lunedì 30 aprile 2012

SPORCARE

SPORCARE Anche questa volta mi trovo a raccogliere l’ennesima provocazione del mio caro amico N.C.(i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) che,memore ch’io abbia piú volte affermato che il napoletano sia piú preciso e circostanziato dell’italiano, mi à sfidato ad elencare ed a parlare delle eventuali voci del napoletano che rendano piú acconciamente quella italiana dell’epigrafe e dei suoi numerosi sinonimi . Come ò già détto alibi e qui ripeto il caro amico non sa o finge di non sapere quanto io sia tenace e perseverante nelle mie idee, per cui raccolgo pure questo guanto di sfida cominciando, come è mio solito, con l’esaminare dapprima le voci dell’italiano: sporcare, v. tr. 1 rendere sporco; insudiciare, insozzare: sporcare il tappeto, il muro; sporcarsi il vestito | sporcarsi le mani in, con qualcosa, (fig.) compromettersi, parteciparvi con piena responsabilità 2 (fig.) deturpare, macchiare moralmente: sporcare la propria fama, il proprio nome | sporcare la fedina penale, subire una condanna penale 3 (gerg.) rovinare, rendere inutilizzabile: sporcare la palla, nel calcio e in altri giochi, sprecare una palla buona giocandola male; sporcare una canzone, detto dei disc-jockey radiofonici, parlare mentre viene trasmessa, in modo che non possa essere registrata integralmente da chi riceve la trasmissione ||| sporcarsi v. rifl. o intr. pron. 1 imbrattarsi con qualcosa di sudicio: sporcarsi di fango 2 (fig.) macchiare la propria reputazione compiendo un'azione indegna; abbassarsi moralmente: non voglio sporcarmi con questa storia. Il verbo è dal lat. spurcare, deriv. di spurcus 'sporco' insozzare, v. tr. generico sinonimo del precedente 1 rendere sozzo; insudiciare, sporcare: insozzare un vestito 2 (fig.) macchiare, oltraggiare, coprire di vergogna, di disonore: insozzare la reputazione di qualcuno ||| insozzarsi v. rifl. o intr. pron. 1 sporcarsi, lordarsi: insozzarsi di grasso; le scarpe si sono insozzate di fango 2 (fig.) macchiarsi moralmente: insozzarsi di atroci delitti. Il verbo, con la protesi di un in illativo, è un denominale di sozzo 'sporco' che è dal provenz. sotz, che è dal lat. sucidu(m) 'grasso, sudicio'; lordare, v. tr. generico sinonimo dei precedenti rendere lordo, sporcare, insudiciare (anche fig.) ||| lordarsi v. rifl. insudiciarsi, sporcarsi (anche fig.); etimologicamente il verbo risulta essere un denominale dell’agg.vo lordo (sporco) dal lat. tardo lurdu(m), per il class. luridu(m) 'livido, pallido'; macchiare v. tr. generico sinonimo dei precedenti, ma alquanto piú circoscritto in quanto fa riferimento ad una lordura procurata attraverso macchie e non altro; 1 sporcare con una o piú macchie: macchiare la tovaglia di vino; macchiarsi il vestito di olio | (assol.) lasciare macchie: l'inchiostro macchia 2 (estens.) aggiungere a un alimento una piccola quantità di un'altra sostanza che ne modifica il colore naturale: macchiare il caffè, con un po' di latte; macchiare il latte, con un po' di caffè; macchiare la pastasciutta, con un po' di sugo 3 (fig.) corrompere la purezza originaria: macchiare il proprio nome, la propria onorabilità 4 dipingere a macchie di colore ||| macchiarsi v. intr. pron. coprirsi di una macchia o di macchie (anche fig.): la tappezzeria si è macchiata per l'umidità; macchiarsi di una colpa; etimologicamente il verbo risulta essere dal lat. maculare, denominale di . di macula (macchia); e son questi i sinonimi della voce in epigrafe; ma abbiamo anche altri due verbi quantunque piú spesso usati in altra accezione e/o figuratamente e sono: infangare, v. tr. 1 coprire, sporcare