venerdì 13 febbraio 2015

VARIE 15/156

1. 'AMMUINA È BBONA P''A GUERRA... Ad litteram: il caos, la baraonda è utile in caso di guerra; id est: per aver successo in caso di lotta occorre che ci sia del caos, della baraonda; mestando in esse cose si può giungere alla vittoria nella lotta intrapresa. 2. ASTIPATE 'O PIEZZO JANCO PE CQUANNO VÈNENO 'E JUORNE NIRE. Ad litteram: conserva il pezzo bianco per quando verranno le giornate nere. Id est: cerca di comportarti come una formica; non dilapidare tutto quel che ài: cerca di tener da parte sia pure un solo scudo d'argento (pezzo bianco) di cui potrai servirti quando verranno le giornate di miseria e bisogno. 3. MALE O BBENE A FFINE VÈNE. Ad litteram: il male o il bene ànno un loro termine. Id est: Non preoccuparti soverchiamente ma, ugualmente non vivere sugli allori perché sia il male sia il bene che ti incorrono,non sono eterni e come son cominciati, cosíprima o poi finiranno. 4. CHI TÈNE PANE E VVINO, 'E SICURO È GGIACUBBINO. Ad litteram: chi tiene pane e vino, di certo è giacobino. Durante il periodo (23/1-13/6 1799)della Repubblica Partenopea, il popolo napoletano considerava benestanti, i sostenitori del nuovo regime politico. Attualmente il proverbio è inteso nel senso che sono ritenuti capaci di procacciarsi pane e vino, id est: prebende e sovvenzioni coloro che militano o fanno vista di militare sotto le medesime bandiere politiche degli amministratori comunali, regionali o provinciali che a questi nuovi giacobini son soliti procacciare piccoli o grossi favori, non supportati da alcuna seria e conclamata bravura, ma solo da una vera o pretesa militanza politica. 5. DICETTE 'O PAGLIETTA: A TTUORTO O A RRAGGIONE, 'A CCA À DDA ASCÍ 'A ZUPPA E 'O PESONE. Ad litteram: disse l'avvocatucolo: si abbia torto o ragione, di qui devon scaturire il pasto e la pigione; id est: non importa se la causa sarà vinta o persa, è giusto assumerne il patrocinio che procurerà il danaro utile al sostentamento e al pagamento del fitto di casa. Oggi il proverbio è usato quando ci si imbarchi in un'operazione qualsiasi senza attendersene esiti positivi, purché sia ben remunerata. 6. 'O DIAVULO, QUANNO È VVIECCHIO, SE FA MONACO CAPPUCCINO. Ad litteram: il diavolo diventato vecchio si fa monaco cappuccino. Id est: spesso chi hà vissuto una vita dissoluta e peccaminosa, giunto alla vecchiaia, cerca di riconciliarsi con Dio nella speranza di salvarsi l'anima in extremis. 7. CHI TÈNE 'O LUPO PE CUMPARE, È MMEGLIO CA PURTASSE 'O CANE SOTT'Ô MANTIELLO. Ad litteram: chi à un lupo per socio, è meglio che porti il cane sotto il mantello. Id est: chi à cattive frequentazioni è meglio che si premunisca fornendosi di un fidato amico che gli possa dare un adeguato aiuto nelle necessità che gli si presenteranno proprio per le cattive frequentazioni. Da notare come in napoletano il congiuntivo esortativo non è reso con il presente, ma con l'imperfetto... 8. SI 'O CIUCCIO NUN VO' VÉVERE, AJE VOGLIA D''O SISCÀ... Ad litteram: se l'asino non vuole bere, potrai fischiare quanto vuoi (non otterrai nulla)Id est: il testardo si redime ed accetta il nuovo solo con il proprio autoconvincimento... 9. MO M'HÊ ROTTE CINCHE CORDE 'NFACCI' Â CHITARRA E 'A SESTA POCO TENE. Ad litteram: ora mi ài rotto cinque corde della chitarra e la sesta è prossima a spezzarsi o a rendersi inutile. Simpatica locuzione che a Napoli viene pronunciata verso chi à cosí tanto infastidito una persona da condurlo all'estremo limite della pazienza e dunque prossimo alla reazione conseguente, come chi vedesse manomessa la propria chitarra nell'integrità delle corde di cui cinque fossero state rotte e la sesta allentata al punto tale da non poter reggere piú l'accordatura. 