giovedì 1 ottobre 2015
VARIE 15/711
1.MENÀ ‘O MUCCATURO Â NNUNZIATA
Ad litteram: Gettare il fazzoletto alla (Santa Casa dell')Annunziata. Id est: impalmare una trovatella.
Antichissima espressione ancóra in uso tra i napoletani d’antan riferita a chi, con l’intenzione di compiere un’opera buona, prende in isposa una trovatella o una ragazza che sia orfana, povera e senza dote.Ò parlato di antichissima espressione risalente alla fine del 1700, principi del 1800 quando era ancóra operante la Casa Santa dell’ Annunziata, istituzione benefica nata nel XIV secolo, insieme all'annessa Chiesa, come istituzione assistenziale per la cura dell'infanzia abbandonata.Détta Casa fu ricostruita una prima volta nel XVI secolo in forme rinascimentali e poi nel XVIII secolo dopo un incendio, da Luigi e Carlo Vanvitelli. Dal monumentale cortile della Casa si accedeva alla "Ruota" lignea che era quella che accoglieva i bambini abbandonati che venivano introdotti in una sorta di tamburo di legno, di ovvia forma cilindrica e raccolti all'interno da monache e bàlie, avvertite dal suono della campanella annessa alla ruota, monache e bàlie pronte ad intervenire ad ogni chiamata. All'esterno, al di sopra della ruota, vi era un puttino di marmo con un cartiglio dittante: "O padre e madre che qui ne gettate, alle vostre Limosine siamo raccomandati". All’interno proprio accanto alla bocca della ruota v’è una fontanella dove gli abbandonati ricevevano per mano delle medesime monache e bàlie, illico et immediate, appena raccolti, il santo Battesimo ed una sommaria prima abluzione.
Gli ospiti dell'istituzione venivano chiamati "Figli della Madonna", "Figli d'Annunziata", o "Esposti" e godevano di particolari privilegi. Alcuni venivano trovati con al collo un foglio di carta con il nome dei genitori, o portavano con sé qualche pezzo d'oro o d'argento. Tutto quello che indossavano e qualsiasi segno particolare, veniva annotato in un libro, in modo da rendere piú facile in futuro un eventuale riconoscimento da parte dei genitori pentiti dell’abbandono . La "Ruota" con il suo triste fascino, era una delle piú note d'Italia e non venne piú utilizzata dal 22 giugno 1875. La basilica attuale fa parte di un vasto complesso monumentale costituito in origine, oltre che dalla chiesa, da un ospedale, un convento, un ospizio per i trovatelli ed un "conservatorio" per le esposte (le ragazze povere e/o prive di famiglia, che venivano internate per conservarne la virtù, ma anche fornite di una piccola dote per essere maritate; tali ragazze (una volta che fossero in età da marito) erano, durante un’annuale cerimonia che si teneva il 5 agosto giorno della festività della Madonna Annunziata, presentate a pretendenti [spesso sottoufficiali provenienti dall’Accademia militare della Nunziatella] che, in procinto di partire per operazioni belliche facevano voto, se fossero ritornati incolumi di impalmare una trovatella e sceglievano la propria sposa lanciando un fazzoletto di seta alla ragazza prescelta). La locuzione in esame, che in origine si riferí alla cerimonia ricordata, successivamente venne estesa ad indicare il lodevole comportamento di chi per mera bontà prendesse in isposa una trovatella o una ragazza che fósse orfana, povera e senza dote L'istituzione, dedicata alla cura dell'infanzia abbandonata, era patrocinata dalla Congregazione della Santissima Annunziata, fondata nel 1318. Nel 1343 la regina Sancia di Maiorca, moglie di Roberto d'Angiò, provvide a dotare la congregazione, che crebbe, da allora, all'ombra dei re di Napoli, assumendo la veste giuridica di Real Casa dell’Annunziata di Napoli;la congregazione, sostenuta dalle famiglie nobili di Napoli, fu ricca ed ebbe vita assai lunga, giungendo fino a metà del Novecento. In chiusura rammento che la locuzione in esame fu usata in senso sarcastico preceduto da un esclamatorio Aeh! quando ci si volesse riferire non al lodevole comportamento di chi per mera bontà prendesse o avesse preso in isposa una trovatella o una ragazza che fósse orfana, povera e senza dote, ma al furbo comportamento di chi avesse preso o prendesse in isposa una ragazza rampolla di buona e famiglia fornita di adeguata dote; di costui sorridendo si diceva: Aeh! À menato ‘o fazzuletto â Nnunziata!
menà, che à la forma riflessiva in menarse
è verbo transitivo che à un vasto ventaglio di accezioni: buttare, sospingere dentro o fuori ed anche, ma meno comunemente, trascorrere, passare, vivere ed estensivamente assestare, dare con forza, picchiare; In parecchie frasi à senso affine a fare, sollevare, produrre, manifestare e sim., determinato meglio dal complemento: menà rummore =far parlare di sé, essere sulla bocca di tutti; ; menà a uno p’ ‘o naso = raggirarlo, dargli a intendere, fargli fare o credere ciò che si vuole; l’etimo è dal tardo lat. minare, propr. 'spingere innanzi gli animali con grida e percosse', deriv. di minae 'minacce'.
muccaturo s.vo m.le = fazzoletto da naso etimologicamente deverbale d’un lat. volg. *muccare (denominale di mucus con raddoppiamento espressivo popolare della C) addizionato del suffisso turo che è da uro/asuffisso di pertinenza spesso nella forma turo/a deriv. dal fr. -ure, usato al maschile ed al f.le (uro/turo – ura/tura); al m.le è usato per formare sostantivi relativi ad oggetti o a parti di oggetti (cfr. pisciaturo,trapenaturo, ballaturo,accuppatura etc.) o termini tecnici, chimici etc.ed al f.le (ura/tura) per formare sostativi deverbali astratti (cfr. friscura,bruttura, pensatura) o concreti(cfr. frittura,futtitura, appusatura) .
