martedì 28 gennaio 2014

TENÉ ‘NA BBELLA MANA A FFÀ ZEPPE

TENÉ ‘NA BBELLA MANA A FFÀ ZEPPE Prendo spunto dalla lettura d’un articolo dell’amico A. M. (di cui per questioni di riservatezza mi limito ad indicare le iniziali di nome e cognome) per illustrare l’antica espressione partenopea in epigrafe usata in genere coniugata alla terza persona , espressione che l’amico riporta erroneamente come: Tené ‘na bbella mana a ffà zeppole stravolgendone conseguentemente significato e riferimento semantico. Infatti cosí come riportata dall’amico [che probabilmente, come dimostrerò, riporta un modo scorretto usato temporibus illis popolarmente(con bisticcio di lemmi tra zeppe e zeppole) in luogo dell’esatta espressione in epigrafe ]. L’espressione in esame esatta è quella riportata in epigrafe che è da tradursi: Avere una bella mano a far biette [cunei di legno o di metallo che serveno a rincalzare un mobile, a turare alla meglio un buco, o in genere a sostituire o surrogare qualche parte mancante] e va intesa in senso ironico e furbesco, atteso che è espressione riferita a dileggo di chi usi abitualmente metaforiche zeppe cioè puntelli giustificativi posti da chi intende rincalzare le proprie azioni o affermazioni palesemente zoppicanti e lo faccia in maniera continuativa,anche con argomentazioni non confacenti, con una buona dose di faccia tosta. Ben altro significato assume l’espressione quando venga stravolta in Tené ‘na bbella mana a ffà zeppole nel qual caso ci si intende riferire, sia pure ancòra ironicamente, a chi per abitudine è aduso ad esser scorretto e disonesto nei confronti degli altri, prendendo a modello un ipotetico pasticciere (ma non rosticciere) che scorretto e sleale lesini sul quantitativo d'impasto conferito nell’approntare le famose zeppole, che è un dolce in uso nella festività di san Giuseppe, dolce da non confondere con la preparazione rustica nota popolarmente sí come zeppulella, ma che in realtà è da chiamarsi, vedi ultra, correttamente pastacresciuta! Quanto è bello, icastico e complesso l’idioma napoletano; basta aggiungere un semplice suffisso [qui il sg. f.le ola o il corrispondente pl. ole] ad un medesimo tema [qui zepp] per alterare un termine,mutando zepp-e in zepp-ole e con ciò stravolgere l’intero significato d’una espressione! Per ciò che riguarda la voce verbale tene (3ª pers. sg. indicativo pres. dell’infinito tené)rimando alibi; qui mi soffermo sull’ agg.vo f.le bella [ dal lat. bĕll-am «carina, graziosa»,del m.le bell-us da *due-nŭlus, dim. di duenos, forma ant. di bonus] che nell’espressione in esame non vale attraente, avvenente, benfatta, chi/che desta nell’animo, per lo piú attraverso i sensi della vista o dell’udito, un’impressione esteticamente gradevole, ma vale (con riferimento semantico all’originario significato dell’agg.vo bonus/bona) adeguata, appropriata, atta, capace (di), confacente, conforme, conveniente, giusta, idonea, opportuna. La voce zeppola s.vo f.le, che in italiano, (con ogni probabilità con derivazione dal napoletano) indica esclusivamente quale sost. femm. (spec. pl.) una ciambella o frittella dolce tipica di alcune regioni dell'Italia meridionale, è presente nel lessico della parlata napoletana dove indica oltre che una tipica ciambella o frittella dolce (zeppola di san Giuseppe), anche una frittella rustica (‘a zeppulella) ed estensivamente un particolare difetto di pronuncia, una sorta di balbuzie che impedisce di esprimersi correttamente e chiaramente (tené ‘a zeppula ‘mmocca= avere la zeppola in bocca, come chi parlasse male masticando un pezzo di quella frittella(zeppola) dolce o rustica. Chiarito però che con l’originaria voce zeppola deve intendersi la ciambella dolce, e che, a mio sommesso, ma deciso avviso, l’uso di zeppola per la frittella rustica è un semplice adattamento di comodo, e che per tale frittella rustica sarebbe piú esatto (come vedremo trattando alibi della preparazione di tale frittella) parlare di pasta cresciuta o pastacrisciuta come mi sembra piú acconcio scrivere agglutinando sostantivo ed aggettivo, dirò che quanto all’etimologia di zeppola (ciambella dolce) una non confermata scuola di pensiero fa riferimento ad un tardo latino *zipula(m) peraltro(si noti l’asterisco) non attestato, laddove io reputo invece che zeppula (letteralmente zeppola) sia voce che abbia una derivazione dal latino serpula→seppula→zeppula/zeppola e debba indicare innanzi tutto e quasi esclusivamente il caratteristico dolce partenopeo, in uso per la festività di san Giuseppe(19 marzo) , di pasta bigné disposta, con un sac a poche, a mo’ di ciambella, poi fritta due volte: la prima in olio bollente e profondo, la seconda nello strutto o (meno spesso) cotta al forno, spolverizzata di zucchero e variamente guarnita con crema pasticciera ed amarene candite; il dolce à origini antichissime quando intorno al 500 a.C. si celebravano a Roma le Liberalia, che erano le feste delle divinità dispensatrici del 'vino e del grano nel giorno del 17 marzo. In onore di Sileno, compagno di bagordi e precettore di Bacco, si bevevano fiumi di vino addizionato di miele e spezie e si friggevano profumate frittelle di frumento; le origini del dolce dicevo furon dunque antichissime , anche se pare che la ricetta attuale delle napoletane zeppole di san Giuseppe (peraltro già riportata in un suo famoso manuale di cucina da Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino(2 settembre 1787 † 5 marzo 1859)) sia opera di quel tal Pasquale Pintauro(1815 ca) che fu anche, come vedemmo alibi, l’ideatore della sfogliatella, il quale rivisitando le antichissime frittelle romane di semplice fior di frumento,ed ispirandosi ai consigli del Cavalcanti diede vita alle attuali zeppole arricchendo l’impasto di uova,strutto ed aromi vari e procedendo poi ad una doppia frittura prima in olio profondo e poi nello strutto; la tipica forma a ciambella della zeppola rammenta – ò detto - la forma di un serpentello (serpula) quando si attorciglia su se stesso da ciò è quasi certo che sia derivato il nome di zeppola ( morfologicamente nel napoletano è normale il passaggio di S a Z e l’assimilazione regressiva rp→pp). zéppa s.vo f.le [voce di origine longob.]. – 1.in primis pezzo di legno che serve a rincalzare un mobile, o per turare alla meglio un buco, o in genere per sostituire o surrogare qualche parte mancante. 2. bietta, calzatoia, 3. fig. come nel caso che ci occupa puntello,rimedio improvvisato, pezza, taccone,toppa.... Satis est. R.Bracale Brak

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