mercoledì 31 agosto 2016

MERAVIGLIA & DINTORNI

MERAVIGLIA & DINTORNI Questa volta su suggerimento/richiesta dell’amico E. C. amico di cui al solito (per questione di riservatezza) mi limito ad indicare le iniziali di nome e cognome, prendo in esame la voce italiana in epigrafe, i sinonimi , quelle collegate e le corrispondenti del napoletano che al solito sono maggiormente significative ed icastiche. Cominciamo: meraviglia s.vo f.le 1 sentimento di viva sorpresa suscitato da qualcosa di nuovo, strano, straordinario o comunque inatteso: provare, destare, mostrare meraviglia; ascoltare con meraviglia; essere pieno di meraviglia | far meraviglia (a qualcuno), stupire: mi fa meraviglia che parli cosí! | a meraviglia, ottimamente, perfettamente: tutto è andato a meraviglia 2 persona o cosa che per la sua bellezza o il suo carattere straordinario suscita ammirazione: quel bambino è una meraviglia; à una casa che è una meraviglia; le meraviglie della natura | le sette meraviglie del mondo, le sette opere artistiche dell'antichità che venivano considerate come le piú insigni creazioni dell'uomo | l'ottava meraviglia, cosa eccezionalmente bella (spesso scherz. o iron.) | raccontare, dire meraviglie di qualcuno o qualcosa, parlarne molto bene, dirne cose straordinarie, spesso esagerando | far meraviglie, compiere imprese eccezionali 3 (region.) nome di varie piante erbacee ornamentali, fra cui la bella di notte. !». Etimologicamente voce marcata in origine sul napoletano maraviglia che era da una forma osca mērabilia/mārabilia del lat. mirabilia→marabilia→maraviglia, propr. 'cose meravigliose', neutro pl.poi inteso f.le sost. dell'agg. mirabilis 'meraviglioso';ed in effetti anticamente e per lunga pezza anche in italiano si ebbe maraviglia in luogo di meraviglia; successivamente (XII sec.)incomprensibilmente s’ebbe una mutazione operata dnel dialetto toscano trasformando una A etimologica ( cosa invero abituale: cfr. altrove: la fessaria napoletana derivata da fessa venne trasformata in fesseria) adottando, (ma non se ne coprendono serie ragioni) una piú chiusa E (fessaria vien trasformata in fesseria, maraviglia→meraviglia) nella sciocca convinzione che la vocale chiusa E sia piú consona dell'aperta A alla elegante (?) lingua di Alighieri Dante. emozione, s.vo f.le s. f. (psicol.) intenso moto affettivo, piacevole o penoso, che desta alternativamente commozione, trepidazione, eccitazione, agitazione; moto accompagnato per lo piú da modificazioni fisiologiche e psichiche (pallore o rossore, reazioni motorie ed espressive ecc.) | nell'uso corrente, impressione viva, turbamento, stupore: provare una forte emozione; andare in cerca di emozioni, di esperienze eccitanti; accogliere una notizia senza emozione, con indifferenza. Etimologicamente voce dal fr. émotion, deriv. del lat. tardo emotione(m), che è da emotus; stupore, s.vo m.le 1 meraviglia grande ed improvvisa; sbalordimento: essere colto, preso da stupore; un'esclamazione di stupore 2 (med.) arresto della motilità volontaria, associato ad un indebolimento dell'attività psichica; stato di stordimento;intontimento. Etimologicamente voce dal lat. stupore(m), deriv. di stupíre 'sbalordire'; sbalordimento, s.vo m.le Il fatto di stupire, d’essere sconcertato, impressionato; stato di stupefazione: essere preso dallo sbalordimento; riaversi dallo sbalordimento etc. ;Etimologicamente voce deverbale di sbalordire che è un denominale di balordo (1 persona sciocca o molto sbadata. 