venerdì 26 luglio 2013

MARCOFFO ‘INT’Â LUNA Questa volta è stato il caro amico P. G. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) a chiedermi via e-mail di chiarirgli significato e portata dell’ espressione partenopea in epigrafe. Tento di soddisfare la sua richiesta premettendo che trattasi di espressione antichissima [risalente addirittura ai primi del 1500], ma non per questo desueta che vale aggetivalmente sciocco,imbecille È infatti ancóra in uso quale locuzione sarcastica riferita a chi balordo, tardo di mente,sciocco,stolido,intontito,quando non stordito, inebetito mostri un’aria melensa tarda, lenta, ottusa, sciocca, stupíta, inetta tal quale chi si perda ad osservare, (facendosene irretire, lusingare, blandire, adescare e rapire) le macchie lunari è piú segnatamente quelle cui il popolino attribuisce le fattezze di un non meglio identificato Marcolfo corrotto nell’uso popolare il Marcoffo con tipica assimilazione regressiva lf→ff . Interessante è ricordare che il nome di Marcolfo fu mutuato non da quello della genitrice di Bertoldino e moglie di Bertoldo, Marcolfa nell’opera omonima di Giulio Cesare Croce (San Giovanni in Persiceto, 1550 – †Bologna, 1609), ma da quello che fu del protagonista de il Dialogus Salomonis et Marcolphi, una novella medievale derivata dal ciclo salomonico contenente un dialogo satirico tipicamente medievale, del genere che solitamente appartiene alla tradizione dei clerici vagantes; piú precisamente si tratta di una novella [peraltro già citata tra i testi proibiti nel Decretum Gelasianum del VI secolo, dove appare come Scriptura quae appellatur Salomonis Interdictio ] nella quale il brutto ed astuto contadino Marcolfo incontra il re Salomone e dopo averne dileggiato la genealogia sacra (Ego sum de duodecim generacionibus prophetarum...), contrapponendovi la propria (Et ego sum de duodecim generacionibus rusticorum...) e quella della moglie Politana (Uxor vero mea de duodecim generacionibus lupitanarum...), inizia con lui una disputa durante la quale alla saggezza biblica di Salomone contrappone la sua arguzia contadina fatta di parodie, saggezza popolare e giochi di parole volgari. Atteso che il contadino Marcolfo era inteso brutto e deforme, nulla osta che le sue fattezze fossero ravvisate in alcune macchie lunari, capaci di attrarre con la loro stranezza l’attenzione degli sciocchi. E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico P.G. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est. Raffaele Bracale

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