venerdì 10 maggio 2013

E BRAVO Ô FESSO!

E BRAVO Ô FESSO! Letteralmente: E bravo allo sciocco! La frase in epigrafe la si usa sempre quando si voglia ironicamente plaudire all'operato di chi pretende, da saccente e supponente, con la propria azione di dimostrare la propria supposta valentia nei confronti di qualcuno a cui non riesca di agire alla medesima stregua. Piú chiaramente, la locuzione è usata a mo' di presa in giro di coloro che fanno le viste di ritenersi superiori agli altri e in realtà se lo sono non è per maggiori capacità fisiche e/o morali, ma solo per fortunose o ovvie transeunti ragioni. Per meglio chiarire, occorre che mi spieghi con un esempio. Poniamo vi sia un uomo infortunato alle gambe che abbia perciò difficoltà ad ascendere una scala a pioli. Si presenta lo sciocco arrogante di turno che, essendo pienamente integro nella sua salute, con irrisoria facilità ascende la scala e commenta (volendo fare intendere che l’infortunato è incapace di fare cose semplici non perché infortunato, ma perché inetto di costituzione), commenta con aria saccente: "Visto come è facile?". La risposta che si merita codesto sciocco è quella in epigrafe, che nel caso dell'esempio starebbe a significare: “Sei cosí stupido da non renderti conto che se anche io fossi nella mia integrità fisica, non avrei difficoltà a fare ciò che ài fatto tu!” A margine di tutto rammento che spesso autori sedicenti napoletani, ma colpevolmente a digiuno di semantica e/o sintassi e grammatica della parlata partenopea rendono l’espressione in epigrafe non cosí come riportato E bravo ô fesso! (Bravo allo sciocco!) con un inesatto E bravo ‘o fesso! (Bravo lo sciocco!) che a parte il fatto di non riprodurre l’esatto pensiero dell’autentico napoletano che mentalmente articola appunto Bravo allo sciocco! e non Bravo lo sciocco! a parte ciò, contraddice le statuizioni della grammatica e sintassi del napoletano dove un complemento oggetto d’una proposizione transitiva o l’oggetto delle esclamative non è mai introdotto dal semplice articolo determinativo ‘o (il)/’a(la)/ ‘e (le o gli) come càpita nella lingua italiana, ma è introdotto dalle prep. articolate ô = a+ ‘o(allo) oppure â(= a + ‘a= alla ) o ê (=a +’e = a gli – alle) in quanto la parlata napoletana, sulla scorta di un antico latino volgare parlato esige per i complementi oggetti di proposizioni transitive o esclamative (persone o esseri animati, ma non cose; es. aggiu visto a pàteto ( ò visto tuo padre), aggiu chiammato ô cane(ò chiamato il cane, ma aggiu pigliato ‘o bicchiere(ò preso il bicchiere) esige una a segnacaso che unita all’articolo di pertinenza del complemento oggetto determina, come ò già détto una preposizione articolata ô = a+ ‘o(al, allo),â(= a + ‘a= alla ) ê (a +’e = a gli – alle) brak

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