2 (gerg.) delinquente, malavitoso (dal tardo lat. bis→ba + lurdu(s)= zoppicante,con protesi di una s intensiva); stordimento, s.vo m.le lo stordire, lo stordirsi; stato di chi è stordito;sorpresa, sconcerto,turbamento (tutti stati d’animo che determinano quel sentimento di viva sorpresa che è la meraviglia); Etimologicamente voce deverbale di stordire che è un denominale di tordo, nel senso fig. di 'uomo semplice, balordo', col pref.intensivo s- sbigottimento, s.vo m.le sbalordimento, smarrimento, stato di agitazione,di sconvolgimento,di ansia,di confusione che che inducono all’essere meravigliato,stupito, stupefatto, sbalordito, sorpreso, trasecolato, strabiliato. Etimologicamente voce deverbale di sbigottire che è marcato sul fr. ant. esbahir 'sbalordire'; miracolo, s.vo m.le 1 (in primis teol.) fatto sensibile, ma estraneo all'ordinario corso naturale, che Dio e solo Dio compie, anche per intercessione della Madonna o dei santi, al fine di rivelare il suo potere e confermare l'uomo nella fede: i miracoli di Gesú; il miracolo della resurrezione di Lazzaro; | fare, operare un miracolo | gridare al miracolo, (fig.) manifestare una meraviglia sproporzionata all'evento che la suscita | credere nei miracoli, (fig.) credere che si realizzi un evento impossibile o molto improbabile | conoscere, raccontare vita, morte e miracoli di qualcuno, ogni cosa su di lui, fin nei minimi particolari (l'espressione era ricorrente, in senso proprio, nel titolo delle vite dei santi) 2 (iperb.come nel caso che ci occupa ) cosa o fatto meraviglioso, straordinario, fuori del comune: i miracoli dell'arte, della scienza | miracolo economico, periodo di intenso e rapido sviluppo dell'economia di un paese; in Italia, per antonomasia, il periodo degli anni 1955-1965 | essere un miracolo che, essere straordinario, eccezionale: è un miracolo che sia rimasto illeso; fu un miracolo che ci fossi anch'io | fare miracoli, fare qualcosa di incredibile, che si riteneva umanamente impossibile: una cura che fa miracoli; un atleta che à fatto miracoli | dire miracoli di qualcuno, parlarne in tono entusiastico | per miracolo, a stento, a malapena; per caso: salvarsi per miracolo; ò preso l'aereo per miracolo; l'ò trovato in ufficio per miracolo | essere un miracolo di ingegno, di bontà, di bravura ecc. , si dice di persona o cosa che ha capacità, qualità, caratteristiche straordinarie: mio figlio è un miracolo di memoria; un intarsio che è un miracolo di pazienza 3 dramma sacro medievale in volgare avente per tema un miracolo compiuto da Dio attraverso i santi o servendosi di loro. Etimologicamente voce dal lat. miraculu(m) 'meraviglia', deriv. di mirari 'osservare con ammirazione, meravigliarsi'; incanto, s.vo m.le 1 l'incantare, l'essere incantato: fare, compiere un incanto | come per incanto, d'improvviso, in un modo che à del magico | d'incanto, meravigliosamente, alla perfezione: un vestito che le sta d'incanto 2 (fig.) fascino, forza di seduzione: l'incanto di una voce, di uno sguardo | atmosfera incantata: l'incanto di una notte stellata 3 (fig. come nel caso che ci occupa ) persona o cosa deliziosa, incantevole, che desti meraviglia: quella ragazza è un incanto 4vendita pubblica di un bene al migliore offerente: mettere, vendere, comperare all'incanto Etimologicamente per i significati sub 1,2,3 voce deverbale di incantare che è dal lat. incantare 'cantare formule magiche', comp. di in- e cantare, frequent. di canere 'cantare'; per il significato sub 4 è voce dal lat. mediev. incantum, da in quantum? 