lunedì 28 marzo 2016
CULO & DINTORNI
CULO & DINTORNI
L’amico G.J. O. (al solito, motivi di riservatezza mi impongono di riportar solo le iniziali di nome e cognome di chi mi scrive per sollecitar ricerche) mi à chiesto di occuparmi della voce italiana/napoletana in epigrafe, di indicargli altri eventuali sinonimi nel napoletano, ed eventuali espressioni verbali collegate. L’accontento illico et immediate cominciando a parlare della voce culo cui farò seguire i tanti sinonimi che mi son noti dicendo sia di quelli vivi e vegeti che di quelli antichi e desueti. Cominciamo dunque con
culo s.vo m.le = in origine l’orifizio anale delle bestie poi per sineddoche il culo, il posteriore, il didietro, il sedere, il complesso delle natiche degli esseri umani ; etimologicamente è voce dal lat. culum che è dal greco koîlos ; questa voce napoletana a margine fu accolta temporibus illis anche nella lingua nazionale e viene tuttora usata ancorché catalogata, ma non se ne comprende il motivo, come voce volgare o popolare. Un tempo da qualcuno si ipotizzò che etimologicamente la voce potesse essere un adattamento del lat. caelu(m)(cielo) pigliando a riferimento semantico la concavità e dell’uno e dell’altro. Idea balzana stante la presenza diretta come ò détto della voce lat. culum marcata sul greco koîlos (vuoto, concavo) donde anche kolon= intestino; tuttavia rammento che la voce caelu(m)(Cielo) fu usata, quale nome proprio, al posto di Ciullo ( che della voce culo era stato un adattamento di comodo attraverso l’epentesi eufonica di una (I) ed il raddoppiamento espressivo della consonante laterale alveolare (L) ed infatti quel poeta di Alcamo nato nella prima metà del XIII secolo, e che fu uno dei piú significativi rappresentanti della poesia popolare giullaresca della scuola siciliana s’ ebbe in origine il nome di Ciullo d’Alcamo ( e cioè Culo di Alcamo)per essere il piú famoso pederasta passivo della sua città e successivamente al tempo del bigotto perbenismo didattico vide il suo nome mutato in Cielo d'Alcamo per non turbar la mente dei/delle giovani discenti.
Manco a dirlo la voce culo entra in numerosissime locuzioni alcune delle quali icastiche, ma dignitose, altre incisive sí, ma dure e becere; tra le prime ricordo
SCIORTA E CAUCE 'NCULO, VIATO A CCHI NNE TÈNE!
Beato chi à buona fortuna e calci in culo cioè spintarelle e/o raccomandazioni.
Ben altro significa PIGLIÀ A CCAUCE ‘NCULO che vale: allontanare qualcuno da una carica e/o da un compito per insipienza, indegnità o incapacità,liberarsene comminandogli vere o figurate pedate nel fondoschiena.
STÀ CULO E CCAMMISA Ad litteram: stare culo e camicia; id est: Stare sempre insieme, andare molto d'accordo; e lo si dice di amici,compagni adusi ad una frequentazione assidua. aGGiiungo che si tratta di espressione usata in alternativa di altra di medesimo significato, che esattamente suona
STÀ CAZZA E CCUCCHIARA
che letteralmente è: Stare (uniti come) secchio della calcina e cazzuola/mestola; cioè:andar di pari passo, stare sempre insieme.
Détto di tutti coloro che sceltisi un amico o un compagno non si separano da lui che per brevissimo lasso di tempo, andando sempre di pari passo, stando sempre insieme come càpita appunto per il secchio della calcina e la cazzuola che vengono usate dal muratore di concerto durante il lavoro giornaliero ed anche quando questo sia terminato il muratore, nettati i ferri del mestiere è solito conservarli insieme ponendo la cazzuola nel secchio della calcina per modo che l’indomani possa facilmente ritrovarli ed usarli alla ripresa del lavoro.
