mercoledì 12 dicembre 2012
CANZO, CANZARSE & SCANZARE
CANZO, CANZARSE & SCANZARE
L’amico F.P. (al solito, mi limito ad indicare le iniziali non avendo ricevuto autorizzazione a fare per esteso nome e cognome...) si è detto molto soddisfatto di ciò che – su sua richiesta – scrissi sul termine diavolo & dintorni ed allora mi lancia una nuova sfida chiedendomi di dilungarmi sulle voci riportate in epigrafe, per chiarirne la portata, stabilire se vi siano punti di apparentamento tra di esse nonché dire di eventuali sinonimi.
Fino a che me ne sentirò capace non mi sottrarrò ad una sfida! Cominciamo;
canzo s.vo neutro = voce del parlato popolare: 1agio,occasione opportunità, possibilità, destro;
2 (costruito con il verbo dare: dà ‘o canzo) = luogo, tempo, modo.
Etimologicamente a mio avviso è voce derivata piú che (come deverbale) da un lat. marinaresco campsare = doppiare, girare mare, deviare che semanticamente poco ànno da spartire con il canzo ed il canzarse napoletani, a mio avviso è voce derivata dal francese chance→c(h)ance→canzo con normale esito ns→nz (il fr. chance andrebbe létto scianse, ma nulla osta che il popolo incolto l’abbia lètto canse donde canzo con il consueto esito richiamato ); rammento ora che nel napoletano “ls, ns, rs” sono riletti e riprodotti come“lz, nz, rz” (cfr. polsino→pulzino→puzino, insalata→’nzalata, salsoso→sarzuso); a tal proposito rammento altresí che spesso nel napoletano una voce che etimologicamente nella prima sillaba à la consonante esse, quest’ultima viene letta zeta determinando talora una confusione tra voci diverse ed inducendo qualcuno in errore, come capita ad es. con i sostantivi signore e signora che apocopati rispettivamente in si’= si(gnore) e sié = signora (sié è infatti l’apocope della voce francese femminilizzata e metatetica di seigneur →seigneuse→ sie-(gneuse); per errore tali si’ e sié vengon letti zi’ e zié→zi’ che sono invece l’apocope di zio e zia che sono dal lat. thiu(m)/thia(m) e dunque voci affatto diverse da signore e signora che son voci sí di rispetto, ma generiche rispetto a zio/zia che indicano un chiaro rapporto parentale che di norma manca nel rapporto interpersonale dei soggetti indicati come signore o signora; rammento al proposito l’espressione essere ‘o si’ nisciuno che ad litteram è : essere il signor nessuno. Espressione usata nei confronti di chi sia ritenuto un’autentica nullità, un essere di nessuna valenza e/o importanza un autentico signor nessuno.Rammento che spesso anche tra napoletani di vecchio conio la locuzione in epigrafe suona come: essere ‘o zi’ nisciuno sostituendo la sibilante fricativa dentale sorda S con una piú dura, ma inesatta affricata alveolare sorda... Z e persino il grandissimo don Peppino Marotta,si lasciò confondere ed incolse nell’errore di tradurre l’espressione in maniera errata: essere lo zio nessuno , laddove la parola esatta da usarsi nella locuzione è, come ò détto : si’ cosa che comporta la traduzione in signore e non in zio. In effetti usando lo scorretto zi’ nisciuno ci troveremmo ad avere a che fare con la parola zi’ forma apocopata della voce zio(zio) che è dal lat. thiu(m) e l’espressione in un certo senso si snaturerebbe del suo significato giacché usando zi’ nisciuno (zio nessuno) non si raggiungerebbe l’icastica espressività che è contenuta nell’esatta locuzione che prevede l’uso di si’ nisciuno (signor nessuno) dove si’ è la forma apocopata della parola si(gnore).
In coda alla voce canzo or ora esaminata ricordo che i suoi sinonimi sono:
ammàttetto/ màttetto s.vo m.le = incontro proprizio, occasione d’acquisto; (voce abbondantemente desueta in ambedue le morfologie);la voce originaria deverbale di imbatter(si) Incontrare per caso, trovarsi inaspettatamente davanti a qualcuno, qualcosa(con assimilazione progressiva mb→mm ed aferesi della vocale (i) d’attacco), la voce originale fu ammàtteto poi piú comodamente ridotta in màtteto con aferesi della prima sillaba (am).
cugniuntura 1 punto in cui due cose sono unite insieme; giuntura: ‘e ccugniunture ‘e ll’ossa(le congiunture delle ossa);
2 (fig.come nel caso che ci occupa) circostanza, occasione favorevole: cugniuntura afflittiva (congiuntura dolorosa);apprufittà d’ ‘a cugniuturaprupizzia( sfruttare la circostanza favorevole;
etimologicamente trattasi di voce deverbale di cugnugnere (dal lat. coniungere, comp. di cum 'con' e iungere 'unire').
Dalla voce canzo derivò quale denominale il verbo canzare/canzarse verbo intransitivo e in forma pronominale= permettersi, prendersi la libertà,il destro,cogliere un’occasione; il verbo è però usato quasi esclusivamentein frasi negative per esprimere un divieto(ad. es. Nun canzarte ‘e cammenà scauzo(Non ti permettere di camminare scalzo!) Nun t’hê ‘a canzà’e ‘nchiudere ‘e libbre primma ‘e averte ‘mparato ‘a lezzione!(Non devi prenderti la libertà di chiudere i libri prima di avere studiato la lezione)).
