari nomi surriferiti con cui è connotato in Italia, quello che più si attaglia a simili minime qualità, è proprio il napoletano lòcena. Etimologicamente infatti la parola lòcena nel suo precipuo significato di vile, scadente è forgiato come il toscano ocio ed il successivo locio (dove è evidente l’agglutinazione dell’articolo) sul latino volgare avicus mediante una forma aucius che stette ed in toscano sta per: scadente, di scarto; da locio a locia e successiva locina con consueta epentesi di una consonante (qui la N) per facilitare la lettura, si è pervenuto a locena.
P.S.
Con il medesimo procedimento si possono preparare le costolette d’agnello o di capretto (c.d. bandierine), ma la lòcena di maiale è molto più gustosa!
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