La cazza come ò accennato fu in origine un recipiente per lo piú di ferro, provvisto di manico, nel quale si fondevano i metalli , poi indicò ed ancóra indica quel contenitore ,quel secchio di ferro in cui i muratori usano impastare malta e/o calcina; la voce è dal lat. tardo cattia(m), da collegarsi al gr. ky/athos 'coppa, tazza'; la voce è usata piú spesso in italiano che in napoletano dove il suddetto contenitore è chiamato piú acconciamente cardarella diminutivo adattato di caldara→cardara= caldaia = in origine recipiente metallico in cui si fa bollire o cuocere qualcosa e poi estensivamente ogni capace recipiente metallico atto a contenere materiali caldi o freddi; caldara→cardara è voce derivata del latino tardo caldaria(m), deriv. di calidus 'caldo'.
Poiché, come ò detto, la voce cazza è poco nota e usata a Napoli accade che l’espressione in epigrafe venga talvolta impropriamente enunciata come Stà o essere cazzo e cucchiara con un accostamento erroneo ed inconferente non essendovi certamente nessun nesso tra il membro maschile e la cucchiara= cucchiaia, cazzuola che è appunto la mestola che usano i muratori per prelevar la calcina o malta dalla cazza distribuendola e pareggiandola su muri e/o mattoni;
cucchiara è di per sé il femminile di cucchiaro con etimo dal latino cochlearju(m) con normale semplificazione - di rj→r e chiusura di o in u in sillaba atona; cucchiaro è stato reso femminile appunto per indicare, come già dissi alibi, un oggetto piú grande del corrispondente maschile (es.: tammurro piú piccolo – tammorra piú grande, tino piú piccolo – tina piú grande etc. con le sole eccezioni di caccavella piú piccola – caccavo piú grande e di tiana piú piccola – tiano piú grande );ugualmente è erroneo stravolgere l’espressione in epigrafe in (come pure talvolta m’è occorso d’udire) Stà o essere tazza e cucchiara , atteso che la tazza , per grande che possa essere (fino a diventar una ciotola) potrebbe procedere di conserva con un cucchiaino (tazza da caffè), al massimo con un cucchiaio (tazza/ciotola da caffellatte) mai con una cucchiara (cazzuola).
Qualcuno, mi ripeto, meno esperto della tradizione e/o della parlata napoletane riferisce erroneamente il modo di dire con l’espressione:Pàrono oppure stanno tazza e cucchiaro:sembrano oppure stanno (come) tazza e cucchiaio, espressione inesatta come ò spiegato ed invece la locuzione, sulle labbra dei vecchi napoletani, consci di quel che dicono comporta giustamente la presenza della cucchiara arnese tipico dei muratori .
Altra interessante locuzione è
PIGLIÀ P’ ‘O CULO
La lucuzione in epigrafe nella sua esposizione completa è: Piglià p’ ‘o culo a quaccheduno. L’espressione ad litteram vale pigliare/prendere per il culo e fuor del velame sta per
prendersi gioco di qualcuno, schernirlo, prenderlo per i fondelli, farlo oggetto di beffa, burla, canzonatura, motteggio, irrisione.È interessante rammentarsi da quale situazione storico-ambientale tragga origine la locuzione in esame. Essa si riallaccia alla ignominosa cerimonia detta in napoletano zitabona che comportava, per il debitore insolvente dopo di averla compiuta, la necessità di andarsene con una mano davanti ed una di dietro (per coprirsi le vergogne). Era infatti quello il modo con cui il debitore si allontanava dal luogo dove pronunciando l’espressione Cedo bona spesso corrotta in Cedo bonis dichiarava fallimento manifestando la sua insolvibilità; la cerimonia [che adattando il Cedo bona latino diventava – in napoletano - zitabona]prevedeva oltre la pronunzia della formula, il dover poggiare le nude natiche su di una colonnina posta a Napoli innanzi al tribunale della Vicaria a dimostrazione di non aver piú niente. Altrove, ad es. a Firenze la cerimonia era la medesima, ma in luogo della colonnina occorreva sedersi, a nude natiche, su di un cuscino di pietra. La cerimonia diede vita a Napoli anche all’espressione Jirsene cu ‘na mano annante e n’ata arreto che si usò e si usa a dileggio di chi, non avendo concluso nulla di buono, ci abbia rimesso fino all'ultimo quattrino e non gli resti che l'ignominia di cambiar zona andandosene con una mano davanti ed una di dietro.Va da sé che l’esser costretti a mostrarsi a natiche nude in pubblico, comportasse il diventare oggetto di beffa, burla, canzonatura, motteggio, irrisione da parte degli astanti, situazione che diede vita all’espressione in esame piglià p’ ‘o culo che – come ò détto – vale prendersi gioco di qualcuno, schernirlo, deriderlo, beffare, burlare, canzonare, irridere, dileggiare, prendere (in giro) a causa del culo.
