venerdì 13 marzo 2015
VARIE 15/188
1 - ZAPPA 'E FEMMENA E SSURCO 'E VACCA, MALA CHELLA TERRA CA L'ANCAPPA.
Ad litteram:Povera quella terra che sopporta una zappatura operata da una donna ed un solco prodotto dal lavoro di una mucca(invece che di un bue).Proverbio marcatamente maschilista, nato in ambito contadino, nel quale è adombrata la convinzione che il lavoro femmineo, non produca buoni frutti e sia anzi deleterio per la terra.
2 - 'AMICE E VVINO ÀNNO 'A ESSERE VIECCHIE!
Ad litteram: gli amici ed il vino (per essere buoni) devono essere di antica data.ComeIl vino buono e di sostanza non è certamente quello novello, ma quello stagionato, maturato in botte, cosí i migliori amici sono quelli di vecchia data, quelli che ànno potuto già dare concreta prova di affetto, attaccamento ed affezione.
3 -'A MEGLIA VITA È CCHELLA D''E VACCARE PECCHÉ, TUTTA 'A JURNATA, MANEJANO ZIZZE E DDENARE.
Ad litteram: la vita migliore è quella degli allevatori di bovini perché trascorrono l'intera giornata palpando mammelle (per la mungitura delle vacche)e contando il denaro (guadagnato con la vendita dei prodotti caseari); per traslato furbesco: la vita migliore è quella che si trascorre tra donne e danaro.
4 -'O TURCO FATTO CRESTIANO, VO' 'MPALÀ A TTUTTE CHILLE CA JASTÉMMANO.
Ad litteram: il turco diventato cristiano vuole impalare tutti i bestemmiatori. Id est: I neofiti sono spesso troppo zelanti e perciò pericolosissimi.
5 -'O PATATERNO ADDÓ VEDE 'A CULATA, LLA SPANNE 'O SOLE
Ad litteram: il Padreterno dove vede un bucato sciorinato, lí invia il sole. Id est: la bontà e la provvidenza del Cielo sono sempre presenti là dove occorrono.
Culata s. f. 1 lavatura della biancheria fatta con acqua, sapone, liscivia o altri detersivi: fare il bucato | lenzuola di bucato, appena lavate, pulitissime
2 la biancheria già lavata.
Deverbale di colare che è dal lat. colare deriv. di colum (filtro); la voce corrisponde all’italiano
bucato s. m.
1 lavatura della biancheria fatta con acqua, sapone, liscivia o altri detersivi: fare il bucato | lenzuola di bucato, appena lavate, pulitissime
2 la biancheria da lavare o già lavata: preparare, stendere il bucato.
Deriv. del francone *bukon 'immergere'
6 -'O GALANTOMO APPEZZENTÚTO, ADDIVENTA 'NU CHIAVECO.
Ad litteram: il galantumo che va in miseria, diventa un essere spregevole. In effetti la disincantata osservazione della realtà dimostra che chi perde onori e gloria, diventa il peggior degli uomini giacché si lascia vincere dall'astio e dal livore verso coloro che il suo precedente status gli consentiva di tenere sottomessi e che nella nuova situazione possono permettersi di alzare la testa e contrattare alla pari con lui.
chiaveco= essere spregevole, sporco, cattivo non solo fisicamente, ma soprattutto moralmente;
sost. ed agg.vo maschile ricavato maschilizzando un originario femm.le chiaveca= fogna, porcheria, sozzura; donde i significati estensivi del maschile che sono quelli già elencati di essere spregevole, etc.. L’etimo di chiaveca è da un acc.vo tardo latino clàvica(m) per il classico cloaca(m), con consueto passaggio di cl→ chj→chi come ad es. claru(m)→chiaro, clausu(m)→chiuso.
