‘NTUPPUSO & DINTORNI
Anche questa volta faccio sèguito ad una richiesta fattami dall’amico N.C. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono di riportar solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) occupandomi delle voce napoletana in epigrafe, di altri eventuali sinonimi, espressioni collegate e delle corrispondenti voci dell’ italiano.Rispondo con molto piacere alla richiesta che riguarda un termine assente su tutti i lessici del napoletano in mio possesso (e non son pochi...), ma ben vivo e presente nel parlato del popolo.
Chiarisco súbito che con l’icastico aggettivo m.le in epigrafe ‘ntuppuso e con il corrispondente f.le ‘ntuppósa
si indicano quegli inetti soggetti che si sentano infastiditi da ogni piú piccolo ostacolo che incontrassero sul loro precedere, nel loro agire; questi soggetti che mancano di spirito di adattamento e di capacità operativa son persone aduse al lamento (anche in mancanza di acclarate e cogenti cause...) che si sentono infastiditi e quasi vilipesi da ogni piú tenue e risibile intralcio che non son capaci di superare o di aggirare per mancanza di senso pratico o perché non son disposti ad affrontare irrisori sacrifici e per converso, qualunque cosa facciano, fan le viste di fare immani fatiche quando non quella medesima grave fatica che fu tipica di san Cristoforo: sorreggere il mondo; ed in effetti d’un soggetto siffatto s’usa dire in maniera ironica: pare Cristoforo cu 'o munno 'ncuollo.
Letteralmente: Sembra (san) Cristoforo con il mondo addosso.In quest’ultima locuzione c'è la commistione della figura di san Cristoforo, che nell'iconografia ufficiale è rappresentato nell' atto di portare sulle spalle il Redentore bambino, e quella di ATLANTE (personaggio della mitologia greca:uno dei Giganti; figlio di Giapeto e di Climene.secondo un’altra versione sarebbe un figlio di Zeus e di Climene mentre secondo Platone sarebbe figlio di Poseidone e di Clito;secondo Esiodo, Zeus per punirlo di essersi alleato col padre di Zeus, Crono, che guidò la rivolta contro gli dei dell'Olimpo, lo costrinse a tenere sulle spalle l'intera volta celeste (anche se in altre versioni regge il globo terrestre)raffigurato, come dicevo, con sulle spalle il globo terrestre. Il popolo nella sua locuzione à unito le due figure ed à riferito a CRISTOFORO l'incombenza di sorreggere il mondo (in effetti, san Cristoforo, martire in Licia nel 250, durante la persecuzione dell'imperatore Decio (Gaio Messio Quinto Traiano Decio: Budalia, 201 –† Abrittus, 1 luglio 251) imperatore romano dal 249 fino alla morte, avvenuta durante la battaglia di Abrittus); san Cristoforo fu uno dei «quattordici santi ausiliatori(gruppo di quattordici santi invocati dal popolo cristiano in casi di particolari necessità, generalmente per guarire da particolari malattie; secondo un’antica tradizione i quattordici santi furono: Sant'Acacio (o Agazio), invocato contro l'emicrania
Santa Barbara, contro i fulmini, la febbre e la morte improvvisa
San Biagio, contro il male alla gola
Santa Caterina d'Alessandria, contro le malattie della lingua
San Ciriaco di Roma, contro le tentazioni e le ossessioni diaboliche
San Cristoforo, contro la peste e gli uragani
San Dionigi, contro i dolori alla testa
Sant'Egidio, contro il panico e la pazzia
Sant'Erasmo, contro i dolori addominali
Sant'Eustachio, contro i pericoli del fuoco
San Giorgio, contro le infezioni della pelle
Santa Margherita di Antiochia, contro i problemi del parto
San Pantaleone, contro le infermità di consunzione
San Vito, contro la corea, l'idrofobia, la letargia e l'epilessia.)»; San Cristoforo in particolare fu colui che avrebbe portato sulle spalle un bambino, che poi si rivelò essere Gesú. Il testo piú antico dei suoi Atti risale all'VIII secolo. In un'iscrizione del 452 si cita una basilica dedicata a Cristoforo in Bitinia. Cristoforo fu tra i santi piú venerati nel Medioevo; il suo culto fu diffuso soprattutto in Austria, in Dalmazia ed in Spagna. Chiese e monasteri si costruirono in suo onore sia in Oriente che in Occidente). La locuzione in esame viene usata sarcasticamente per bollare di inettitudine fisica e morale tutti coloro che, chiamati ad un risibile lavoro comportante un piccolissimo impegno fisico e/o morale, fanno invece le viste di sopportare grandi e gravi fatiche, lamentandosi a sproposito di ciò che stanno facendo, magari bofonchiando, sbuffando, quasi portassero veramente il mondo sulle spalle.
Analogamente, sempre in maniera sarcastica di un soggetto inetto che sia altresí lamentoso ed infastidito da ogni piú tenue e risibile intralcio che non sia capace di superare o di aggirare s’usa affermare: aeh, à tirato ‘a sciaveca! oppure aeh, sta tiranno ‘a sciaveca!
che letteralmente valgono le esclamazioni : À tirato la sciabica! oppure Sta tirando la sciabica!