2.'O TURCO FATTO CRESTIANO, VO' 'MPALÀ A TTUTTE CHILLE CA GHIASTEMMANO.
Ad litteram: il turco diventato cristiano vuole impalare tutti i bestemmiatori. Id est: I neofiti sono spesso troppo zelanti e perciò pericolosissimi.
3. 'O PATATERNO ADDÓ VEDE 'A CULATA, LLA SPANNE 'O SOLE
Ad litteram: il Padreterno dove vede un bucato sciorinato, là invia il sole. Id est: la bontà e la provvidenza del Cielo sono sempre presenti là dove occorrono.
'a culata è appunto il bucato (che è dal ted. bukon) ed è detto culata (deverbale di colare) per indicare il momento della colatura ossia del versamento dell'acqua bollente sui panni già lavati,ma necessarii di sbiancatura, sistemanti in un grosso capace contenitore; l'acqua bollente veniva fatta colare sui panni attraverso un telo sul quale , temporibus illis, era sistemata della cenere (ricca di per sé di soda, agente sbiancante(in sostituzione di chimici detergenti)), e dei pezzi di arbusti profumati(per conferire al bucato un buon odore di pulito)…; il telo proprio per il fatto di accogliere la cenere fu détto cennerale
4.'O GALANTOMMO APPEZZENTÚTO, ADDEVÈNTA 'NU CHIAVECO.
Ad litteram: il galantumo che va in miseria, diventa un essere spregevole. In effetti la disincantata osservazione della realtà dimostra che chi perde onori e gloria, diventa il peggior degli uomini giacché si lascia vincere dall'astio e dal livore verso coloro che il suo precedente status gli consentiva di tenere sottomessi e che nella nuova situazione possono permettersi di alzare la testa e contrattare alla pari con lui.
Chiaveco s.vo ed a.vo m.le = sporco, lercio e per estensione cattivo soggetto, essere spregevole; è un adattamento al maschile del s.vo f.le chiaveca/chiavica= fogna, porcheria,sozzura che è dal tardo lat. clàvica per il classico cloaca normale il passaggio cl→chj→ chi come ad es. clarum→chiaro.
5.'E VRUOCCOLE SO' BBUONE DINT’Ô LIETTO.
Letteralmente: i broccoli sono buoni nel letto. Per intendere il significato del proverbio bisogna rammentare che a Napoli con la parola vruoccole si intendono sia la tipica verdura che per secoli i napoletani mangiarono,tanto da esser ricordati come "mangiafoglie", sia le moine, le carezze che gli innamorati son soliti scambiarsi specie nell'intimità; il proverbio sembra ripudiare ormai la verdura per apprezzare solo i vezzi degli innamorati.
6. STATTE BBUONO Ê SANTE: È ZZUMPATA 'A VACCA 'NCUOLLO Ô VOJO!
Letteralmente: buonanotte!la vacca à montato il bue. Id est: Accidenti: il mondo sta andando alla rovescia e non v'è rimedio: ci troviamo davanti a situazioni così contrarie alla norma che è impossibile raddrizzare.
7.QUANNO 'O VINO È DDOCE, SE FA CCHIÚ FFORTE ACÍTO.
Letteralmente: quando il vino è dolce si muta in un aceto piú forte, piú aspro.Id est: quando una persona è d'indole buona e remissiva e paziente, nel momento che dovesse inalberarsi, diventerebbe così cattiva, dura ed impaziente da produrre su i terzi effetti devastanti.
8.'O DULORE È DDE CHI 'O SENTE, NO 'E CHI PASSA E TTÈNE MENTE.
Letteralmente: il dolore è di chi lo avverte, non di coloro che assistono alle manifestazioni del dolente.Id est:per aver esatta contezza di un quid qualsiasi - in ispecie di un dolore - occorre riferirsi a chi prova sulla propria pelle quel dolore, non riferirsi al parere, spesso gratuito e non supportato da alcuna pratica esperienza, degli astanti che - per solito - o si limitano ad una fugace commiserazione del dolente , o - peggio! - affermano che chi si duole lo fa esagerando le ragioni del proprio dolere.
9. A 'NU CETRANGOLO SPREMMUTO, CHIAVECE 'NU CAUCIO 'NCOPPA.
Schiaccia con una pedata una melarancia premuta.Id est: il danno e la beffa; la locuzione cattivissima nel suo enunciato, consiglia di calpestare un frutto già spremuto; ossia bisogna vilipendere e ridurre a mal partito chi sia già vilipeso e sfruttato, per modo che costui non abbia né la forza, nè il tempo di risollevarsi e riprendersi.Il tristo consiglio è dato nel convincimento che se si lascia ad uno sfruttato la maniera o l'occasione di riprendersi, costui si vendicherà in maniera violenta e allora sarà impossibile contrastarlo; per cui conviene infeierire e non dar quartiere, addirittura ponendoselo sotto i tacchi come un frutto spremuto ed inutile ormai.
10.CHI TROPPO S''O SPARAGNA, VENE 'A 'ATTA E SE LU MAGNA.
Letteralmente: chi troppo risparmia,viene la gatta e lo mangia. Il proverbio- che nella traduzione toscana assume l'aspetto di un anacoluto sta a significare che non conviene eccedere nel risparmiare, perché spesso ciò che è stato risparmiato viene dilapidato da un terzo profittatore che disperde o consuma tutto il messo da parte.
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