7- QUANNO CHIOVENO PASSE E FICUSECCHE
Ad litteram: quando pioveranno uva passita e fichi secchi Id est: mai; La locuzione è usata, per dileggio, a sarcastico commento di avvenimenti che si pensa non potranno mai verificarsi, o di situazioni che vengono ritenute non suscettibili di miglioramento alcuno, che potrebbe verificarsi solo nel caso di una fortuita ipotetica pioggia(novella manna) di uva passita e fichi secchi, evento - peraltro – ritenuto chiaramente impossibile da verificarsi.
quanno = quando, allorché ogni volta che, tutte le volte che (con valore iterativo) giacché, dal momento che (con valore causale):: avv. di tempo derivato dal latino quando con assimilazione progressiva nd→nn;
chiovono= letteralmente piovono voce verbale (3ª pers. plur. ind. presente) dell’infinito chiovere che è dal latino pluere con tipico passaggio di pl→chi (vedi alibi: plaga→chiaia,chino←plenum,cchiú←plus,platea→chiazza, chiummo←plumbeum etc.) ed epentesi eufonica della v (vedi alibi:ruina→rovina, vidua→vedova etc.).Da notare che il verbo a margine, pur essendo indicativo presente è reso in italiano con il tempo futuro che acconciamente avrebbe dovuto essere: chiuvarranno che è il futuro, tempo che pur essendo previsto nella lingua napoletana è pochissimo usato, sostituito quasi sempre dall’indicativo presente o dalla costruzione verbale: devo da= aggi’’a etc. Ad es.: Domani mi taglierò i capelli si rende con: Dimane me taglio ‘e capille oppure Dimane m’aggi’’a taglià ‘e capille.
passe = uva passita o passa; trattasi di un aggettivo sostantivato, plurale di passo: appassito, secco: uva passa e come tale derivato dal lat. passu(m), part. pass. di pandere 'aprire, stendere'; propr. 'steso a seccare, ad appassire';
ficusecche = fichi secchi; in napoletano plurale della voce femminile: ficusecca con derivazione, con passaggio al femminile dal masch. lat. ficum(che corrisponde al greco sýcon con cambio s/f)+ siccum da una radice sik = secco, sterile.
A margine della voce fica da cui poi ficusecca rammento che il passaggio al femminile dal maschile fico è determinato dal fatto che con la voce fica si intende un frutto piú grosso del fico atteso che in napoletano s’usa femminilizzare un termine maschile quando si voglia indicare una cosa intesa piú grande della corrispondente maschile (cfr. cucchiara= mestola del muratore piú grande di cucchiaro= cucchiaio da minestra, tina piú grande di tino,tavula piú grande di tavulo, tammorra piú grande di tammurro, carretta piú grande di carretto etc.Fanno eccezione tiana piú piccola di tiano e caccavella piú piccola del caccavo). Rammento infine che con la voce ficusecca usata in senso furbesco, in napoletano si identifica la vulva avvizzita d’una donna anziana e non piú appetita; al proposito preciso che anche in greco con la voce sýcon si indica sia il frutto del fico che, furbescamente, la vulva.
‘ ‘ 8. 8.‘A VIPERA CA MUZZECAJE A CCHELLA MURETTE 'E TUOSSECO.
Ad litteram: la vipera che morsicò quella donna, perí di veleno; per significare che persino la vipera che è solita avvelenare con i suoi morsi le persone, dovette cedere e soccombere davanti alla cattiveria e alla perversione di una donna molto piú pericolosa di essa vipera.
9.- E SSEMPE CARULINA, E SSEMPE CARULINA...
Ad litteram Sempre Carolina... sempre Carolina Id est: a consumare sempre la stessa pietanza, ci si stufa. La frase in epigrafe veniva pronunciata dal re Ferdinando I Borbone Napoli quando volesse giustificarsi delle frequenti scappatelle fatte a tutto danno di sua moglie Maria Carolina d'Austria, che - però, si dice - lo ripagasse con la medesima moneta; per traslato la locuzione è usata a mo' di giustificazione, in tutte le occasioni in cui qualcuno abbia svicolato dalla consueta strada o condotta di vita, per evidente scocciatura di far sempre le medesime cose.