10. COPPOLA PE CAPPIELLO E CASA A SANT'ANIELLO. Ad litteram:Berretto per cappello, ma casa a sant'Aniello (a Caponapoli). Id est: vestirsi anche miseramente, ma prendere alloggio in una zona salúbre ed ariosa, poiché la salute viene prima dell'eleganza, ed il danaro va speso per star bene in salute, non per agghindarsi. 11. TENÉ TUTTE 'E VIZZIE D''A ROSAMARINA. Ad litteram: avere tutti i vizi del rosmarino. Id est: avere tutti i difetti possibili, essere cioè così poco affidabile ed utile alla stregua del rosmarino, l'erba aromatica che serve a molto poco; infatti oltre che per dare un po' di aroma non serve a nulla: non è buona da ardere, perché brucia a stento, non fa fuoco, per cui non dà calore, non produce cenere che - olim - serviva per il bucato, ed accesa, fa solo molto, fastidioso, incoferente fumo... 12. SI 'O SIGNORE NUN PERDONA A 77, 78 E 79, LLA 'NCOPPA NCE PO’ APPENNERE 'E PUMMAROLE. Ad litteram: Se il Signore non perdona ai diavoli(77), alle prostitute(78) ed ai ladri(79), lassú (id est: in paradiso ) ci potrà appendere i pomodori. Id est: poiché il mondo è popolato esclusivamente da peccatori: ladri, prostitute e cattivi soggetti in genere (diavoli), il Signore Iddio se vorrà accogliere qualcuno in paradiso, dovrà perdonare a tutti o si ritroverà con uno spazio enormemente vuoto che per riempirlo dovrebbe solo coltivarci pomidoro. 13. CHILLO SE METTE 'E DDETE 'NCULO E CCACCIA 'ANIELLE. Ad litteram: Quello si mette le dita nel sedere e tira fuori anelli. Id est: la fortuna di quell'essere è cosí grande che è capace di procurarsi beni e ricchezze anche nei modi meno ortodossi o possibili. 14.'A FEMMENA È CCOMM’ Â CAMPANA: SI NUN 'A TUCULIJE, NUN SONA. Ad litteram: la donna è come una campana: se non l'agiti non suona; id est: la donna à bisogno di esser sollecitata per tirar fuori i propri sentimenti, ma pure i propri istinti. 15.'A FEMMENA BBONA SI - TENTATA - RESTA ONESTA, NUN È STATA BUONO TENTATA. Ad litteram: una donna procace, se - una volta che venga tentata - resta onesta, significa che non è stata tentata a sufficienza. Lo si dice intendendo affermare che qualsiasi donna, in ispecie quelle procaci si lasciano normalmente cadere in tentazione; e se non lo fanno è perché... il tentatore non è stato all'altezza del compito... 16.TRE CCOSE NCE VONNO P''E PICCERILLE: MAZZE, CARIZZE E ZIZZE! Ad litteram: tre son le cose che necessitano ai bimbi: busse, carezze e tette. Id est: per bene allevare i bimbi occorrono tre cose il sano nutrimento(le tette), busse quando occorra punirli per gli errori compiuti, premi (carezze)per gratificarli quando si comportano bene. 17.'E PEJE JUORNE SO' CCHILLE D''A VICCHIAIA. Ad litteram: i peggiori giorni son quelli della vecchiaia; il detto riecheggia l'antico brocardo latino: senectus ipsa morbus est; per solito, in vecchiaia non si ànno più affetti da coltivare o lavori cui attendere, per cui i giorni sono duri da portare avanti e da sopportare specie se sono corredati di malattie che in vecchiaia non mancano mai... 18.DIMMÈNNE N'ATA, CA CHESTA GGIÀ 'A SAPEVO. Ad litteram: raccontamene un'altra perché questa già la conoscevo; id est: se ài intenzione di truffarmi o farmi del male, adopera altro sistema, giacché questo che stai usando mi è noto e conosco il modo di difendermi e vanificare il tuo operato. 19.DENARO 'E STOLA, SCIOSCIA CA VOLA. Ad litteram: denaro di stola, soffia che vola via. Id est: il danaro ricevuto o in eredità, o in omaggio da un parente prete, si disperde facilmente, con la stessa facilità con cui se ne è venuto in possesso e ciò perché nel malevolo inteso comune un sacerdote che faccia un dono o lasci beni in eredità, lo fa sempre accompagnandoli da maledizioni... 