Altra e del tutto diversa cosa è il verbo scanzare verbo transitivoche non rappresenta il contrario del verbo canzare come potrebbe, ma erroneamente lasciare intendere la sibilante (s) d’attacco che nella fattispecie non è una consonante distrattiva che inverte il senso del verbo, ma al contrario è la tipica s intensiva del napoletano che rafforza il concetto espresso dal verbo di partenza; scanzare è verbo che vale
1 tirare da parte, spostare, allontanare, per lo piú in modo provvisorio: scanzà ‘o tavulino ‘a faccia d’ ‘o muro(spostare il tavolino dal muro)
2 evitare, eludere schivare, sfuggire; ed etimologicamente è questo sí da un cansare→canzare con protesi di una s intensiva; cansare→canzare è voce marinaresca che fu un collaterale di campsare= doppiare,piegare, girare intorno; semanticamente l’eludere, lo schivare, lo sfuggire sono ricollegabili allo girare intorno.A chiusura di queste paginette mi piace aggiungere una simpatica espressione partenopea che suona: Signore mio scanza a mme e a cchi coglie.
Letteralmente: Signore mio fa salvo me e chiunque possa venir colto. È la locuzione invocazione che a mo’ di scongiuro viene rivolta a Dio quando ci si trovi davanti ad una situazione nella quale si corra il pericolo di finire sotto i colpi imprecisi e maldestri di qualcuno che si stia cimentando in operazioni non supportate da accertata perizia.
Scanza voce verbale qui 2° pers.sg. dell’imperativo,altrove anche 3° pers sg.ind. pres. dell’infinito scanzà/are.
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento e soddisfatto l’amico F.P., interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
Egregio Sig. Bracale, finalmente dopo tanto peregrinare, riesco a parlare con lei sul suo apprezzatissimo blog.
RispondiEliminaMi chiamo Giuseppe Capone, le scrivo da Maiori, Costiera Amalfitana, ho trentatrè anni e sono un appassionato di letteratura napoletana e soprattutto un "poeta" amatoriale di vernacolo napoletano, scrivendo delle poesiole che riscuotono, forse immeritatamente, un modesto consenso nei concorsi a cui partecipo di sovente. Detto questo, le voglio esternare tutto il mio apprezzamento, perchè è grazie anche alle innumerevoli lezioni di napoletano, che lei magistralmente elargisce sul suo blog, che io ho appreso più facilmente le numerose regole grammaticali dell'idioma partenopeo ed a tal proposito, volevo avere alcune delucidazioni in merito alla cosa, anche perchè a volte mi capita d'essere indeciso se non frastornato, nel dover opatare per alcune opzioni di cui voi, addetti ai lavori, vi rendete, vostro malgrado, protagonisti.
Mi spiego: per esempio: l'art. indeterminativo 'NU,'NA, lei afferma di scriverlo graficamente con il segno diacritico dell'aferesi, diversamente invece, un altro illustre, quanto lei, dialettologo, preofessore, esperto del dialetto napoletano, Carlo Iandolo(dai cui libri ho cominciato ad apprendere le prime regole grammaticali, alcuni anni or sono) inserisce nei suoi testi gli articoli indeterminativi senza segno diacritico, semplicemente solo: NU, NA ; e ancora: l'avverbio di luogo LLA, lei asserisce di scriverlo senza accentarlo, perchè a differenza dell'italiano dove si confonde con l'articolo det .fem. LA, l'avv. si accenta in LÀ, in napoletano non c'è un altro monosillabo per cui confondersi, ma contestualmente, il prof. Iandolo usa su i suoi testi, la grafìa accentata LLÀ.
Ora, fermo restando che sposo in pieno le sue tesi, (credendole, molto immodestamente, più consone e veritiere alla scrittura vernacolare) mi domando e le domando: perchè persone come lei e il signor Iandolo, (ce ne sarà sicuramente qualche altro di cui però, ignoro la fama) che hanno voce in capitolo e sono due dei professionisti più rinomati e stimati "del settore" e masticano la materia tanto da insegnarla, hanno idee così differenti in merito (e leggendo delle sue lezioni mi pare che lei abbia dissentito -non ricordo in merito a cosa- anche su alcune tesi del prof. De Falco)? Tutti noi che seguiamo la grafia vernacolare, dunque (appassionati, amatoriali come me o professionisti) dobbiamo essere indotti a pensare che la scrittura napoletana è basata sulle interpretazioni dei varii studiosi-dialettologi dell'idioma e quindi è soggetta a interpretazioni o ha (come credo) delle specifiche regole grammaticali?
Le pongo questo quesito perchè personalmente, da "studioso", sia pur amatorialmente, di dialetto napoletano, sono indotto in confusione nel dover sposare una tesi a dispetto dell'altra, fermo restando che sposo in pieno, come le ho già esternato prima, le sue;
forse si tratta del moderno dilemma che affonda le sue radici in quello antico del Galiani e di Luigi Serio, che avevano in merito al vernacolo partenopeo, due tesi contrapposte?
La ringrazio anticipatamente della sua squisita gentilezza, e rinnovandole la mia stima, onorandomi di essere un suo affezionato lettore e sostenitore, le porgo distinti saluti.