Tra le locuzioni dure e becere rammento
VA’ A FFÀ ‘NCULO e VALLO A PPIGLIÀ ‘NCULO
Ci troviamo a che fare con due icastiche, sebbene grevi, triviali espressioni che si colgono sulle labbra di chi abbia perso la pazienza per essere o essere stato troppo irritato ed infastidito da un importuno, un seccatore,uno scocciatore,un rompiscatole e lo apostrofi perciò con decisione se non fermezza ed energia nel tentativo di liberarsene.La prima locuzione ad litteram vale : Vai a fare (id est: a coire) nel culo! Cioè a dire: Non mi importunare piú, liberami della tua presenza e va’ ad occupare diversamente il tuo tempo dedicandoti a pratiche sodomitiche piuttosto che ad infastidire me.
Piú acconciamente della prima locuzione, la seconda (pur restando nel medesimo àmbito) ad litteram vale : Vai a prenderlo (e quale sia il quid da prendere è intuibile) nel culo cioè a dire: Non mi importunare piú, liberami della tua presenza e, piuttosto che infastidirmi, va’ ad occupare il tuo tempo in pratiche sodomitiche, tenendo però non la parte attiva, ma quella passiva che è la soccombente, meno gradevole e piú dolorosa!
Ò parlato di piú acconciamente perché ritengo che una persona spazientita piú che invitare il suo seccatore a prendersi un divertimento intenda invitarlo ad assoggettarsi ad una sordida sofferenza...
Altre espressioni icasticamente scurrili sono:
FÀ TREMMÀ ‘O STRUNZO ‘NCULO
Ad litteram: far tremare lo stronzo nel culo; id est: incutere in qualcuno, attraverso gravi minacce, tanto timore o spavento da procurargli, iperbolicamente, un convulso tremore degli intestini e del loro contenuto prossimo ad essere espulso. CHILLO SE ‘MPIZZA 'E DDETE 'NCULO E CACCIA 'ANIELLE.
Ad litteram: Quello si ficca le dita nel sedere e tira fuori anelli. Id est: la fortuna di quell'essere è cosí grande che, a mo’ di un prestidigitatore, è capace di procurarsi beni e ricchezze anche nei modi meno ortodossi o possibili.
NUN FÀ PÉRETE A CCHI TÈNE CULO ed alibi
NUN DÀ PONIE A CCHI TÈNE MANE.
Ad litteram: Non far peti a chi sia provvisto di culo ed alibi Non dar pugni a chi abbia le mani
I due consigli in esame, con parole diverse mirano in fondo allo stesso scopo: avvertire colui cui vengon rivolti di porre parecchia attenzione al proprio operato per non incorrere (secondo un noto principio fisico) in una reazione uguale e contraria che certamente si verificherà; nel caso sub A, infatti è facile attendersi una salva di peti da parte di colui che, provvisto di sedere, sia stato fatto oggetto di una medesima salva. Nel caso sub B, chi à colpito con pugni qualcuno si attenda pure la medesima reazione se il colpito è provvisto di mani.