10- Tre ccose stanno male a 'stu munno: n'auciello 'mmano a 'nu piccerillo, 'nu fiasco 'mmano a 'nu terisco, 'na zita 'mmano a 'nu viecchio.
Ad litteram: tre cose sono sbagliate nel mondo: un uccello nelle mani di un bambino, un fiasco in mano ad un tedesco e una giovane donna in mano ad un vecchio; in effetti l'esperienza dimostra che i bambini sono, sia pure involontariamente, crudeli e finirebbero per ammazzare l'uccellino che gli fosse stato affidato,il tedesco, notoriamente crapulone, finirebbe per ubriacarsi ed il vecchio, per definizione lussurioso, finirebbe per nuocere ad una giovane donna che egli possedesse.
11- UOVO 'E N'ORA, PANE 'E 'NU JUORNO, VINO 'E N'ANNO E GUAGLIONA 'E VINT'ANNE.
Ad litteram: uovo di un'ora, pane di un giorno, vino di un anno, e ragazza di vent'anni. Questa è la ricetta di una vita sana e contenutamente epicurea. Ad essa non devono mancare uova freschissime, pane riposato per lo meno un giorno, quando pur mantenendo la sua fragranza à avuto tempo di rilasciare tutta l'umidità dovuta alla cottura, vino giovane che è il piú dolce ed il meno alcoolico, ed una ragazza ancora nel fior degli anni,capace di concedere tutte le sue grazie ancora intatte.
13- A CHI PIACE LU SPITO, NUN PIACE LA SPATA.
Ad litteram: a chi piace lo spiedo, non piace la spada. Id est: chi ama le riunioni conviviali(adombrate - nel proverbio - dal termine "spito" cioè spiedo), tenute intorno ad un desco imbandito, è di spirito ed indole pacifici, per cui rifugge dalla guerra (la spata cioè spada del proverbio).
14- ADDÓ NUN MIETTE LL'ACO, NCE MIETTE 'A CAPA.
Ad litteram: dove non metti l'ago, ci metterai il capo.Id est: occorre porre subito riparo anche ai piccoli danni, ché - se lasciati a se stessi - possono ingigantirsi al punto di dare gran nocumento; come un piccolo buco su di un abito, se non riparato in fretta può diventare cosí grande da lasciar passare il capo, cosí un qualsiasi piccolo e fugace danno va riparato súbito, prima che ingrandendosi, non produca effetti irreparabili.
15- ZITTO CHI SAPE 'O JUOCO!
Ad litteram: zitto chi conosce il giuoco! Id est: faccia silenzio chi è a conoscenza del trucco o dell'imbroglio. Con la frase in epigrafe olim si solevano raccomandare ai monelli spettatori dei loro giochi, i prestigitatori di strada, affinché non rivelassero il trucco compromettendo la buona riuscita del giuoco da cui dipendeva una piú o meno congrua raccolta di moneta.La locuzione fu in origine sulla bocca dei saltimbanchi che si esibivano a nelle strade adiacenti la piazza Mercato e/o Ferrovia, nel bel mezzo di una cerchia di monelli e/o adulti perdigiorno che non potendosi permettere il pur esiguo costo di un biglietto per accedere ai teatrini zonali ed assistervi a gli spettacoli, si accontentavano di quelli fatti in istrada da girovaghi saltimbanchi che si esibivano su palcoscenici di fortuna ottenuti poggiando delle assi di legno su quattro o piú botti vuote. Spesso tali spettatori abituali, per il fatto stesso di aver visto e rivisto i giochi fatti da quei saltimbanchi/ prestigitatori di strada avevano capito o carpito il trucco che sottostava ai giochi ed allora i saltimbanchi/ prestigitatori che si esibivano con la locuzione zitto chi sape 'o juoco! invitavano ad una sorta di omertà gli astanti affinché non svelassero ciò che sapevano o avevano carpito facendo perdere l’interesse per il gioco in esecuzione, vanificando la rappresentazione e compromettendo la chétta, la raccolta di monete operata tra gli spettatori, raccolta che costituiva la magra ricompensa per lo spettacolo dato. Per traslato cosí, con la medesima espressione son soliti raccomandarsi tutti coloro che temendo che qualcuno possa svelare imprudentemente taciti accordi, quando non occultati trucchi, chiedono a tutti un generale, complice silenzio.Rammento infine a completamento dell’illustrazione della locuzione un’altra espressione che accompagnava quella in esame: ‘a fora ‘o singo! (piú esattamente: ‘a fora d’ ‘o singo! ) e cioè: Fuori dal segno! Che era quello che tracciato con un pezzo di gesso rappresentava il limite invalicabile che gli spettatori non dovevano oltrepassare accostandosi troppo al palcoscenico, cosa che se fosse avvenuta poteva consentire ai contravventori di osservare piú da presso le manovre dei saltimbanchi/ prestigitatori, scoprendo trucchi e manovre sottesi ai giochi, con tutte le conseguenze già détte.