di fango: infangarsi le scarpe 2 (fig.) disonorare: infangare il nome della famiglia ||| infangarsi v. rifl. o intr. pron. 1 coprirsi, sporcarsi di fango: in quelle pozzanghere mi sono tutto infangato 2 (fig.) coprirsi di disonore: infangarsi con azioni disoneste. etimologicamente il verbo risulta essere un denominale di fango (voce di origine germ., dal got. fani 'melma') con la protesi di un in illativo (prefisso che continua il lat. i°n-, derivato dalla prep. i°n 'in, contro, dentro, sopra', che compare in molte parole di origine latina o formate modernamente, e spec. nella derivazione di verbi da sostantivi, aggettivi o altri verbi (buca: imbucare; pallido: impallidire; mettere: immettere); ha per lo più il valore di 'dentro, sopra' (inabissare, inalberare), talora con riferimento a una trasformazione (ingiallire) o con valore intensivo (incominciare)). infamare v. tr.sinonimo del precedente [dal lat. infamare, der. di infamis «infame»]. 1. Rendere infame, coprire d’infamia, disonorare: la sua vita disonesta l’aveva infamato; nel rifl.: infamarsi con dissolutezze, con gravi colpe. 2. Screditare il nome di qualcuno con accuse disonoranti o comunque lesive del suo onore (sinon. di diffamare, che ha però nel linguaggio giur. un sign. più specifico, e indica piuttosto l’opera, l’attività di chi diffonde le accuse, che non l’effetto che queste hanno sull’onore della persona): i. con calunnie, con gravi rivelazioni; i. presso i cittadini o nell’opinione pubblica. ◆ Part. pres. infamante, anche come agg., che copre d’infamia, di disonore: vita, contegno infamante; vizî infamanti; accuse, voci infamanti. Nel medioevo fu detta infamante la pena che colpiva d’infamia colui che l’aveva subìta, indipendentemente dalla qualità e gravità del crimine commesso. ◆ Part. pass. infamato, anche come agg., coperto d’infamia, che ha cattivo nome (in questa seconda accezione, se riferito a luoghi, a ambienti, è più com. malfamato, che è tuttavia meno grave).3 sporcare (ma solo in senso figurato). Tutti i verbi fin qui presi in considerazione,come si evince dalle definizioni,e se si lasciano da parte quelli che si usano in senso figurato, risultano essere dei semplici sinonimi pressoché generici imprecisati ed indeterminati; non cosí per il napoletano dove accanto ad un generico allurdà v. tr. [denominale dell’agg.vo lordo (sporco) dal lat. tardo lurdu(m), per il class. luridu(m) 'livido, pallido' con protesi di un ad→al(per assimilazione regressiva) intensivo] 1Rendere lordo, imbrattare di materie repellenti;ma anche, semplicem.: 2sporcare, insudiciare; 3(fig.), insozzare moralmente, spec. in frasi di senso rifl., coprirsi di disonore, rendersi responsabile di gravi colpe o delitti; accanto ad allurdà abbiamo molti e circostanziatissimi verbi usati spesso nei loro variegati significati traslati o estensivi: ammacchià . tr. [ dal lat. maculare, der. di macŭla «macchia»con protesi di un ad→am(per assimilazione regressiva) intensivo] – 1. a. Sporcare, imbrattare con una o piú macchie:ammacchià ‘a carta, ‘o mesale (macchiare la carta, la tovaglia; hê ammacchiato ‘o cartularo ‘e gnosta, ‘a camicetta cu ‘o rrussetto; te sî ammacchiato ‘e ddete, m’aggio ammacchiato ‘o bbasso cu ‘a frutta(ài macchiato il quaderno d’inchiostro, la camicetta con il rossetto; ti sei macchiato le dita; mi sono macchiata la gonna con la frutta). Anche unito alla particella pron., con valore di rifl.: vide comme te sî ammacchiato!(guarda come ti sei macchiato!); o di intr. pron.:’o libbro s’è ammacchiato ‘e ummerità( il libro si è macchiato per l’umidità). 