A questo punto vale la pena rammentare che furbescamente nell’inteso comune popolare esistono vari tipi di culo:
CULO A BUTTIGLIONE, CULO A MMAPPATA, CULO A PPURTERA, CULO A TTAMMURRO, CULO A MMANDULINO,
Ad litteram: culo a forma di bottiglione, di pacco, di portiera, di mandolino. Cosí, in vario modo si suole alludere alle diverse configurazioni di un fondoschiena e segnatamente di un fondoschiena femminile; la forma piú - diciamo - pregiata è ritenuta l'ultima: quella che arieggia la struttura del mandolino. Il fondoschiena a buttiglione (accrescitivo di butteglia) è invece quello vasto, massiccio ed inelegante (tal quale una grossa bottiglia) di una donna tozza e grassa il cui fondoschiena faccia da pendant con la rotondità della pancia. Il fondoschiena a mappata (quantità di roba che si contiene in un tovagliolo, fagotto,fardello) è quello vasto ed inelegante come che inviluppato in troppi panni che ne nascondano la forma. Il fondoschiena a ppurtèra ( adattamento al femminile di purtiére= portinaio, guardaportone) è quello informe, schiacciato ed inelegante come nell’inteso comune si pensa sia il fondoschiena di una portinaia adusa a stare seduta tutto il giorno in guardiola sino ad averne il fondoschiena schiacciato. Infine il fondoschiena che ci occupa è quello a tammurro cioè quello scostumato e risuonante di una popolana adusa a rumorosamente scorreggiare.
Ciò détto passo a trattare i sinonimi della voce testé esaminata; abbiamo
mazzo s.vo m.le di per sé in primis è l’ano e poi per sineddoche il culo, il sedere,il deretano, il complesso delle natiche e dell’ ano complesso che è tipico degli esseri umani e degli animali quadrupedi di grossa taglia; gli uccelli come il gallo (cfr. ultra) non son forniti di natiche, ma del solo ano; cionnonpertanto nella locuzione che esaminerò si preferisce mantenere la voce mazzo riferito al gallo, voce piú rapida e forse meno volgare di ‘o buco d’’o culo con cui in napoletano, accanto ad altre voci come fetillo,feticchio, taficchio, màfaro etc. si indica l’ano;etimologicamente la voce mazzo è dall’acc. lat. matia(m)=intestino e la voce femminile matiam è stata poi maschilizzata ed in luogo di dare mazza à dato mazzo;la maschilizzazione si rese necessaria per scongiurare la confusione tra un’eventuale mazza (ano) e la mazza (bastone) e si addivenne al maschile mazzo anche tenendo presente che nel napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso se maschile piú piccolo o contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo piú grande de ‘a caccavella; nella fattispecie l’ano, per vasto che possa essere, è certamente piú piccolo d’ un bastone e dunque mazzo l’ano/il sedere e mazza il bastone.
A margine di questa voce rammento che nel napoletano esiste un omofono ed omografo mazzo che vale però fascio (di fiori, ortaggi o carte da giuoco) ed à un diverso etimo non derivando dall’acc. lat. matia(m)=intestino , ma da un nom. lat. med. macĭus. La voce mazzo(ano/sedere) concorre alla formazione di
smazzato/a, agg.vo e s.vo m.le o f.le voce furbesca a carattere gergale o popolaresco; letteralmente 1.fortunato/a,sodomizzato/a e
(per traslato) malizioso/a,furbo/a;
(per ampl. sem.) cattivo, malevolo,
etimologicamente si tratta del part. pass. del verbo smazzà = rompere il sedere, che deriva dal sostantivo mazzo (culo, fondoschiena) dal lat. matea= intestino; nel parlato popolare della città bassa sono in uso ancóra i diminutivi che seguono
smazzatiéllo/smazzatèlla s.vo ed agg.vo m.le o f.le monello/a,vivace,vispo/a,furbo/a,lazzaroncello/a,sbarazzino/a; etimologicamente si tratta come ò détto d’un furbesco diminutivo (cfr. i suff. i +éllo - ella) dell’ agg.vo smazzato (=fortunato, sodomizzato);
smallazzo s.vo neutro che di per sé lo stramazzare, il cadere di colpo e pesantemente,voce relativamente recente, risalente com’è a gli anni ’40 del 1900, di etimo incerto trattandosi di voce a carattere gergal-popolare la cui formazione probabilmente è derivata dall’incrocio tra la voce ted. schmalz [strutto ( che è untuoso, viscido e scivoloso) ] e mazzo (culo, deretano, sedere); il medesimo mazzo lo si ritrova nella voce
sciuliamazzo s.vo neutro = scivolone con conseguente caduta battendo il sedere; etimo: dal verbo sciulià + il sost. mazzo; sciulià= scivolare da un lat. volgare exevoliare frequentativo di exevolare.