16 - VUÓ CAMPÀ LIBBERO E BIATO? MEGLIO SULO CA MALE ACCUMPAGNATO.
Ad litteram: vuoi vivere libero e beato? Meglio solo che male accompagnato Il proverbio in epigrafe, in fondo traduce l'adagio latino: beata solitudo, oh sola beatitudo.
17- QUANNO 'NA FEMMENA S'ACCONCIA 'O QUARTO 'E COPPA, VO' AFFITTÀ CHILLO 'E SOTTO.
Ad litteram: quando una donna cura eccessivamente il suo aspetto esteriore, magari esponendo le grazie di cui è portatrice, lo fa nella speranza di trovar partito sotto forma o di marito o di un amante che soddisfi le sue voglie sessuali.
18. A GGHÍ A GGHÍ
letteralmente: ad andare ad andare;detto a commento di tutte quelle azioni condotte a termine per un pelo ed i cui risultati siano stati raggiunti risicatamente.Locuzione di carattere temporale, ma intesa talora anche in senso modale.
19. A NNOMME ‘E DDIO
letteralmente: nel nome di Dio Espressione quasi religiosa che si usa nel principiare alcunché, segnandosi, e chiamando il nome di Dio nella speranza che presti il suo soccorso nell’opera intrapresa.
20. Â BBONA ‘E DDIO
letteralmente: con il benvolere di Dio espressione che si discosta molto dalla precedente, in quanto questa pur avendo un suo sostrato fideistico, è meno permeata di religiosita, anzi è quasi scaramantica e (riproducendo ad litteram il saluto che i naviganti iberici si scambiavano nel salpare: “A la buena de Dios!”) significa: vada come vada, purché vada...
21. A LL’ ANEMA D’’A PALLA!
Letteralmente: All’anima della palla! Espressione esclamativa con cui si usa commentare notizie riferite a cose od accadimenti cosí incredibili o palesamente falsi da farli ritenere essere la quintessenza delle sciocchezze, paragonabili solo ad un sesquipedale contenitore sferico,privo di sostanza, fatto di aria e contenente aria...
22. A STRACCE E PPETACCE
Ad litteram: A stracci e brandelli; locuzione modale usata per indicare sarcasticamente tutte le azioni fatte in modo discontinuo, con scarsa applicazione, a morsi e bocconi, azioni che lasciano presagire risultati pessimi.
stracce s. m. plurale di straccio= pezzo di tessuto logoro, riutilizzabile industrialmente per la fabbricazione di carta e tessuti o impiegato in usi domestici per pulire e spolverare (in quest'ultimo caso, anche come prodotto commerciale specificamente fabbricato a tale scopo); nella loc. ‘nu straccio ‘e, (fam.) per indicare cosa o persona qualsiasi, di poco conto: nun tène ‘nu straccio ‘e vestito ‘a metterse ‘ncuollo=addosso; ‘nu straccio ‘e marito, ‘e; nun tene neppure ‘nu straccio ‘e amico pe se cunfidà; spec. pl. indumento logoro e dimesso: jí in giro vestuto ‘e stracce.