20.FATTE CAPITÀNO E MAGNE GALLINE. Ad litteram: diventa capitano e mangerai galline: infatti chi sale di grado migliora il suo tenore di vita, per cui, al di là della lettera, il proverbio può intendersi:(anche se non è veramente accaduto), fa' le viste di esser salito di grado, così vedrai migliorato il tuo tenore di vita. 21.'E MARIUOLE CU 'A SCIAMMERIA 'NCUOLLO, SO' PPEJE 'E LL' ATE. Ad litteram: i ladri eleganti e ben vestiti sono peggiori degli altri. Id est: i gentiluomini che rubano sono peggiori e fanno piú paura dei poveri che rubano magari per fame o necessità 22.DICETTE FRATE EVARISTO:"PE MMO, PIGLIATE CHISTO!" Ad litteram: disse frate Evaristo: Per adesso, prénditi questo!"Il proverbio viene usato a mo' di monito, quando si voglia rammentare a qualcuno, che si stia eccessivamente gloriando di una sua piccola vittoria, che per raggiungerla à dovuto comunque sopportare qualche infamante danno. Il frate del proverbio fu tentato dal demonio, che per indurlo al peccato assunse l'aspetto di una procace ragazza discinta; il frate si lasciò tentare e partì all'assalto delle grazie della ragazza che - nel momento culminante della tenzone amorosa riprese le sembianze del demonio e principiò a prendersi giuoco del frate, che invece portando a compimento l'operazione sodomitica iniziata pronunciò la frase in epigrafe. 23.CHI RIDE D''O MMALE 'E LL'ATE, 'O SSUĴO STA ARRET' Â PORTA. Ad litteram: chi ride delle digrazie altrui, à le sue molto prossime; id est: chi o per cattiveria o per insipienza si fa beffe del male che à colpito altre persone, dovrebbe sapere che - presto o tardi - il male potrebbe colpire anche lui... 24.È 'NA BBELLA JURNATA E NISCIUNO SE 'MPENNE. Ad litteram: È una bella giornata e nessuno viene impiccato.Con la frase in epigrafe, un tempo erano soliti lamentarsi i commercianti che aprivano bottega a Napoli nei pressi di piazza Mercato dove erano innalzate le forche per le esecuzioni capitali; i commercianti si dolevano che in presenza di una bella giornata non ci fossero esecuzioni cosa che, richiamando gran pubblico, poteva far aumentare il numero dei possibili clienti. Oggi la locuzione viene usata quando si voglia significare che ci si trova in una situazione a cui mancano purtroppo le necessarie premesse per il conseguimento di un risultato positivo. 25.'E MEGLIO AFFARE SO' CCHILLE CA NUN SE FANNO. Ad litteram: i migliori affari sono quelli che non vengono portati a compimento; siccome gli affari - in ispecie quelli grossi - comportano una aleatorietà, spesso pericolosa, è più conveniente non principiarne o non portarne a compimento alcuno. 26.QUANNO 'E FIGLIE FÓTTENO, 'E PATE SO' FFUTTUTE. Ad litteram: quando i figli copulano, i padri restano buggerati Id est: quando i figli conducono una vita dissoluta e perciò dispendiosa, i padri ne sopportano le conseguenze o ne portano il peso; va da sé che con la parola fòtteno non si deve intendere il semplice, naturale, atto sessuale, ma piú chiaramente quello compiuto a pagamento. 27.PRIMMA T'AGGI''A 'MPARÀ E PPO T'AGGI''A PERDERE.... Ad litteram: prima devo insegnarti(il mestiere) e poi devo perderti. Così son soliti lamentarsi, dolendosene, gli artigiani partenopei davanti ad un fatto incontrovertibile: prima devono impegnarsi per insegnare il mestiere agli apprendisti, e poi devono sopportare il fatto che costoro, diventati provetti, lasciano la bottega dove ànno imparato il mestiere e si mettono in proprio, magari facendo concorrenza al vecchio maestro. 28.'NA MELA VERMENOSA NE 'NFRACETA 'NU MUNTONE. Basta una sola mela marcia per render marce tutte quelle con cui sia a contatto. Id est: in una cerchia di persone, basta che ve ne sia una sola cattiva, sleale o peggio, per rovinare tutti gli altri. 29.CHELLA CA LL'AIZA 'NA VOTA, LL'AIZA SEMPE. Ad litteram: quella che la solleva una volta, la solleverà sempre. Id est: una donna che tiri su le gonne una volta, le tirerà su sempre; più estesamente: chi commette una cattiva azione, la ripeterà per sempre; non bisogna mai principiare a delinquere , altrimenti si corre il rischio di farlo sempre. 