1. b. fig. In senso morale, corrompere, disonorare: ammacchià ‘a cuscienza, ll’annore, ‘a nnummenata(macchiare la coscienza, l’onore, la reputazione); anche rifl.: ammacchiarse ‘e ‘nfamità(macchiarsi d’infamia); s’è ammacchiato ‘e ‘na granne fetenzia!(si è macchiato di una grave colpa!). 2. Aggiungere a una bevanda una piccola quantità di altro liquido, per correggerne il sapore, alterarne il colore, ecc.: ammacchià ‘o ccafè(macchiare il caffè), aggiungendovi un po’ di latte; m. il latte, aggiungendovi un po’ di caffè. 3. a. ammacchià ‘o lignamme, ‘o muro (macchiareun legno, un muro), dipingerli in modo da imitare le macchie naturali di legni pregiati o di marmi. b. Raro, con uso assol., stendere il colore a macchie, con riferimento specifico alla tecnica pittorica usata dai macchiaioli. 4. (in senso traslato) nascondere, infrattare ammacchià ‘e sorde (nascondere i soldi) nel senso di sottrarli alla vista altrui quasi fossero nascosti in una macchia(boscaglia fitta, di difficile accesso);◆ Part. pass. ammacchiato, anche come agg.: ‘nu mesale ammacchiato, ‘nu marmulo ammacchiato(una tovaglia macchiata, unmarmo macchiato), tipo di marmo che presenta macchie più o meno larghe e intense, a contorno curvilineo e sfumato;latte, cafè ammacchiato(latte, caffè macchiato); spavette ammacchiate, riso ammacchiato(spaghetti macchiati, riso macchiato), conditi in bianco, con l’aggiunta di poca salsa di pomodoro. In araldica, attributo della luna e del crescente caricati di macchie nere o d’altro smalto, e di animali, come la pantera e la salamandra, con macchie di smalto diverso da quello della pelle. ‘mbrassecà v. tr. antico e desueto, ma specifico e determinato; bruttare, imbrattare con preciso riferimento alle polveri di carbone, di terra o di ferro che imbrattino le pareti interne di camini, cappe fumarie e/o degli strumenti di lavoro (caldaie, storte etc.) durante le fusioni dei suddetti materiali; per ampliamento semantico fu usato anche per indicare lo sporcarsi degli spazzacamini le cui mani e volti risultavano, al termine del lavoro, ‘mbrassecate = imbrattati di fuliggine. Etimologicamente è un verbo denominale (con protesi di un illativo in →’m (davanti alla b o alla p)) del lat. volg. brasĭca→brasseca a sua volta dal germ. *brasa 'carbone ardente', brace. ‘mpacchiare v. tr. anche esso antico e desueto, ma specifico e determinato; bruttare, insozzare, imbrattare con esatto riferimento in primis ai ragazzi che son soliti sporcarsi di cibo o bevande e poi per traslato anche confondere, abbindolare, rabberciare, aggiustare alla meno peggio, con riferimento a cose o oggetti riparati, ma non rifiniti .Non semplicissimo è chiarire il passaggio semantico dall’imbrattare/arsi al confondere, abbindolare o al rabberciare, aggiustare alla meno peggio, tuttavia mi ci proverò dicendo che come il cibo con cui ci si impacchia imbrattandosi, tende a coprire e quasi nascondere volto, mani o abiti rendendoli pressappoco confusi, cosí è l’azione di chi confonda il prossimo impacchiandolo tentando cioè di abbindolarlo con azioni che nascondono secondi fini; ugualmente il passaggio semantico dall’imbrattare allo aggiustare alla meno peggio, si spiega con il fatto che chi rabbercia accomoda, mette a posto alla meglio non fa mai un lavoro pulito o rifinito,ma si contenta di sgrossare, abbozzare lasciando il pezzo cosí lavorato, non del tutto netto, ma spesso sporco, macchiato di colle e/o affini, purché funzionante e ripristinato all’ uso dovuto. Etimologicamente il verbo ‘mpacchiare/à è un denominale del lemma pacchio/a (cibo generico, ma segnatamente abbondante, quello che può comportare di macchiarsi, insozzare) da un latino patulum