quanto all’etimo, straccio è un deverbale di stracci-are/à che è dal lat. volg. *extractiare, deriv. di tractus, part. pass. di trahere 'trarre';
petacce s.f. plurale di petaccia = cencio, brandello, straccio ed estensivamente abito di tessuto logoro; piú in generale con tutte le accezioni del precedente straccio, ma con valore accresciuto nel negativo: cchiú ca ‘nu straccio era ‘na petaccia!
quanto all’etimo, petaccia appare a taluno un derivato dello spagnolo pedazo= pezzo ma a mio avviso non è errato vedervi un derivato del lat. volg. *pettia(m), di origine celtica = pezza secondo il seguente percorso morfologico: pettia(m)→pet(ti)a(m) + il suff. dispregiativo aceus/a→accio/a; tuttavia è anche ipotizzato un lat. volg. *pitacium accanto al classico pittacium/pittacia= cencio, brandello. C’è da scegliere, quantunque a me piaccia la derivazione dal lat. volg. *pettia(m).
23. ‘A SOTTO P’’E CHIANCARELLE!
Ad litteram: Di sotto a causa dei panconcelli ma a senso: Attenti alla caduta dei panconcelli!
Locuzione con la quale si suole commentare tutti gli avvenimenti risultati o gravosi o pericolosi nel loro evolvere; essa prende l’avvio dal grido di avvertimento che erano soliti lanciare gli operai addetti alla demolizione di vecchi fabbricati affinché chi si trovasse a passare ponesse attenzione all’eventuale caduta dall’alto dei dissestati panconcelli: strette doghe di stagionato castagno, doghe che poste trasversalmente sulle travi portanti sorreggevano l’impiantito dei solai. chiancarella s.vo f.le diminutivo di planca-m→chianca-m [tavola di legno] con suono consonantico (R) di raccordo; dalla medesima planca-m deriva chianca= macelleria in quanto un tempo la carne era sezionata e venduta esposta su di un tavolo di legno.
24. AÍZA, CA VENONO ‘E GGUARDIE
Ad litteram: alza (la merce e portala via giacché possono giungere i rappresentanti della forza,(sequestrarti la merce e contravvenzionarti.) Locuzione usata un tempo quando a Napoli era vivo e fiorente il contrabbando d’ogni genere e si volesse consigliare il venditore a portar via la merce per non incorrere nei rigori della legge rappresentata dai suoi tutori che qualora fossero intervenuti avrebbero potuto sia sequestrare la merce che elevare pesanti contravvenzioni.
Oggi la locuzione è usata per convincere un inopportuno interlocutore a liberarci della sua presenza anche se costui non abbia merce da portar via né si paventi reale intervento di polizia municipale o altri tutori della legge.
25. A PPESIELLE PAVAMMO oppure NE PARLAMMO.
Ad litteram: al tempo dei piselli pagheremo oppure ne parleremo. Locuzione con la quale si tenta di rimandare la soluzione dei debiti o dei problemi a tempi migliori. In tempi remoti la locuzione posta sulla bocca di un contadino voleva dire: pagherò i miei debiti al tempo della raccolta dei piselli, quando farò i primi guadagni della stagione; posta invece sulla bocca di un medico o peggio d’un becchino aveva l’aria di una minaccia vvolendo significare: al tempo dei piselli ti necessiterà la mia opera o perché cadrai in preda di coliche che l’ortaggio ti procurerà, o - peggio ancora - ne decederai!
26.  FACCIA D’’O CASACAVALLO o anche  FACCIA ‘E GIORGIO o ancora  FACCIA D’’O SISCO
Ad litteram: Alla faccia del caciocavallo o anche alla faccia di Giorgio o ancora alla faccia del fischio.