30.CHELLA CAMMISA CA NUN VO' STÀ CU TTE, PÍGLIALA E STRÀCCIALA! Ad litteram: quella camicia che non vuole star con te, stràppala! Id est: allontana, anche violentemente, da te chi non accetta la tua amicizia o la tua vicinanza. 31. CHIAMMÀ A SAN PAOLO PRIMMA ‘E VEDÉ ‘A SERPE Ad litteram: Invocare (la protezione di) san Paolo prima di scorgere un serpente (che possa nuocere). Con riferimento a chi, vigliacco o eccessivamente pauroso, prima dell’appalesarsi d’un pericolo si ponga in posizione difensiva chiamando addirittura in soccorso la protezione dei santi. Nella fattispecie l’apostolo Paolo è invocato quale protettore nel caso di incresciosi incontri con serpenti; e ciò perché pare che il suddetto apostolo durante il viaggio che lo condusse da Gerusalemme a Roma (dove essendo civis romanus subí il martirio della decapitazione e non quella della crocefissione riservata a gli schiavi ed a chi non avesse cittadinanza romana) subisse il morso d’una vipera ma ne restasse miracolosamente illeso. 32.UOVO 'E N'ORA, PANE 'E 'NU JUORNO, VINO 'E N'ANNO E GUAGLIONA 'E VINT'ANNE. Ad litteram: uovo di un'ora, pane di un giorno, vino di un anno, e ragazza di vent'anni. Questa è la ricetta di una vita sana e contenutamente epicurea. Ad essa non devono mancare uova freschissime, pane riposato per lo meno un giorno, quando pur mantenendo la sua fragranza à avuto tempo di rilasciare tutta l'umidità dovuta alla cottura, vino giovane che è il piú dolce ed il meno alcoolico, ed una ragazza ancora nel fior degli anni,capace di concedere tutte le sue grazie ancora intatte. 33.A CHI PIACE LU SPITO, NUN PIACE LA SPATA. Ad litteram: a chi piace lo spiedo, non piace la spada. Id est: chi ama le riunioni conviviali(adombrate - nel proverbio - dal termine "spito" cioè spiedo), tenute intorno ad un desco imbandito, è di spirito ed indole pacifici, per cui rifugge dalla guerra (la spata cioè spada del proverbio). 34.ADDÓ NUN MIETTE LL'ACO, NCE MIETTE 'A CAPA. Ad litteram: dove non metti l'ago, ci metterai il capo.Id est: occorre porre subito riparo anche ai piccoli danni, ché - se lasciati a se stessi - possono ingigantirsi al punto di dare gran nocumento; come un piccolo buco su di un abito, se non riparato in fretta può diventare cosí grande da lasciar passare il capo, cosí un qualsiasi piccolo e fugace danno va riparato subito, prima che ingrandendosi, non produca effetti irreparabili. 35.ZITTO A CCHI SAPE 'O JUOCO! ZITTO CHI SAPE 'O JUOCO! Ad litteram: zitto chi conosce il giuoco! Id est: faccia silenzio chi è a conoscenza del trucco o dell'imbroglio. Con la frase in epigrafe olim si solevano raccomandare ai monelli spettatori dei loro giochi, i prestigitatori di strada, affinché non rivelassero il trucco compromettendo la buona riuscita del giuoco da cui dipendeva una piú o meno congrua raccolta di moneta.La locuzione fu in origine sulla bocca dei saltimbanchi che si esibivano a nelle strade adiacenti la piazza Mercato e/o Ferrovia, nel bel mezzo di una cerchia di monelli e/o adulti perdigiorno che non potendosi permettere il pur esiguo costo di un biglietto per accedere ai teatrini zonali ed assistervi a gli spettacoli, si accontentavano di quelli fatti in istrada da girovaghi saltimbanchi che si esibivano su palcoscenici di fortuna ottenuti poggiando delle assi di legno su quattro o piú botti vuote. Spesso tali spettatori abituali, per il fatto stesso di aver visto e rivisto i giochi fatti da quei saltimbanchi/ prestigitatori di strada avevano capito o carpito il trucco che sottostava ai giochi ed allora i saltimbanchi/ prestigitatori che si esibivano con la locuzione zitto chi sape 'o juoco! invitavano ad una sorta di omertà gli astanti affinché non svelassero ciò che sapevano o avevano carpito facendo perdere l’interesse per il gioco in esecuzione, vanificando la rappresentazione e