Tra le locuzioni che usano la voce a margine rammento:
'A GALLINA FA LL'UOVO E Ô VALLO LL'ABBRUSCIA 'O MAZZO.
Letteralmente:la gallina fa l'uovo e al gallo brucia l'ano. Id est: Uno lavora o sopporta pesi e disagi ed un altro si lamenta della fatica che non à fatto, o fa le viste di avere sulle proprie spalle il peso di disagi altrui. La locuzione è usata quando si voglia redarguire qualcuno che si sia vestito della pelle dell'orso catturato da altri, o quando si voglia esortar qualcuno a non lamentarsi per fatiche che non abbia compiute, e di cui invece faccia le viste di portare il peso.
TENÉ 'E FRUVOLE DINT' Ô MAZZO.
Letteralmente: avere i fulmini, i razzi nel sedere. Icastica espressione con la quale si indicano i ragazzi un po' troppo vivaci ed irrequieti ritenuti titolari addirittura di fuochi artificiali allocati nel sedere, fuochi che con il loro scoppiettio costringono i ragazzi a non stare fermi, anzi a muoversi continuamente per assecondare gli scoppiettii. La locuzione viene riferita soprattutto ai ragazzi, ma anche a tutti coloro che non stanno quieti un momento. Letteralmente 'e fruvole (dal latino fulgor con roticizzazione e successiva metatesi della elle, nonché alternanza metaplasmatica g→v o v→g come in gallo→vallo, gallina→vallina,vorpa→gorpa, vulio→gulio) sono i fulmini, le folgori.
Continuiamo a trattare i sinonimi della voce testé esaminata; abbiamo
chiuotto/chiotto s.vo m.le di doppia morfologia una volta con la dittongazione della o breve, una volta senza; voce antica e desueta che valse come il pregresso mazzo ano e poi per sineddoche il culo, il sedere,il deretano, il complesso delle natiche e dell’ ano; la voce etimologicamente è attestata nel Du Cange come lat. med. clŏt = buco donde sortiscono i fetidi materiali del ventre; normale nel napoletano l’esito cl→ch seguito da vocale (cfr.clausum→(n)chiuso, clavu(m)→chiuovo, ecclesia→(ec)clesia→chiesia, clurima→clur[i]ma→chiorma).