onde pat’lum → pàclum → pacchio; ‘mpapucchià: v. tr.antico, ma ancóra in uso soprattutto in senso traslato insozzare, imbrattare e per traslato imbrogliare; verbo che è di medesima portata del precedente, sia nel senso di insozzare, imbrattare, che in quello traslato di imbrogliare, verbo cioè di medesima portata sia come significato di partenza che come sviluppo semantico; etimologicamente se ne differenza in quanto il precedente ‘mpacchiare/à fa riferimento – come visto – a pacchio/a, ‘mpapucchià è invece da collegarsi ad un in→’m + papocchia che è in primis la pappa molliccia, brodosa (ben atta ad insudiciare) e per traslato l’intrigo, l’imbroglio (anche essi atti ad insudiciare un rapporto interpersonale); etimologicamente papocchia è, attraverso il suffisso occhia, il dispregiativo d’un latino papa che indicò appunto la pappa per i pargoli. ‘mrattare/’mbrattare doppia morfologia d’un unico antico verbo trans.antico, ma non desueto, specifico e determinatocon esatto riferimentoallo 1 sporcare con liquidi, sostanze appiccicose e sim.:’mbrattà’nu vestito ‘e gnostia (imbrattare un abito d'inchiostro) |’mrattà ‘e ttele, ‘e mure o ‘e ccarte, ‘e fuoglie (imbrattare le tele, i muri o le carte, i fogli), (fig. spreg.) essere un cattivo pittore o scrittore | ’mbrattarse ‘e mmane ‘e sanco (imbrattarsi le mani di sangue), (fig.) commettere un omicidio 2 sporcare con immondizie: ’mrattà ‘a strata (imbrattare la strada); 3 (fig.) disonorare, macchiare: ’mrattà ‘o nomme d’’a famiglia (imbrattare il nome della famiglia) ||| ‘mbrattarse v. rifl. sporcarsi, insudiciarsi: ’mbrattarse ‘e lóta (imbrattarsi di fango). ‘nchiaccà/are v. tr.antico, ma ancóra in uso soprattutto nel senso ristretto di imbrattare di colori le tele, i muri o le carte,le mani, i fogli; in senso piú generale il verbo vale insudiciare, lordare irrimediabilmente; in senso traslato vale anche, come il precedente ‘mpacchiare, confondere, abbindolare, rabberciare, aggiustare alla meno peggio, con riferimento a cose o oggetti riparati, ma non rifiniti .In questo caso è piú semplice chiarire il passaggio semantico dall’imbrattare al confondere, abbindolare o al rabberciare, aggiustare alla meno peggio, dicendo che come il cattivo pittore con i suoi maldestri colori imbratta tele o mani ‘nchiaccando o ‘nchiaccandosi, tende a coprire e quasi nascondere volto, mani o abiti rendendoli pressappoco confusi, cosí è l’azione di chi confonda il prossimo impacchiandolo tentando cioè di abbindolarlo con azioni che nascondono secondi fini; ugualmente il passaggio semantico dall’imbrattare allo aggiustare alla meno peggio, si spiega con il fatto che chi rabbercia accomoda, mette a posto alla meglio non fa mai un lavoro pulito o rifinito,ma si contenta di sgrossare, abbozzare lasciando il pezzo cosí lavorato, non del tutto netto, ma spesso sporco, macchiato di colle e/o affini, purché funzionante e ripristinato all’ uso dovuto. Piú complesso è lo stabilire l’etimo della voce: qualcuno (D’Ascoli) pensa ad una sbrigativa ma non spiegata onomatopea clacc→chiacc con protesi d’un in→’n illativo; qualche altro (Giammarco) meglio ipotizza un in→’n + placca→chiacca (olandese placken) e Jandolo – infine – pensa ad un lat. imblancare che però trovopoco convincente atteso che non è détto che l’imbrattarsi o l’imbrattare debba avvenire (solo) con il colore bianco. Penso che di tutte le proposte la migliore resti quella di Ernesto Giammarco anche se piú che dall’olandese placken penso che placca derivi dritto per dritto dal fr. plaque lingua che trovo piú vicina e praticata dell’olandese al napoletano. ‘nchiavecà v. tr.antico, ma