'a quanto, a quale prezzo?', formula tipica delle vendite all'asta; bellezza, s.vo f.le 1 qualità di ciò che è bello (anche in senso morale); il valore estetico delle cose: una donna di grande bellezza; la bellezza del creato, di un'opera d'arte; la bellezza di un sacrificio; bellezza fisica, quella del corpo | prodotto, istituto, cura di bellezza, che mira a preservare e a curare la bellezza fisica | bellezza greca, classica, rispondente ai canoni dell'arte greca antica | per bellezza, a scopo ornamentale | finire, chiudere in bellezza, finire bene l'opera intrapresa 2 persona o cosa bella: le bellezze della natura | bellezze naturali, ambientali, luoghi in cui la natura è bella di per sé o per l'azione dell'uomo, e che sono tutelati dalla legge come patrimonio culturale pubblico | una bellezza somala, donna bella appartenente a quell'etnia | bellezza!, apostrofe di tono confidenziale o ironico: senti, bellezza! | che bellezza!, escl. di gioia, soddisfazione e sim.: oggi è vacanza, che bellezza! 3 (fig. come nel caso che ci occupa ) persona o cosa deliziosa, incantevole, che desti meraviglia, stupore: quella donna è una vera bellezza! 4 in espressioni enfatiche: questa pianta cresce che è una bellezza, bene e rapidamente | con valore ironico, per indicare grande quantità: mi è costato la bellezza di mezzo stipendio. Etimologicamente voce denominale di bello attraverso l’uso del suffisso ezza, suffisso che rappresenta la continuazione popolare del suff. lat. -itia(m) e serve a formare nomi astratti derivati da aggettivi (bellezza, grandezza); a sua volta bello (ag.vo dal lat. bellu(m) 'carino', in origine dim. di bonus 'buono'; prodigio, s.vo m.le 1 fatto, fenomeno che esce dal corso ordinario delle cose naturali: un prodigio di natura; nell'antichità si interpretavano i prodigi; 2 (iperb. e fig. come nel caso che ci occupa) fatto, evento che suscita meraviglia per il suo carattere eccezionale, fuori del comune; anche, la persona o la cosa che abbia doti, caratteristiche eccezionali: un chirurgo che compie prodigi; essere un prodigio di bravura, di memoria; un prodigio della tecnica || Usato, secondo i piú anche come agg. invar. nelle loc. bambino, bambina prodigio., ma a mio avviso anche in questo caso si tratta di s.vo usato quale apposizione(sostantivo o sintagma nominale che si unisce a un nome al fine di determinarlo(per es.: il fiume Arno; Giacomo Leopardi, poeta italiano); Etimologicamente voce dal lat. prodigiu(m); splendore s.vo m.le 1luce intensa e fulgente: lo splendore del sole, dell'oro 2 (fig.come nel caso che ci occupa) carattere eccezionale, straordinario di qualcosa che induce allo stupore; fulgore: lo splendore della bellezza, dei vent'anni | bellezza eccezionale; persona, cosa molto bella: un bimbo che è uno splendore; uno splendore di ragazza; che splendore di casa! 3 magnificenza, sfarzo: lo splendore della festa; gli splendori della corte 4 (fis.) termine usato un tempo per indicare la brillanza(grandezza fotometrica che è data dal rapporto tra l'intensità luminosa di una superficie irraggiante e l'unità della superficie stessa; luminanza, luminosità; voce deverbale di brillare che è connessa con il lat. beryllus 'berillo', sostanza splendente). Etimologicamente voce dal lat. splendore(m), deverbale di splendíre 'splendere'. Esaurite cosí le voci dell’italiano, passiamo a quelle napoletane principiando da maraviglia per poi soffermarci sui sinonimi; ordunque maraviglia, s.vo f.le – 1. a. Sentimento vivo e improvviso di ammirazione, di sorpresa, che si prova nel vedere, udire, conoscere cosa che sia o appaia nuova, straordinaria, strana o comunque inaspettata: lieta, dolce, grata o spiacevole, dolorosa etc.. Con riferimento a ciò che provoca il sentimento; 2. a. Causa