martedì 20 gennaio 2015

BROCCOLO

BROCCOLO Con il termine broccolo forma allungata e quasi diminutiva di brocco (dal basso latino broccu-m che originariamente stette per dente sporgente e poi per rampollo, germoglio ) si indica in primis il tallo della rapa e di talune qualità di cavoli quando cominciano a fiorire, varietà di cavolo dall'infiorescenza carnosa, di colore verde, simile a quella del cavolfiore, ma piú tenera e meno compatta; estensivamente poi col termine broccolo e sempre rifacendosi al broccu-m latino, si indica il bietolone, il sempliciotto, lo sciocco dall’aria melensa derivantegli appunto dalla postura dei denti sporgenti; tutto ciò in lingua toscana. Nell’idioma napoletano il broccolo diventa vruóccolo con la tipica alternanza di B/V e dittongazione della o tonica d’avvio(forse breve o intesa tale),ma con medesima strada etimologica dell’italiano; con il termine vruóccolo, infatti o meglio con il suo plurale vruoccole si indicano ugualmente all’italiano i talli della rapa e di talune qualità di cavoli quando cominciano a fiorire; con il medesimo plurale vruoccole in napoletano si indicano anche però tutte le moine, le leziosaggini,le effusioni giocose che sogliono scambiarsi gli innamorati, soprattutto da fidanzati, ma talvolta anche da sposati ed al proposito debbo ricordare che un tempo, quando ancora Napoli non era diventata, come poi è ed è stato, capitale dei maccheroni e della pasta, il cibo quotidiano dei partenopei, plebei e non, – complice la rigogliosità degli orti, dove eran largamente coltivati i broccoli, orti che circondavano la città (al segno che un tempo chi dovesse recarsi, dalla città bassa, sulla collina del Vomero, dove erano moltissimi orti coltivati, usava dire: vaco ‘mmiez’ê vruoccole: vado fra i broccoli) – era costituito dalla verdura, ed a tal cagione i napoletani erano detti comunemente mangiafoglie, un tempo, dicevo, vi fu un bello spirito stanco evidentemente di mangiar broccoli, che della cennata verdura (accanto a scarole,turzelle, vurraccia=borraggine o borragine (la voce italiana è derivata dal lat. mediev. borragine(m), mentre il napoletano vurraccia, con tipica alternanza partenopea b/v è dritto per dritto dall’arabo abu rach=burraccia con tipico raddoppiamento interno espressivo della r e della c e deglutinazione della a iniziale intesa articolo: aburach= ‘a burraccia; di per sé abu rachc significa "padre del sudore" forse per la particolare attività di questo vegetale che è sudorifero); la borraggine o borragine è usata a Napoli nella preparazione di minestre quasi esclusivamente vegetali, di frittelle etc. ; quando poi si addizionano ai vegetali (cicoria, scarola, borraggine o borragine e verza) varî tipi di carni: bovine, avicole e suine si ottiene la famosa minestra maritata detta pure pignato grasso ed in terra iberica olla potrida) costituiva la magna pars ebbe ad esclamare: ‘e vruoccole so’ bbuone dint’ ô lietto, giocando sull’omografia ed omofonia del termine vruoccole, che ovviamente nella frase pronunciata stavano per moine, effusioni amorose e non certo per talli della rapa o del cavolo. Chi è uso dedicarsi ai vruoccole ,intesi come moine etc. in napoletano è detto vrucculuso, ma piú spesso al femminile vrucculosa, atteso che le donne, piú che gli uomini tendono o almeno tendevano ad avere atteggiamenti sdolcinati comportanti le moine di cui sopra. Termino rammentando che, cosí come in italiano, il termine broccolo, anche in napoletano può indicare lo sciocco, il bietolone, il sempliciotto dall’aria melensa, ma in tale accezione, a Napoli, piú che il semplice termine vruoccolo, s’usa l’espressione ‘o père ‘e vruoccolo id est la intera pianta di broccolo, che per essere abbastanza alta e fronzuta ben si presta ad indicare chi sia grandemente sciocco, sempliciotto o melenso. Raffaele Bracale

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