Locuzione pronunciata con risentimento davanti ad avvenimenti che dèstino meraviglia non disgiunta da stupore o sorpresa, in quanto tali avvenimenti erano inattesi o macroscopicamente incredibili; sia il termine casocavallo (caciocavallo) che il sisco (fischio) ed il nome proprio Giorgio sono usati eufemisticamente in luogo di altro termine facilmente intuibile certamente piú becero, ma senza dubbio piú corposo e colorito. Il caciocavallo è un gustoso formaggio a pasta dura prodotto dai casari dei monti Lattari casari adusi a trasportarlo a valle, a dorso di cavallo legato a coppie con una corda; da ciò il nome.
27. ABBRUSCIÀ ‘O PAGLIONE
Ad litteram: bruciare il pagliericcio id est: far terra bruciata attorno a qualcuno. Grave minaccia con la quale si comunica di voler procure a colui cui è rivolta un grave anche se non specifico danno; la locuzione rammenta ciò che erano soliti fare gli eserciti sconfitti , in ispecie quelli francesi che nell’abbondonare l’accampamento fino a quel momento occupato, usavano bruciare tutto per modo che l’esercito sopravveniente non potesse averne neppure un sia pur piccolo tornaconto.Oggi la locuzione in epigrafe è usata per minacciar imprecisati ma totali danni.
28. ADDÓ MAJE?
adlitteram: dove mai?
Domanda retorica che si suole rivolgere ai responsabili di azioni discutibili se non ripropevoli, per indurli a recedere dal loro comportamento ritenuto non esistente in nessun altro luogo e tanto sbagliato da doversi necessariamente evitare.
29. Â ‘NTRASATTA
ad litteram: all’improvviso detto di cose che accadono inaspettatamente, senza che nulla lo lasci prevedere, nel bel mezzo di altri avvenimenti proprio secondo la traduzione ad litteram del latino: (i)ntra (re)s actas→’ntrasacta(s)→’ntrasatta da cui scatuisce la locuzione in epigrafe.
30. Â CASA D’’O FERRARO, ‘O SPITO ‘E LIGNAMMO.
ad litteram: in casa del fabbro, lo spiedo è di legno; locuzione usata ad ironico commento di tutte quelle situazioni nelle quali, per accidia o insipienza dei protagonisti vengono a mancare elementi che invece si presupponeva non potessero mancare ed in loro assenza ci si deve accontentare di succedanei spesso non confacenti.
31. ‘A CARNA TOSTA E ‘O CURTIELLO SCUGNATO.
ad litteram: la carne dura ed il coltello senza taglio. Icastica locuzione che si usa a dolente commento di situazioni dove concorrano due o più elementi negativi tali da prospettare un sicuro insuccesso delle operazioni intraprese. Altrove per significare la medesima cosa s’usa l’espressione illustrata al numero successivo.
32 – ‘A FUNICELLA CORTA E ‘O STRUMMOLO TIRITEPPETO
ad litteram: la cordicella corta e la trottolina scentrata o ballonzolante. Piú esattamente a Napoli s’usa dire: s’è aunita ‘a funicella corta e ‘o strummolo tiriteppeto, ovvero: si sono uniti, in un fallimentare connubio, una cordicella troppo corta per poter imprimere con forza la necessaria spinta al movimento rotatorio dello strummolo a sua volta scentrato o con la punta malamente inclinata tale da conferire un movimento non esatto per cui la trottolina s’inclina e si muove ballonzolando.
33 - LL'UOCCHIE SO' FFATTE PE GGUARDÀ, MA 'E MMANE PE TUCCÀ.
Ad litteram: gli occhi sono fatti per guardare, ma le mani (son fatte) per toccare. Con questo proverbio, a Napoli, sogliono difendere (quasi a mo' di giustificazione) il proprio operato, quelli che - giovani o vecchi che siano - sogliono azzardare palpeggiamenti delle rotondità femminili.
R. Bracale Brak
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