martedì 17 dicembre 2013

VARIE 2725

1.CHI VO’ BBENE Ô MARITO, VEVE 'NCOPP'A LL'ACITO. Letteralmente: chi vuol bene al marito beve anche in presenza di una crisi di acidità gastrica.Id est: il bene coniugale fa superare ogni avversità, anche a costo di sacrificio quale è quello di bere in presenza di una crisi di stomaco con versamento acido.L'acito di per sé sarebbe l'aceto di vino, ma nella locuzione sta ad indicare quel succo acre che produce lo stomaco spesso a sèguito di cattiva digestione. 2.'E CUNTE A LLUONGHE ADDEVENTANO SIERPE. Letteralmente: i conti che si protaggono diventano serpenti. Id est: i debiti a lunga scadenza diventano velenosi come i serpenti. La locuzione stigmatizza in modo conciso la piaga dell'usura 3.DDIO NE LIBBERA DÊ SIGNATE. Letteralmente: Dio ci liberi dai segnati. Id est:Il Cielo ci liberi dalle persone segnate da un difetto fisico ché son coloro che, magari per acrimonia verso i piú fortunati o per un senso di rivalsa verso il mondo intero son pronti a commettere azioni riprovevoli, pur di affermarsi. La locuzione partenopea ripiglia l'antico motto latino: Cave a signatis!(attenti ai segnati). 4.SAN DUNATO, SAN DUNATO: SIMMO TUTTE STRUPPÏATE CHILLU LLA CCHIÚ BUNARIELLO TÈNE 'A GUALLERA E 'O SCARTIELLO. Filastrocca autoconsolatoria che sogliono ripetersi l'un l'altro i componenti un consesso nel quale nessuno sia esente da malanni o pecche fisiche; in italiano, suona: san Donato, san Donato siamo tutti conciati male; il migliore tra di noi à l'ernia e la gobba! 5.JÍ TRUVANNO SCESCÉ. Letteralmente: andare in cerca di pretesti, scuse se non esimenti per non fare qualcosa o cercare un appiglio per litigare. Il termine scescé non incarna una parola precisa, ma significa tutta una situazione: quella della pretestuosa ricerca e arriva nel napoletano per il tramite del francese chercher: cercare a significare il tipico reiterato andare e venire di chi cerca un quid, ma non sa bene quale esso sia e perché lo si cerchi. 6.ESSERE DITTO TÒRTANO E SSENZA 'NZOGNA. Letteralmente: esser chiamato tòrtano(= grossa ciambella rustica farcita, voce derivata dal lat.tort(ilis)tórto, ritórto addizionato del suff.di pertinenza atono ano← aneus), ma esser sprovvisto di sugna.Colui che viene indicato responsabile di qualcosa di cui - comprovatamente - non sia stato autore suole ribellarsi con la locuzione in epigrafe affermando cioè che non lo si può chiamare tòrtano, dal momento che egli è privo di strutto, ossia non lo si può ritenere responsabile d’alcunché in mancanza di prove certe, che - nella fattispecie – sarebbe lo strutto solo in presenza del quale si può attribuire il nome di tòrtano alla ciambella de qua, come solo in presenza di una prova provata si può accusare qualcuno d’aver commesso ciò che gli viene addebitato. Per intendere a pieno il significato della frase bisogna sapere che il tòrtano è una grossa ciambella rustica tipica del periodo pasquale, ricca di uova, salumi, provolone e formaggi, ma soprattutto di strutto che se manca non permette alla preparazione culinaria di esser detta: tòrtano; alla stessa stregua, non si può dare del ladro ad uno se non si à la prova provata del suo ladrocinio. 7.LL'ACQUA 'NFRACETA 'E BASTIMIENTE A MMARE. Letteralmente: l'acqua rende fradice le navi in mare. Cosí gli accaniti bevitori di vino sogliono respingere un bicchiere d'acqua che venga loro offerto, volendo significare che mutare le abitudini buone può essere pernicioso, se non deleterio. 8.AIZAMMO 'STU CUMMÒ! Letteralmente: solleviamo questo canterano! Id est: sobbarchiamoci questa fatica. A Napoli questa esclamazione viene pronunciata mo' di incitamento quando ci si trovi a principiare un'operazione materiale o meno, che si presuma faticosa e perciò scarsamente accetta quale quella di sollevare un pesante canterano in noce massello resi piú ponderoso da un ripiano superiore in marmo cipollino. Figuratamente poi a Napoli quando qualcuno impalma una donna tutt'altro che avvenente e, magari, molto anziana, si suole commentare con un sarcastico: s'è aizato 'stu cummò (à alzato questo mobile pesante!) 