ancóra in uso quasi (esclusivamente nella forma riflessiva ‘nchiavecarse) quantunque non nel significato originario e volgare che fu quello di lordare di escrementi bensí in quello piú generico di imbrattare con immondizie e/o generiche lordure, sudiciumi varî, cose sporche ed untuose. Verbo etimologicamente denominale del s.vo chiaveca (dal lat tardo clavica(m), per il class. clovaca(m).)con protesi d’un in→’n illativo; ‘nfeccià v. tr. ed intr. antico,e desueto in uso quasi esclusivo nella forma riflessiva ‘nfecciarse); nel significato originario e primario valse: lordarsi, imbrattarsi bocca e/o viso con la feccia del vino; estensivamente valse avvinazzarsi, ubriacarsi, inebriarsi, sborniarsi, sbronzarsi, eccitarsi. Verbo etimologicamente denominale del s.vo feccia (dal lat. volg. *faecea(m), deriv. del class. faex faecis 'feccia, sedimento')con protesi d’un in→’n illativo; ‘nfardà v. tr.antico, ma ancóra in uso sia pure nel solo significato secondario; in primis valse:insozzare,sporcare e poi, in un’accezione secondaria, anche dar fastidio, ripiegare e cioè dare luogo all’operazione detta infaldatura, operazione finale nella produzione dei tessuti, consistente nel piegare in falde sovrapposte la pezza del tessuto; quest’ultima accezione che compendia un’azione lunga, noiosa e fastidiosa, spiega semanticamente il passaggio del verbo a margine al significato di infastidire, dar fastidio; il verbo ‘nfardà deve il suo significato primo di insozzare, sporcare al fatto che etimologicamente è verbo ricavato da un in→’n (illativo) + il s.vo farda che in napoletano (con etimo dall’ ant. francone fard) vale escremento, sterco; il passaggio ad infaldatura è dovuto invece alla confusione popolare del s.vo fard con farda (falda) che è dal gotico falda= piega. nquacchià/nguacchià/nquacchiarïà tre morfologie leggermente diverse di un'unica voce verbale attestata sia come nquacchià che come nguacchià/ mentre la terza forma nquacchiarïà non è che una forma intensiva del primo nquacchià; i verbi (che etimologicamente ànno un origine onomatopeica) ànno il loro significato primo di: sporcare, insudiciare, macchiare, imbrattare; e da essi verbi si derivò la voce di doppia morfologia nguacchio/nquacchio= pastrocchio e poi situazione intricata; imbroglio, tenendo presenti le accezioni summenzionate, rammento che la parola nguacchio/nquacchio fu usata per indicare quegli inopinati sgorbi e/o macchie d’inchiostro che – complici la distrazione, l’inchiostro ed il pennino della penna comune – lordarono quaderni e libri al tempo (1950) delle scuole elementari; quando poi (1955) con l’avvento della penna biro che mandò in soffitta inchiostro, calamaio, pennini e penne comuni, divenne desueta anche la parola nguacchio/nquacchio essa venne sostituita da spirinquacchio usata per indicare non lo sgorbio o la macchia casuale, quindi l’involontario errore, quanto quel ghirigoro voluto e cercato prodotto per saggiare se l’inchiostro contenuto nella cannuccia di plastica della penna biro fosse ancora sufficiente o sufficientemente fluido per permettere di scrivere; poiché per saggiare la scorrevolezza e fluidità del detto inchiestro, si muoveva in maniera piú o meno circolare la penna tenuta rigidamente perpendicolare al piano di scrittura, la traccia che se ne ricavava era di forma spirale, di talché il disegnino ottenuto era pur sempre ‘nu nguacchio, ma in quanto di forma spiraleggiante, finí per esser definito spirinquacchio/spiringuacchio; la parola napoletana nguacchio o nquacchio oltre ai cennati significati, à poi un suo significato estensivo che è quello di: situazione intrigata, pasticcio