compromettendo la chétta, la raccolta di monete operata tra gli spettatori, raccolta che costituiva la magra ricompensa per lo spettacolo dato. Per traslato cosí, con la medesima espressione son soliti raccomandarsi tutti coloro che temendo che qualcuno possa svelare imprudentemente taciti accordi, quando non occultati trucchi, chiedono a tutti un generale, complice silenzio.Rammento infine a completamento dell’illustrazione della locuzione un’altra espressione che accompagnava quella in esame: ‘a fora ‘o singo! e cioè: Fuori dal segno! Che era quello che tracciato con un pezzo di gesso rappresentava il limite invalicabile che gli spettatori non dovevano oltrepassare accostandosi troppo al palcoscenico, cosa che se fosse avvenuta poteva consentire ai contravventori di osservare piú da presso le manovre dei saltimbanchi/ prestigitatori, scoprendo trucchi e manovre sottesi ai giochi, con tutte le conseguenze già détte. 36.VUÓ CAMPÀ LIBBERO E BBIATO: MEGLIO SULO CA MALE ACCUMPAGNATO. Ad litteram: vuoi vivere libero e beato: meglio solo che male accompagnato Il proverbio in epigrafe, in fondo traduce l'adagio latino: beata solitudo, oh sola beatitudo. 37.QUANNO 'NA FEMMENA S'ACCONCIA 'O QUARTO 'E COPPA, VO' AFFITTÀ CHILLO 'E SOTTO. Ad litteram: quando una donna cura eccessivamente il suo aspetto esteriore, magari esponendo le grazie di cui è portatrice, lo fa nella speranza di trovar partito sotto forma o di marito o di uno che soddisfi le sue voglie sessuali. 38.QUANNO QUACCHE AMICO TE VENE A TRUVÀ, QUACCHE CAZZO LLE VÈNE A MMANCÀ Ad litteram: quando qualche amico ti viene a visitare, qualcosa gli manca (e la vuole da te)Id est: non bisogna mai attendersi gesti di liberalità o affetto; anche quelli che reputiamo amici, sono - in fondo - degli sfruttatori, che ti frequentano solo per carpirti qualcosa. 39.LL'UOCCHIE SO' FFATTE PE GUARDÀ, MA 'E MMANE PE TUCCÀ. Ad litteram: gli occhi sono fatti per guardare, ma le mani (son fatte) per toccare. Con questo proverbio, a Napoli, sogliono difendere (quasi a mo' di giustificazione) il proprio operato, quelli che - giovani o vecchi che siano - sogliono azzardare palpeggiamenti delle rotondità femminili. 40.ABBRUSCIÀ ‘O PAGLIONE Ad litteram: bruciare il pagliericcio id est: far terra bruciata attorno a qualcuno. Grave minaccia con la quale si comunica di voler procurare, a colui cui è rivolta, un grave, gravissimo anche se non specificato danno; la locuzione rammenta ciò che erano soliti fare gli eserciti sconfitti , in ispecie quelli francesi che nell’abbondonare l’accampamento fino a quel momento occupato, usavano bruciare tutto per modo che l’esercito sopravveniente non potesse averne neppure un sia pur piccolo tornaconto.Oggi la locuzione in epigrafe è usata con due significati, uno meno grave, l’altro piú duro; nel significato meno duro l’espressione significa mancare a un impegno, a un appuntamento; nel significato piú minaccioso l’espressione è usata per minacciar imprecisati ma totali danni; infatti con l’espressione T’aggi’ ‘abbruscià ‘o paglione! si vuol significare: Devo arrecarti tutto il danno possibile, bruciandoti persino il pagliericcio su cui dormi, per non darti piú modo neppure di riposare! Anticamente l’espressione in epigrafe valeva furbescamente (con un ardito, appaiamento [per sineddoche] tra il pagliericcio ed il fondoschiena che su quello era adagiato!) come minaccia di sodomizzazione. abbruscià = bruciare, ardere, incendiare,consumare, distruggere, rovinare con l'azione del fuoco o del calore. l’etimo è da un lat. volg. ad+brusiare→abbrusiare→abbrusciare/à paglione s. m. = pagliericcio, saccone pieno di paglia o foglie secche usato come materasso; quanto all’etimo paglione è un evidente accrescitivo (cfr. suff. one) di paglia che è dal lat. palea Brak

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