9.E' GGHIUTO 'O CCASO 'NCOPP' Ê MACCARUNE. Letteralmente: È finito il formaggio sui maccheroni. Id est: la faccenda à avuto la sua logica e sperata conclusione, allo stesso modo come una spolverata di formaggio conclude nel miglior dei modi la presentazione di un fumante piatto di maccheroni. È da rammentarsi che un tempo, a Napoli, quando i maccheroni venivano ammanniti per istrada a frettolosi avventori da appositi rivenditori detti "maccheronari" un piatto di maccheroni in bianco servito solo con l'aggiunta di formaggio e un po' di pepe si vendeva per due soldi ed era appunto detto 'o doje allattante cioè il due al latte, mentre i maccheroni al sugo di pomodoro costavano tre soldi ed erano detti 'o tre garibbalde con riferimento al rosso della camicia del masnadiero nizzardo. Esiste poi una locuzione che fotografa l’esatto contrario di quella or ora illustrata; ed è: 9 bis È GGHIUTO 'O CASO 'A SOTTO E 'E MACCARUNE 'A COPPA. È finito il cacio di sotto ed i maccheroni al di sopra. Cioè:La situazione si è voluta in maniera contraria alle attese e/o alla loicità; si è rivoltato il mondo.Normalmente infatti il cacio grattugiato dovrebbe guarnire dal di sopra una portata di maccheroni, non farle da strame. 10.VA TRUVANNO CHI LL'ACCIDE. Letteralmente: va in cerca di chi lo ammazzi. Lo si dice di chi, sciocco e masochista provochi il prossimo, lo stizzisca al punto da provocarne gli istinti omicidi nei propri confronti. 11.ESSERE BRUTTO CU 'O TÈ CU 'O NÈ, 'O PIRIPISSO E 'O NAIANÀ. Locuzione praticamente intraducibile che racchiude nei suoi quattro termini la quintessenza della bruttezza per modo che colui contro cui viene usata sarà indicato come l'essere piú brutto in circolazione. Tentare di individuare il significato dei quattro non-sense della locuzione è cosa impossibile ed inutile. 12.BUONO P'APARÀ 'O MASTRILLO. Letteralmente: buono per armare la trappolina.Il mastrillo (dal lat. mustricula→mastricla→mastrillo) è la piccola trappola per topi nella quale a mo' di esca si pone un piccolissimo pezzetto di formaggio; cosí che quando di si dice di una razione alimentare che è buona per armare la trappola, si vuol significare che la razione è veramente parva res, esigua e non adatta a soddisfare neppure un normale appetito. 13.JÍ ASCIANNO GUAJE CU 'O LANTERNINO. Letteralmente: andare alla ricerca di guai con la lanterna. Id est: cacciarsi nei guai quasi con voluttà al punto di andarne alla ricerca con una metaforica lanterna che illumini i luoghi dove i guai stanno nascosti. Il termine asciare significa cercare qualcosa con insistenza quasi fiutandola e viene dal latino adflare: annusare con consueta trasformazione di FL in SCI come per FLOS che in napoletano diventa SCIORE. 14.SÎ GGHIUTO A SSÈNTERTE 'A MESSA D''E DISPERATE? Letteralmente: Sei stato ad assistere alla messa dei disperati? Questa sarcastica domanda viene rivolta a chi si presenti tardi ad un appuntamento perché trattenuto da altra incombenza cominciata tardi e protrattasi quale quella messa che temporibus illis, quando non esistevano ancora le messe vespertine veniva celebrata a Napoli presso la Chiesa della Pietà dei Turchini in via Medina, messa che principiava tardissimo, alle ore 14.30, e che era frequentata dai piú incalliti tiratardi che spesso per assistere alla funzione mancavano l'appuntamento delle 15.00, orario canonico nel quale in tutte le cucine napoletane risuonava il fatidico "Menàte!" e cioè "calate la pasta " del pranzo domenicale. 15.SABBATO È ARRIVATO, STAMMO Â FINE D'''A SEMMANA: ALLONGA 'O PUNTO E ALLARGA 'A MANA. Letteralmente: sabato è giunto, siamo alla fine della settimana, allunga il punto e allarga la mano. La locuzione è pronunciata a mo' di disonesto consiglio allorché ci si trovi davanti alla scadenza di un termine che colga impreparati; allora - prendendo spunto dal disonesto consiglio dato da un sarto ai propri lavoranti,- si esorta a rabberciare il lavoro per portarlo a conclusione nei termini, anche se non nei modi previsti. Brak

Nessun commento:

Posta un commento