di difficile soluzione ed ancóra infine deflorazione con conseguente fecondazione di una giovane che consenzientemente, da nubile, si sia fatta possedere da un innamorato; nelle cennate due accezioni di pasticcio di difficile soluzione, situazione intrigata la parola è trasmigrata pure se in non tutti, in molti dei piú corredati vocabolarî della lingua italiana dove è diventata: inguacchio; ugualmente un significato estensivo ànno i verbi nguacchià/nquacchià che nella parlata napoletana vengono usati per indicare oltre che i cennati: sporcare, insudiciare, macchiare, imbrattare, anche il mettere in atto un pasticcio di difficile soluzione,una situazione intrigata, deflorare una ragazza ed infine l’ungere o il condire esageratamente in ispecie con sugo di pomodoro, fatti che sostanziano in ogni caso un lordura, una cosa sporca o anche un errore (ovunque e sempre occorrono misura e moderazione, secondo il détto: l’esagerazione è difetto!); molta meraviglia à destato in me il fatto che mentre abbia incontrato in molti dizionari della lingua italiana il termine inguacchio, in nessuno vi ò ritrovato il verbo da cui dovrebbe essere scaturito: inguacchiare… Misteri della lingua italiana e di taluni soloni linguisti che la fanno, i quali considerano (cfr. Treccani – Garzanti etc.) il verbo inguacchiare napoletano, ma fanno italiana la voce inguacchio che è derivata di inguacchiare! Faccio notare in chiusura dell’esame delle voci nquacchià/nguacchià/nquacchiarïà nonché di nguacchio/nquacchio, faccio notare - come ò già détto - che trattasi di voci di origine onomatopeica e che la n d’attacco anteposta a quacchià/guacchià/quacchiarïà nonché a guacchio/quacchio, è sempre e solo una consonante eufonica migliorativa del suono delle parole che da quacchià/guacchià/quacchiarïà approdano a nquacchià/nguacchià/nquacchiarïà nonché da guacchio/quacchio, a nguacchio/nquacchio; si tratta di una consonante eufonica e non di un residuo di un in→’n per cui non à senso anteporre a nguacchio/nquacchio, nquacchià/nguacchià/nquacchiarïà un inutile ed incoferente segno diacritico (’) che presupporrebbe la caduta della vocale i di in; nelle voci nguacchio/nquacchio,nquacchià/nguacchià/ nquacchiarïà non esiste nessun in→’n d’avvio ed è assolutamente erroneo scrivere‘nguacchio/’nquacchio,’nquacchià/’nguacchià/ ’nquacchiarïà come invece ò trovato in numerosi calepini del napoletano e persino nel grande dizionario della lingua italiana Garzanti che, con colpevole approssimazione sotto il lemma inguaggio testualmente scrive: Dal napol. 'nguacchià 'sporcare, lordare'. ‘nzuzzí/’nzuzzià/’nzuzzunïà tre morfologie leggermente diverse di un'unica voce verbale tr. attestata sia come ‘nzuzzí che come ‘nzuzzià/ mentre la terza forma ‘nzuzzunïà non è che una forma intensiva di ‘nzuzzià; i verbi (che etimologicamente risultano essere attraverso una protesi di un in→’n illativo comportante la necessaria indicazione del segno (’) diacritico in avvio di voce, risultano essere un denominale dell’agg.vo zozzo(= sporco) dal provenz. sotz, che è dal lat. sucidu(m) 'grasso, sudicio') ed ànno il loro significato primo in : sporcare, insudiciare, macchiare, imbrattare con riferimento al comportamento disattento o negligente che può compartare il rendere sozzo, l’insudiciare, lo sporcare qualcosa anche involontariamente, ma colpevolmente per incuria o disattenzione nell’agire: zuzzià ‘nu vestito (insozzare un vestito) 2 (figuratamente) macchiare, oltraggiare, coprire di vergogna, di disonore: ‘nzuzzunïà ‘a ‘nnummenata ‘e quaccheduno (insozzare la reputazione di qualcuno) ||| ‘nzuzzunïarse v. rifl. o intr. pron. 1 