Ambedue le espressioni sono usate o posteriormente o nel mentre ad ironico ed antifrastico commento delle azioni di chi o reduce da o operante un leggero e/o inconferente lavoro, faccia invece cialtronescamente le viste di aver condotto a termine o di star facendo una faticosa incombenza;
la sciaveca è la grossa rete a strascico munita di ampio sacco centrale ed ali laterali sorrette da sugheri galleggianti, che viene calata in mare in prossimità della battigia e poi faticosamente tirata a riva a forza di braccia dai pescatori che per poterlo piú agevolmente fare sogliono entrare in acqua fino a restare a mollo con il fondoschiena donde l’espressione: stà cu ‘e ppacche dint’ a ll’acqua id est: star con le natiche in acqua per significare oltre che lo star lavorando faticosamente anche lo star in grande miseria nella convinzione (sia pure erronea) che il mestiere di pescatore non sia mai abbastanza remunerativo. Infine sempre in riferimento ad un soggetto, soprattutto femminile, che sia inetto e lamentoso (anche in mancanza di acclarate e cogenti cause) s’usa nomarlo mammacíccomitocca agglutinando in un’unica parola un’icastica espressione che suona: mamma Cicco me tocca!... (Mamma, Francesco mi tocca, mi importuna!) attribuendo alla donna inetta, lamentosa ed infastidita per un nonnulla il medesimo incongruo falso atteggiamento di talune giovani donne aduse ad accusare qualche giovanotto di averle infastidite, dopo di averli provocati allettandoli con moine ed altro.
Prima di indicare i tre sinonimi in uso nel parlato della voce in epigrafe, soffermiamoci a chiarire gli etimi delle voci incontrate cominciando con ‘ntuppuso/’ntupposa agg.vo e s.vo m.le o f.le denominale del s.vo m.le ‘ntuppo = intralcio,impedimento, ciò che ostacola materialmente o moralmente un'azione; voce dal francone top→toppo→tuppo con prostesi di un in→(i)n→’n illativo; a ‘ntuppo per ottenere la voce in esame è stato aggiunto il suffisso uso/ósa suffisso di tipologia per aggettivi derivati dal latino o tratti da nomi, dal lat. -osu(m); indica presenza, caratteristica, qualità ecc.. Etimologicamente la parola sciaveca pervenuta nel toscano come sciabica è derivata al napoletano (attraverso lo spagnolo xabeca) dall’arabo shabaka da cui anche il portoghesejabeca/ga.
Pacche s. f. pl. di pacca= natica e per traslato ognuna delle piú parti in cui si può dividere longitudinalmente una mela o una pera; etimologicamente la voce è dal lat. med. pacca marcato sul long. pakka.
Cicco è l’ipocoristico del nome personale Francisco che ottiene da Cisco, Cicco con assimilazione regressiva sc→cc, come in italiano da Francesco si ottiene Cesco→Cecco con analogo procedimento di assimilazione.
E veniamo ai tre soli sinonimi della voce in epigrafe attestati nel parlato popolare; essi sono nell’ordine ‘ntruppecuso/cósa – ‘mpedecuso/cósa – ‘mpacciuso/ósa.Esaminiamoli singolarmente: ‘ntruppecuso/cósa agg.vo e s.vo m.le o f.le che à i medesimi significati della voce in epigrafe di cui rappresenta un allungamento espressivo attraverso l’adozione di una doppia epentesi popolare, la prima consistente in una erre infissa nella prima sillaba, la seconda (sillabica: ec) donde ‘ntuppuso→’ntruppuso→’ntruppecuso;
‘mpedecuso/cósa agg.vo e s.vo m.le o f.le chi in ogni cosa trovi ostacolo, inciampo, ingombro; voce deverbale del lat. parlato impedicare→’mpedecà = porre pastoie; per pervenire a ‘mpedecuso/cósa a ’mpedecà è stato aggiunto il suffisso uso/ósa suffisso, come ò già détto di tipologia per aggettivi derivati dal latino o tratti da nomi, dal lat. -osu(m); indica presenza, caratteristica, qualità ecc.
‘mpacciuso/ósa attestato anche come ‘mpicciuso/ósa agg.vo e s.vo m.le o f.le doppia morfologia per una sola voce che indichi chi/che abbia ogni avvenimento per impedimento, impaccio, intralcio.la prima voce è stata marcata addizionato del suff. uso/ósa suffisso, mi ripeto di tipologia per aggettivi derivati dal latino o tratti da nomi, dal lat. -osu(m); indica presenza, caratteristica, qualità ecc., è stata marcata sul s.vo ‘mpaccio (deverbale del provenz. empachar, che è dal fr. ant. empeechier= ciò che impaccia; ostacolo, intralcio; la seconda voce, con analogo procedimento è è stata marcata sul s.vo ‘mpiccio
(deverbale del fr. ant. empeechier (mod. empêcher), che è dal lat. tardo impedicare 'inceppare, intrappolare', deriv. del class. pedica 'laccio del piede, ceppo' (da pìs pe°dis 'piede'))= 1 qualunque cosa che costituisca un fastidio, un ostacolo,
2 affare imbrogliato, guaio, seccatura.
Non mi pare ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere accontentato l’amico N.C. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e chi forte dovesse imbattersi in queste paginette. Satis est.
Raffaele Bracale
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