lunedì 18 febbraio 2013

VARIE 2262

VARIE 1. LL' AVIMMO FATTO 'E STRAMACCHIO. Letteralmente: l'abbiamo compiuto alla chetichella,- o anche di straforo, di soppiatto, quasi "alla macchia", ai margini della legalità. L'espressione ‘e stramacchio deriva pari pari dal latino extra mathesis, id est: al di fuori dei retti insegnamenti, dalle buone regole di condotta e perciò clandestinamente. 2. CHISTO È CCHILLO CA TAGLIAJE 'A RECCHIA A MMARCO. Letteralmente: Questo è quello che recise l'orecchio a Marco. La locuzione è usata per indicare ogni attrezzo che abbia perduto le proprie precipue capacità di destinazione d’uso ; segnatamente per es. un coltello che abbia perduto il filo e non sia piú adatto a tagliare, come la tradizione vuole sia accaduto con il coltello con il quale Simon Pietro, nell'orto degli ulivi recise l'orecchio a Malco (corrotto in napoletano in Marco), servo del sommo sacerdote. recchia= orecchio; la voce napoletana deriva da un lat. volg. *aricla con normale passaggio di cl intervocalico a cchj→cchi e con deglutinazione della a d’avvio intesa articolo. 3.’O CUMMANNÀ È MMEGLIO D''O FFOTTERE. Letteralmente: Il comando è migliore del coito. Id est: c'è più soddisfazione nel comandare che nel coire. La locuzione viene usata per sottolineare lo scorretto comportamento di chi - pur non avendone i canonici poteri - si limita ad impartire ordini e non partecipa alla loro esecuzione. ‘o cummannà = il comandare voce verbale infinito sostantivata neutra; cumnannà deriva da un lat. volg. *commandare (lat. class. commendare), comp. di cum 'con' e mandare 'affidare, raccomandare di cui mantiene (contrariamente all’italiano comandare) il raddoppiamento della m, con consueta assimilazione progressiva nd→nn ; meglio avverbio o altrove aggettivo sostantivato neutro ‘o mmeglio= meglio, il meglio; faccio notare che in epigrafe è scritto mmeglio con la geminazione della consonante d’avvio, dipesa dal fatto che la voce a margine segue la vocale e della voce verbale è di essere; l’etimo di meglio è dal latino melius con tipico passaggio di l→gl; ‘o ffottere = il fottere, il coire voce verbale sostantivata neutra dell’infinito fottere scritto ffottere con la geminazione della consonante d’avvio, dipesa dal fatto che la voce a margine segue la vocale o dell’art. ‘o; fottere= possedere sessualmente; avere rapporti sessuali ma anche figuratamente: imbrogliare, raggirare deriva dal latino volg. *futtere, per il class. futuere. coire, con i medesimi significati è dal latino coire da cum + ire ‘andare con; 4. ESSERE SEMPE CAZZA E CUCCHIARA CU QUACCHUNO Letteralmente: essere sempre cazza e cucchiaia con qualcuno; id est: aver rapporti cosí indissolubili con qualcuno fino a formar quasi un tutt’uno con lui alla stregua della cazza (contenitore della malta) che i muratori usano sempre in uno con la cucchiara (cazzuola), ed essa cazzuola è conservata a sera, al termine del lavoro nella cazza, per modo che sia facilmente reperita al mattino successivo quando si riprende il lavoro; per traslato la locuzione è usata nei confronti di tutti coloro che sceltosi un amico o un compagno non si separano da lui che per brevissimo lasso di tempo. La cazza come ò accennato fu in origine un recipiente per lo piú di ferro, provvisto di manico, nel quale si fondevano i metalli , poi indicò ed ancora indica. quel contenitore ,quel secchio di ferro in cui i muratori usano impastare malta e/o calcina; la voce è dal lat. tardo cattia(m), da collegarsi al gr. ky/athos 'coppa, tazza'; la voce è usata piú spesso in italiano che in napoletano dove il suddetto contenitore è chiamato piú acconciamente cardarella diminutivo adattato di caldara→cardara= caldaia = in origine recipiente metallico in cui si fa bollire o cuocere qualcosa e poi estensivamente ogni capace recipiente metallico atto a contenere materiali caldi o freddi; caldara→cardara è voce derivata del latino tardo caldaria(m), deriv. di calidus 'caldo'. Poiché, come ò detto, la voce cazza è poco nota e usata a Napoli accade che l’espressione in epigrafe venga talvolta impropriamente enunciata come Essere cazzo e cucchiara con un accostamento erroneo ed inconferente non essendovi certamente nessun nesso tra il membro maschile e la cucchiara= cucchiaia, cazzuola che è appunto la mestola che usano i muratori per prelevar la calcina o malta dalla cazza distribuendola e pareggiandola su muri e/o mattoni; cucchiara è di per sé il femminile di cucchiaro con etimo dal latino cochlearju(m) con normale semplificazione - di rj→r e chiusura di o in u in sillaba atona; cucchiaro è stato reso femminile appunto per indicare, come già dissi altrove, un oggetto più grande del corrispondente maschile (es.: tammurro più piccolo – tammorra più grande, tino più piccolo – tina più grande etc.);ugualmente è erroneo stravolgere l’espressione in epigrafe in (come pure talvolta m’è occorso d’udire) Essere tazza e cucchiara , atteso che