domenica 27 dicembre 2015

LA CARCIOFFOLÀ DI DI GIACOMO

LA CARCIOFFOLÀ DI DI GIACOMO Mi è stato chiesto, via e-mail, dalla cara amica A. A. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) di spendere qualche parola per illustrarle il significato e la portata del termine carcioffolà in epigrafe usato dal poeta Salvatore DiGiacomo (Napoli, 13 marzo 1860 – † Napoli, 4 aprile 1934) quale titolo di una sua briosa canzone musicatagli nel 1893 dal maestro Eduardo Di Capua(NA 12/3/1865 - † NA 3/10/1917) . Evito di riportare per intero il lunghissimo testo che riproduce un grazioso dialogare tra una mamma ed una figlia e mi limito a rammentare che ognuna delle quattro parti della canzone si chiude con il distico: E ndanderandí./E ndanderandà./Che bona figliola/Carcioffolá! Ed è proprio quel Carcioffolà usato in chiusura delle parti che à sollevato la curiosità dell’amica e ch’io m’auguro di poterle togliere. Dirò imnnanzitutto che l’amica non à tutti i torti ad essere incuriosita; d’acchito infatti non si coglie il significato di quel termine se lo si esclude dal contesto in cui è usato ed in una morfologia [accentata]che non si comprende e va chiarita atteso che il termine originario che l’à suggerito è quel nome comune sdrucciolo dell’ortaggio carciòffola che rende in napoletano il carciofo della lingua nazionale. Perché mai un termine normalmente sdrucciolo è diventato tronco e cosa mai à che spartire l’ortaggio carcioffola divenuto carcioffolà con una figliola [seu ragazza]attestata bona [seu piacente, appetitosa e non banalmente buona]?Sono le due domande a cui bisogna dare una risposta per togliere la curiosità all’amica!Rispondere alla prima, è relativamente semplice: al poeta occorreva una parola tronca che sottolineasse in chiusura di strofa la briosità dell’argomento trattato e pensò bene di servirsi d’una licenza poetica, sposrtando l’accento di una parola sdrucciola, ma pregna del significato voluto, per farla diventare tronca, cosa che giovò anche al musicista che fu favorito nel poggiare su di una parola tronca la nota che doveva concludere la strofa. Un po’ piú complicato rispondere al secondo interrogativo, ma non impossibile e mi spiego: il collegamento tra l’ l’ortaggio carcioffola divenuto carcioffolà e la ragazza attesta formosa, piacente, appetitosa, cioè bbona va spiegato tenendo presente che il carciofo, in un modo di dire partenopeo ['a carcioffola s'ammonna fronna a ffronna] cioè Il carciofo si monda brattea a brattea, id est: le cose vanno fatte paulatim et gradatim(poco per volta e con gradualità ) se si vogliono raggiungere buoni risultati.Cosí una ragazza formosa, piacente, appetitosa non va assalita, ma va conquistata lentamente, e quasi poi consumata con studiata flemma per prolungare il piacere d’una eventuale conquista dei favori della ragazza. Tratto le due parole incontrate: bona agg.vo f.le di buono [dal lat. bona-m] 1)buona, affabile, amabile, bonaria, comprensiva, cortese,2)come nel caso che ci occupa formosa, piacente, appetitosa, avvenente, florida, generosa, prosperosa, disponibile; carcioffola s.vo f.le = 1)carciofo, ortaggio a brattee spinose e non 2) per traslato vulva di una donna giovane con riferimento all’organo stretto e serrato, non deflorato di una giovane donna tal quale il carciofo che se fresco e giovane à le brattee ben chiuse e serrate; [ in nap. voce dall’arabo harsûf addizionato del suff. diminutivo lat. ola (femm. di olus)]. E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amica A. A. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente chi dovesse imbattersi in queste paginette.Satis est. Raffaele Bracale

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