venerdì 2 maggio 2014

VARIE 3032

1. NCE SERVONO'MPIGNA, MEZE SÒLE, GUARDIUNCIELLE E TTACCHE. Letteralmente:Occorrono tomaia, mezze suole, guardioni e tacchi. La frase viene usata quando si voglia significare di trovarsi davanti ad una situazione cosí disastrata che occorra procedere ad una bonifica di quasi tutti i suoi componenti come dinanzi ad un paio di scarpe particolarmente rovinato occorrerà procedere alla sostituzione delle tomaia,delle suole dei guardioni e dei tacchi, di talché converrebbe lo acquisto di un nuovo paio di scarpe piuttosto che portare a compimento una riparazione. 2.'A FATICA D''E FRACETE SE VENNE A CCARO PREZZO. Letteralmente: il lavoro degli svogliati, si vende caro. Id est: chi à scarsa voglia di lavorare richiede compensi altissimi per modo da spaventare e distogliere il committente dalla sua richiesta d'opera. 3.DALLE E DDALLE 'O CUCUZZIELLO ADDEVENTA TALLO. Letteralmente: dagli e dagli la zucchina diventa tallo.Id est: ad insistere sempre sulla medesima questione si finisce male come a cogliere zucchine continuamente non ne restano che le foglie. Il tallo è la foglia commestibile delle cucurbitacee, ma pure essendo edibile è sempre meno pregiata della zucchina che già di suo non è molto saporita. 4.QUANN'È PE VIZZIO, NUN È PECCATO! Letteralmente: Quando dipende da un vizio, non è peccato. A prima vista parrebbe che la locuzione si ponga agli antipodi della morale cristiana che considera peccato anche i vizi, soprattutto i capitali; ma tenendo presente che il vizzio(correttamente scritto in napoletano con due zete) della locuzione è il vitium latino, ovvero il mero difetto, si comprenderà la reale portata della frase che scusa la cattiva azione generata non per dolo, ma per mero difetto o errore. 5.PASSASSE LL'ANGELO E DICESSE: AMMENNE! Letteralmente: Possa passare un angelo e dire "Cosí sia!" La locuzione usata come in epigrafe con il congiuntivo ottativo la si adopera per augurarsi che accada qualcosa, sia nel bene che nel male; usata con l'indicativo à finalità imprecativa, mentre usata con il passato remoto serve quasi a spiegare che un determinato accadimento, soprattutto negativo è avvenuto perchè, l'angelo invocato è realmente passato ed à con il suo assenso prodotto il fatto paventato da taluno e augurato invece da un di lui nemico. 6.VA TRUVANNO: 'MBRUOGLIO, AIUTAME. Letteralmente: va alla ricerca di un imbroglio che lo soccorra. Cosí a Napoli si dice di chi in situazioni difficili e senza apparenti vie di scampo, si rifugi nell'astuzia, nell'inganno, in situazioni ingarbugliate rimestando nelle quali spera di trovare l'aiuto alla soluzione dei problemi 7.PARÉ PASCALE PASSAGUAJE. Letteralmente: sembrare Pasquale passaguai. Cosí sarcasticamente viene appellato chi si va reiteratamente lamentando di innumerevoli guai che gli occorrono, di sciagure che - a suo dire, ma non si sa quanto veridicamente - si abbattono su di lui rendendogli la vita un calvario di cui lamentarsi, compiangendosi, con tutti. Con il Pasquale della locuzione non si fa riferimento a qualcuno realmente esistito, ma ad un personaggio (Pasquale Barilotto) di farse del teatro napoletano (Petito) aduso a lamentarsi in continuazione di guai occorsigli. 8.PARÉ 'O PASTORE D''A MERAVIGLIA. Letteralmente: sembrare un pastore della meraviglia Id est: avere l'aria imbambolata, incerta, statica ed irresoluta quale quella di certuni pastori del presepe napoletano settecentesco raffiguratiin pose stupite ed incantate per il prodigio cui stavano assistendo; tali figurine in terracotta il popolo napoletano suole chiamarle appunto pasture d''a meraviglia, traducendo quasi alla lettera l'evangelista LUCA che scrisse: pastores mirati sunt. 9. MEGLIO A SAN FRANCISCO CA 'NCOPP'Ô MUOLO. Letteralmente: meglio (stare) in san Francesco che sul molo. Id est: di due situazioni ugualmente sfavorevoli conviene scegliere quella che comporti minor danno. Temporibus illis in piazza san Francesco, a Napoli nell’edificio che era stato un convento di francescani (i monaci di sant’Anna) e successivamente la Pretura, erano ubicate le carceri, mentre sul Molo grande era innalzato il patibolo che poi fu spostato in piazza Mercato; per cui la locuzione significa: meglio carcerato e vivo, che morto impiccato. 10. FUTTATENNE! Letteralmente:Infischiatene, non dar peso, lascia correre, non porvi attenzione. E' il pressante invito a lasciar correre dato a chi si sta adontando o si sta preoccupando eccessivamente per quanto malevolmente si stia dicendo sul suo conto o si stia operando a suo danno. Tale icastico invito fu scritto dai napoletani su parecchi muri cittadini nel 1969 allorché il santo patrono della città, san Gennaro, venne privato dalla Chiesa di Roma della obbligatorietà della "memoria" il 19 settembre con messa propria. I napoletani ritennero la cosa un declassamento del loro santo e allora scrissero sui muri cittadini: SAN GENNA' FUTTATENNE! Volevano lasciare intendere che essi, i napoletani, non si sarebbero dimenticati del santo quali che fossero stati i dettami di Roma. 11.FÀ ‘E UNO TABBACCO P''A PIPPA. Letteralmente: farne di uno tabacco per pipa. Id est ridurre a furia di percosse qualcuno talmente a mal partito al punto da trasformarlo, sia pure metaforicamente, in minutissimi pezzi quasi come il trinciato per pipa. 12. FÀ TRENTA E UNA TRENTUNO. Quando manchi poco per raggiungere lo scopo prefisso, conviene fare quell'ultimo piccolo sforzo ed agguantare la meta: in fondo da trenta a trentuno v'è un piccolissimo lasso. La locuzione rammenta l'operato di papa Leone X che fatti 30 cardinali, in extremis ne creò un trentunesimo. 13. ESSERE CARTA CANUSCIUTA. Letteralmente: essere carta nota,(carta segnata) Id est: godere di cattiva fama, mostrarsi inaffidabile e facilmente riconoscibile alla medesima stregua di una carta da giuoco opportunamente "segnata" dal baro che se ne serve. 14. ESSERE CCHIÚ FETENTE 'E 'NA RECCHIA 'E CUNFESSORE. Letteralmente: essere piú sporco di un orecchio di confessore. L'icastica espressione viene riferita ad ogni persona assolutamente priva di senso morale, capace di ogni nefandezza; tale individuo è parificato ad un orecchio di confessore, non perché i preti vivano con le orecchie sporche, ma perché i confessori devono, per il loro ufficio, prestare l'orecchio ad ogni nefandezza e alla summa dei peccati che vengono quasi depositati nell'orecchio del confessore, orecchio che ne rimane metaforicamente insozzato. 15.'O RIALO CA FACETTE BERTA Â NEPOTA: ARAPETTE 'A CASCIA E LLE DETTE 'NA NOCE. Letteralmente : il regalo che fece Beerta alla nipote: aprí la cassa e le regalò una noce. La locuzione è usata per sottolineare l'inconsistenza di un dono, specialmente quando il donatore lascerebbe intendere di essere intenzionato a fare grosse elargizioni che, all'atto pratico, risultano invece essere parva res. Brak

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