la tazza , per grande che possa essere (fino a diventar una ciotola) potrebbe procedere di conserva con un cucchiaino (tazza da caffè) al massimo con un cucchiaio (tazza/ciotola da caffellatte) mai con una cucchiara (cazzuola). sempe= sempre, senza interruzione, senza fine (indica una continuità ininterrotta nel tempo): con etimo dal lat. semper con atipico troncamento della consonante finale r in luogo dell’atteso raddoppiamento rr e paragoge di una vocale semimuta finale (e/o) come altrove tramme←tram, bisse←bis, barre←bar, autobbusse←autobus. quaccuno = qualcuno, pronome indefinito forma sincopata di quaccheduno che è derivato da un qual(is) qui(=che) con assimilazione regressiva quacche + et unus ( = ed uno) donde quacc(hed)uno→quaccuno. 5.MIÉTTELE NOMME PENNA! Letteralmente: Chiamala penna! La locuzione viene usata, quasi volendo consigliare e suggerire rassegnazione, allorchè si voglia far intendere a qualcuno che à irrimediabilmente perduto una cosa, un oggetto, divenuto quasi (penna) piuma d'uccello; La piuma essendo una cosa leggera fa presto a volar via, procurando un cattivo affare a chi à incautamente operato un prestito atteso che spesso sparisce un oggetto prestato a taluni che per solito non restituiscono ciò che ànno ottenuto in prestito. A maggior conferma del fatto si usa dire che si ‘o priestito fosse bbuono ogneduno ‘mprestasse ‘a mugliera! (se il prestito fosse una cosa buona,ognuno impresterebbe la propria moglie...Rammenterò altresì che un tempo con la voce penna (dal lat. penna(m) 'ala' e pinna(m) 'penna, piuma', confluite in un'unica voce) a Napoli si indicò, oltre che la piuma d’un uccello, anche una vilissima moneta dal valore irrisorio, moneta che veniva spesa facilmente, senza alcuna remora o pentimento; tale moneta che valeva appena un carlino (nap. carrino) prese il nome di penna dal fatto che su di una faccia (rovescio) v’era raffigurata l’annunciazione a Maria Ss. effigiata sul lato dritto, mentre sul manco v’era l’arcangelo con un’ala (penna) dispiegata; ora sia che la penna in epigrafe indichi la piuma d’uccello, sia indichi la vilissima moneta, la sostanza dell’espressione non cambia, trattandosi di due cose: piuma o monetina che con facilità posson volar via e/o perdersi. miéttele nomme letteralmente mettigli nome e cioè chiamalo id est: ritienilo; miettele= metti a lui, poni+gli voce verbale (2° pers. sing. imperativo) dell’infinito mettere=disporre, collocare, porre con etimo dal lat. Lat. mittere 'mandare' e 'porre, mettere'; nomme = nome; elemento linguistico che indica esseri viventi, oggetti, idee, fatti o sentimenti; denominazione, con etimo dal lat. nomen e tipico raddoppiamento espressivo della labionasale m come avviene ad es. in ommo←hominem, ammore←amore(m), cammisa←camisia(m) etc. 6.FÀ ‘E FEBBIE Espressione intraducibile ad litteram che vale: prendere in giro, dileggiare,beffarsi, irridere (qualcuno) con atti o parole, ma molto piú spesso con un semplice comportamento e/o postura anche solo accennato/a, ma sarcastico/a con il quale si sottolinea ironicamente un motto, una parola o un atteggiamento della persona che si vuol deridere. Il s.vo m.le ferbio/febbio sg. di febbie è un collaterale di ferbone e con esso condivide l’etimo come qui preciso illustrando meglio ferbio/febbio s.vo m.le in doppia morfologia 1generica ma irritante piccola beffa, burla, irrisione. 2 molesta, fastidiosa, ma innocua canzonatura operata in genere da fanciulli/e in danno di coetanei o di pazienti adulti; etimologicamente la voce nella doppia morfologia (la seconda è un adattamento del parlato della prima con assimilazione regressiva rb→bb) è anche questa volta un derivato del fr. antico felpe; la scelta napoletana di rendere maschile una voce in origine femminile si deve al fatto che In napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso se maschile piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella, di talché trattandosi di una piccola beffa, burla, irrisione fu piú opportuno – in linea con quanto or ora détto – adottare un derivato maschile ferbio/febbio piuttosto che un derivato femminile ferbia/febbia morfologicamente forse piú esatto, ma inadatto a significare una beffa piccola,una burla contenuta. Qualora poi ci si volesse riferire ad una burla piú sostanziosa, ad un dileggio piú grosso che comportasse violenza di azione o gesto si fa ricorso ad un accrescitivo di ferbio/febbio e cioè a ferbone s.vo m.le con cui si indicò 1in primis ogni generico oggetto usato quale proiettile da indirizzare, al fine di farle saltar via, alle tube di malcapitati viandanti o – piú spesso – di ignari cocchieri assisi in serpa ai grossi carri per il trasporto urbano; 2 per estensione qualsiasi beffa, presa in giro, canzonatura, scherno, dileggio, motteggio, celia perpretata in danno di innocenti o ignari al solo gusto di riderne. Raffaele Bracale

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