giovedì 18 aprile 2013
JÍ ‘E RENZA , GGHÍ/JÍ ‘E SGUINCIO E GGHÍ ‘E RAZZAVIELLO
JÍ ‘E RENZA , GGHÍ/JÍ ‘E SGUINCIO E GGHÍ ‘E RAZZAVIELLO
Le locuzioni in epigrafe parrebbe, a prima vista, dicano la medesima cosa riferendosi ambedue ad un modo strano, non corretto di camminare. Non è cosí. C’è una differenza sostanziale tra le tre locuzioni;infatti jí ‘e renza si riferisce effettivamente ad un modo di camminare identificandolo nel procedere in modo obliquo, quasi inclinati su di un lato; diverso il gghí/jí ‘e sguincio che attiene ad un modo di camminare e propriamente a quel modo che comporta un’andatura di sghimbescio, tortuosa, e mentre la prima locuzione è usata solo in riferimento al modo di camminare, la seconda è riferita non solo ad un modo di procedere, ma anche ad un modo comportamentale che sia scorretto, subdolo, non lineare, in una parola: sleale; con la terza locuzione gghí ‘e razzaviello si ritorna nell’àmbito della deambulazione e solo in quello; la locuzione infatti (indicando precisamente il solo reale procedere a sghimbescio, in maniera ballonzolante a mo’ di trottola per di piú scentrata) non è mai usata in senso traslato come succede invece per gghí ‘e sguincio; non semplicissima l’etimologia del termine razzaviello peraltro assente nella gran parte dei calepini della parlata napoletana; il D’Ascoli che con il D’Ambra fu l’unico a trattare il termine, non lo indicó né come s.vo. né come agg.vo, né lo definí con chiarezza e fantasiosamente lo collegò all’agg.vo razzapelluso= ruvido a sua volta fatto derivare (sempre piú fantasiosamente) da raspulento= ruvido, rugoso, grinzoso; non si capisce proprio quale possa essere la strada semantica seguíta dal D’Ascoli per collegare qualcosa di ruvido, rugoso, grinzoso con qualcosa che proceda di sghimbescio o in maniera ballonzolante. No, non ci siamo! A mio avviso, restío come sono a trincerarmi dietro un pilatesco etimo incerto o sconosciuto, ipotizzo che razzaviello sia un s.vo (usato peraltro solo nella locuzione avv.le indicata) formato attraverso l’agglutinazione del sostantivo razza (variante locale di razzo=raggio di ruota) con un derivato della voce verbale *avellere collaterale di *e(x)vellere= strappare nel significato di raggio (di ruota)allentato o divelto e dunque scentrato e ballonzolante cosa che rimetterebbe a posto la questione semantica e metterebbe fine alle fantasie del D’Ascoli;proseguiamo: sguincio viene dal francese guenchir (procedere di sbieco) cui è premessa una S rafforzativa; il termine renza viene dal participio presente del verbo latino àerere= aderire; in napoletano infatti si dice pure tirarse ‘na renza cioè prendere un’abitudine, aderire ad un modo di fare.In coda rammento che delle tre espressioni solo quella che recita gghí/jí ‘e sguincio (andare di sguincio) è stata accolta nella lingua nazionale, quantunque assegnando al s.vo sguincio il significato di linea, struttura obliqua.di talché in italiano andare di sguincio vale procedere obliquamente e non (come esattamente è nel napoletano) procedere di sghimbescio, tortuosamente. Ma non è da meravigliarsi: è antico vizio di chi fa la lingua italiana, pescare nell’idioma partenopeo spesso però snaturando significato o morfologia delle voci accolte: ‘nu poco ‘e pacienza e ppeggio pe lloro!
.brak
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