proso/prozo s.vo m.le d’uso gergale (parlesia dei suonatori ambulanti) è la parola che indica esattamente il culo,il deretano; la voce si ritrova a fondamento dei verbi ‘mprusà/ ‘mpruzà che è precisamente l’andare in culo, il sodomizzare e poi per traslato l’ingannare, l’imbrogliare, il raggirare etc; sulla medesima parola proso è forgiato il termine ‘mprusatura o ‘mpruzatura e con alternanza p b anche ‘mbrusatura o ‘mbruzatura che sono esattamente il raggiro, l’imbroglio, l’inganno;trattandosi per la voce a margine di un termine gergale questa volta è pressoché impossibile risalire a l’etimo, né vale azzardare ipotesi che si fonderebbero sul vuoto ancorché qualcuno legga in proso una metatesi del greco býrsa→brýsa→bruso→broso→proso (sacco/borsa),ipotesi che per un certo tempo non mi convinse affatto non riuscendo a trovare nessun rapporto semantico, né di forma, né di utilizzo tra il fondoschiena ed un sacco od una borsa; ma ora mi son lasciato convincere dall’idea atteso che con una qualche buona volontà si puó ritenere semanticamente il prozo/proso una sorta di borsa/contenitore de gli escrementi! Andiamo oltre e troviamo
pitoffio s.vo m.le voce d’uso nel parlato popolare per identificare l’ano dell’essere umano e, raramente, per sineddoche il culo, il deretano.È voce infatti usata quasi esclusivente nell’espressione mettere a pitoffio che vale sodomizzare ed in senso esteso danneggiare, ledere qualcuno sia in senso materiale che, piú spesso, in senso morale; per quanto riguarda l’origine della voce pitoffio si tratta d’ un adattamento della voce pataffio = persona grossa e rozza, uomo grosso e paffuto donde per metinomia il suo vasto deretano e segnatamente l’ano; la voce pataffio poi corrotta in pitoffio è un’alterazione popolare di epitaffio→(e)pitaffio→pataffio =iscrizioni su lastre marmoree o di pietra semanticamente riconducibili alla grossezza e rozzezza dell’uomo grosso e paffuto accreditato d’avere un gran deretano.
crespone s.vo m.le antica e desueta voce che di per sé indicherebbe una grossa ruga, grinza, increspatura quale accrescitivo di crespo dal lat. crispu-m ma nel parlato popolare à significato primo di ano e per sineddoche anche di deretano, didietro, sedere, con riferimento semantico al tipo di pelle che circonda l’ano propriamente détto.
funnamiento s.vo m.le altra antica e desueta voce d’uso nel parlato popolare nel significato di posteriore, quale parte posta al fondo del busto umano; la voce in effetti non vale fondamento/fondazione come qualcuno equivocando potrebbe pensare..., bensí posto al fondo ed è dal lat. fundamentu(m), deriv. di fundare = mettere al fondo; sempre nel parlato popolare la voce a margine la si ritrova come sfunnamiento con la protesi di una S intensiva nel significato traslato di grande fortuna
sedicino s.vo m.le antica, ma non desueta voce che vale di suo e senza alcuna metinomia deretano, didietro, sedere, culo; si tratta etimologicamente di voce denominale dell’ agg.vo num.le card.le invar.le sedici numero naturale corrispondente a una decina piú sei unità che nella smorfia napoletana indica appunto il culo. Con il numero sedici rammento che si indicò un tempo altresí l’artista che dipinge o scolpisce ed il tamburo; è possibile, benché non sia semplice cogliere l’accostamento del culo conl’artista che dipinge o scolpisce e con il tamburo; tuttavia li chiarirò: il primo accostamento lo si coglie pensando che tra il tardo ‘600 ed il ‘700 vi furono moltissimi pittori e scultori che produssero gran copia di dipinti o statue molti dei quali raffiguranti nudi femminili o maschili con prorompenti anatomie tali da farle accostare all’artista che le aveva dipinte (o scolpite);per l’altro accostamento rimando a ciò che ò détto antea. Proseguiamo.
màfero/màfaro s.vo m.le di doppia morfologia
con il termine màfero/màfaro in primis esattamente si intende il cocchiume, cioè il foro situato sul diametro massimo della botte e per estensione si intende anche il tappo di legno o sughero che serve a chiuderlo; poi per traslato il termine màfero/màfaro indica pure l'ano e per metinomia il culo tutto, donde poi con evidente traslato semantico si indica anche la fortuna (cfr. l'espressione "Vi' che mmàfaro" per dire "Che fortuna!"Etimologicamente la voce màfero/màfaro è d'origine osca: mamphar attraverso un tardo latino "mamphur".
fetillo/feticchio s.vi m.li voci che (con contenuta differenza morfologica) in primis esattamente indicano l’ano e poi come abbiamo piú volte visto, per metinomia il culo tutto, il deretano etc. Si tratta etimologicamente di voci ricavate quali furbeschi deverbali dal lat. foetíre= puzzare atteso che l’ano è la parte del posteriore esattamente deputata all’emissione delle maleolenti feci e/o dei puzzolenti gas intestinali.