sporcarsi, lordarsi: ‘nzuzzunïarse ‘e ‘rasso, ‘e scarpe se songo ‘nzuzzunïate ‘e mota (insozzarsi di grasso; le scarpe si sono insozzate di fango); 2 (fig.) macchiarsi moralmente: ‘nzuzzunïarse d’ ‘e ppeje fetenzíe (insozzarsi dei peggiori delitti). Scacà/Scacazzà/iare anche in questo caso abbiamo a che fare con tre morfologie leggermente diverse di un'unica voce verbale tr. attestata sia come scacà che come scacazzà/ mentre la terza forma scacazziare/ià non è che una forma intensiva- frequentativa di scacazzà; v. intr. (volg.) defecare con frequenza o qua e là (détto spec. di animali). v. tr. (volg.) insozzare defecando. (détto spec. di lattanti che ripetutamente lasciano le loro deiezioni nei pannolini). Etimologicamente tutti e tre i verbi sono deverbali di cacà/are con una S intensiva in posizione protetica e con una volta l’infisso azz intensivo-peggiorativo, e l’altra con gli infissi azzi intensivo-frequentativi. Tégnere v. tr. usatissimo sia nei significati primarî (sub 1 -2 3) che in quelli traslati (sub 4 etc.) 1 dare a una cosa un colore diverso da quello che ha: tégnere ‘na giacchetta ‘e bblu(tingere una giacca di (o in) blu); 2 (ed è il caso che ci occupa)macchiare, sporcare:’o ccravone m’ à tignuto ‘o vestito (il carbone mi à tinto, mi à sporcato il vestito) | (assol.) nell'uso fam., spandere colore, e quindi sporcare di colore: ‘na stilografica, ‘na vesta ca tegneuna stilografica, una veste che tinge 3 (lett.) colorare: ‘o sole ca tramuntava tigneva ‘o cielo ‘e russo(il tramonto tingeva il cielo di rosso); 4 scroccare soldi o altro chella femmena à tignuto bbuono e mmeglio ‘a famiglia d’isso ( quella donna à scroccato molti benefici alla famiglia del suo sposo) ||| tégnerse v. rifl. 1 imbellettarsi | tingersi i capelli 2 (fam.) macchiarsi, sporcarsi di colore: te sî tignuto sano sano, va’ a lavarte!(ti sei tutto tinto, va' a lavarti!) v. intr. pron. assumere un determinato colore, colorarsi (anche fig.): ‘e nnuvole se tignevano ‘e rosa(le nuvole si tingevano di rosa); ‘nu ricordo ca se tegne ‘e nustalgia(un ricordo che si tinge di nostalgia). Prima di accennare all’etimo del verbo in esame voglio soffermarmi sulla semantica delle singole accezioni: per quelle sub 1,2,3 nulla quaestio; è intuitiva; piú complesso spiegare la semantica dell’accezione sub 4, tuttavia mi cimenterò nell’impresa dicendo che l’accezione: scroccare soldi o altro di tégnere nel parlato della città bassa nasce da un equivoco; in effetti il verbo che negli antichi scritti del napoletano indicava lo scroccare fu fégnere (fingere, mentire, simulare bisogno per ottenere gratuitamente degli aiuti e/o beneficî); quando il verbo fégnere nell’accezione or ora rammentata pervenne sulla bocca dell’ illetterato popolino della città bassa, esso fégnere venne confuso con il piú noto ed usato assonante tégnere e si finí per riferire anche a quest’ultimo verbo l’accezione ch’era propria di fégnere: scroccare soldi o altro fingendo, mentendo, simulando bisogno; e ciò è tanto vero che dei molti compilatori di calepini del napoletano solo il D’Ascoli, studioso di estrazione popolare ed aduso a pescare nel parlato e non solo nello scritto, registra tégnere nell’accezione che fu di fégnere. Pacifica l’etimologia di tégnere che è una lettura metatetica del lat. tingere→tígnere→tégnere come alibi per chiagnere ←plangere - astregnere←a(d)stringere etc. E con ciò penso d’avere, anche questa volta risposto adeguatamente alla sfida dell’amico N.C. e d’avere interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori. Satis est. Raffaele Bracale

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