culippo s.vo m.le antica voce talvolta ancóra in uso con la quale in primis esattamente e furbescamente si intende un fondoschiena femminile tanto estroflesso e pronunciato da potersi quasi appaiare a quello d’ una cavalla da tiro. Si tratta infatti etimologicamente di voce ricavata dall’agglutinazione del lat. cul(um)= culo adizionato del greco ippo(s)= cavallo;
suatto s.vo m.le antica e desueta voce che nel suo preciso significato identificò un contenuto, benformato elegante fondoschiena d’una giovane donna; voce etimologicamente marcata sul s.vo francese séant che genericamente vale sedere; questo il percorso morfologico: séant→súant→súatt(o);
Anche le successive tre voci sono termini antichi e desueti:
tafanario s.vo m.le voce che in primis vale ano e poi per sineddoche vasto ed ingombrante sedere di uomo o donna , ampio fondoschiena, deretano di grosse proporzioni; etimologicamente la voce è dall’omofono ed omografo spagnolo tafanario d’uguale significato;
tàfaro s.vo m.le voce che vale ampio,grosso fondoschiena sia delle bestie di grossa taglia,che – maliziosamente – degli essere umani grossi ed ingombranti voce marcata sull’arabo tafar = sottocoda;
taficchio s.vo m.le voce che in primis vale ano, buco e poi per sineddoche minuto sedere di uomo o donna , ridotto fondoschiena, snello deretano di piccole proporzioni etimologicamente per alcuni (D’Ascoli e quelli che vi attingono) la voce è da collegarsi al pregresso tafanario ma non è spiegato quale sia il percorso morfologico; a mio avviso la voce è invece un adattamento metatetico del precedente feticchio→teficchio→taficchio.
E qui potrei dire di avere esaurito l’argomento, ma mi resta ancóra da parlare delle ultime tre voci seguenti che di proposito ò relegato in fondo a queste paginette trattandosi di voci non d’uso generale, ma circoscritto e particolare.
Abbiamo dunque, per concludere:
campo 'e fave ad litteram campo di fave locuzione letterario/poetico (cfr. Raffaele Viviani, Castellammare di Stabia 10 /1/1888 †Napoli22/3/ 1950 ne La Rumba degli scugnizzi: Pacchiané chi s’ ‘o ppenzava, tiene chistu campo ‘e fave?) con cui si indica un formoso fondoschiena d’una giovane donna/contadinella accreditato furbescamente d’essere un campo per coltivarci le fave e sotto il termine fava maliziosamente si adombra (come anche nell’italiano) il membro maschile, il pene;
cufenaturo s.vo m.le 1 in primis conca, grosso vaso di terracotta o metallico usato per convogliarvi i panni da bucato; 2 (per traslato e come nel caso che ci occupa) giocoso riferimento ad un greve, ingombrante fondoschiena slombato, tipico delle anziane donne addette alla lavatura a mano dei panni
culo ‘e reto Ad litteram: culo di dietro locuzione espressiva tautologica tipica del napoletano (cfr. alibi vista ‘e ll’uocchie, palazzo ‘e case,puorto ‘e mare,troppo assaje, pacca ‘e culo,strunzo ‘e mmerda etc.) che manco a dirlo indica esattamente il culo, il sedere, il deretano, posto ovviamente dietro cioè nella parte posteriore del corpo.
reto/areto/arreto avv. di luogo = dietro; la voce è sempre la medesima: dal lat. ad + retro→arretro donde arreto con dissimilazione totale della (R) di tro; questo il percorso per giungere da arreto alla semplificazione reto: arreto→a(r)reto→areto→(ar)reto.
Ora veramente mi pare che non ci sia altro da aggiungere per cui mi fermo qui, sperando d’avere accontentato l’amico G.J. O. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e chi forte dovesse imbattersi in queste paginette. Satis est.
Raffaele Bracale
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