di meraviglia: succedette ‘nu fatto ‘e granne maraviglia(intervenne cosa di gran meraviglia); non è maraviglia si (non v’à meraviglia se ...), non vi è ragione di meravigliarsene; in funzione di predicato, riferito a persona, cosa, situazione e sim. che desti grande ammirazione per la sua bellezza o per altre interessanti e piacevoli qualità:che maraviglia ‘e criaturo!tene ‘nu ciardino ch’è ‘na maraviglia;’sti ccullane so’ ‘na vera maraviglia; si t’affacce a gguardà ‘o panurama, vedarraje che maraviglia!;chillu guaglione cresce ch’è ‘na maraviglia.); ( che m. di bambino!; à un giardino che è una m.; queste collane sono una vera m.; se ti affacci a vedere il panorama, vedrai che m.!; quel ragazzo cresce che è una m.); Col verbo sottinteso: maraviglia ca allimmeno ‘na vota te ne sî arricurdato( m. che almeno una volta te ne sia ricordato!); b. Al plur., cose meravigliose: dicere maraviglie ‘e quaccheduno, ‘e coccosa (dir meraviglie di qualcuno, di qualche cosa), farne altissime lodi, dirne un gran bene;fà maraviglie (fare, operare meraviglie), compiere azioni straordinarie o che destano ammirazione; raccuntà maraviglie(raccontare meraviglie), raccontare cose che ànno del meraviglioso o dello strano, o anche, piú semplicemente, esagerare nel raccontare o riferire. Talora, con lo stesso senso, è usato il sing., ma con valore molto vicino al plur. (come è appunto nell’etimologia latina):siente che maraviglia! (odi che meraviglia!); 3. a. Con senso concreto, cosa, opera mirabile, che suscita profonda ammirazione per il suo pregio, per la sua straordinaria bellezza, importanza o rarità:’e mmaraviglie d’ ‘o munno, ‘e ll’arte (le m. del creato, dell’arte); ll’aggio accumpagnato a vedé ‘e mmaraviglie ‘e Napule(l’ò accompagnato a vedere le meraviglie di Napoli;’e mmaraviglie d’ ‘a scienzia(le meraviglie della scienza) (cioè le cose meravigliose scoperte o inventate dalla scienza). In partic., ‘e ssette maraviglie d’ ‘o munno(le sette m. del mondo), le sette opere di architettura e di scultura che gli antichi consideravano come i maggiori monumenti creati dall’uomo, e cioè il colosso di Rodi, il faro di Alessandria, il mausoleo di Alicarnasso, la statua crisoelefantina di Zeus a Olimpia, il tempio di Artemide a Efeso, i giardini pensili di Babilonia, la piramide di Cheope in Egitto. Quindi,ll’uttava maraviglia (d’ ‘o munno) ( l’ottava m. (del mondo), cosa o persona bellissima, spec. in tono elogiativo; spesso scherz., oppure sarcasticamente, di cosa, o anche di persona, che pretende di essere o che altri voglia far passare per bellissima. b. ant. Cosa bizzarra, originale; in partic., al plur., sorta di ricamo (che oggi si direbbe «di fantasia»): cu dduje cuscine faticate a mmaraviglie(con due guanciali lavorati a maraviglie). 4. Locuz. avv. a maraviglia, in modo da meravigliare, o alla perfezione: nun sulamente ‘e nomme,ma pure ‘e fatte succiese ‘e ssaccio a maraviglia(non solo i nomi, maanche le cose accadute, le conosco a maraviglia). Piú spesso, nell’uso com., benissimo, ottimamente: tutto prucede a mmaraviglia, pare ca ll’esame è gghiuto a maraviglia; (tutto procede a meraviglia; pare che l’esame sia andato a meraviglia); esprime viva soddisfazione, e si usa perciò anche assol.: «Songo riuscito a avé a gratisse dduje biglietti p’ ‘o triato» «A maraviglia!». «Sono riuscito ad avere gratis due biglietti per il teatro» «A meraviglia!». Etimologicamente voce da una forma osca mērabilia/mārabilia del lat. mirabilia→marabilia→maraviglia, propr. 'cose meravigliose', neutro pl.poi inteso f.le sost. dell'agg. mirabilis 'meraviglioso' lat. mirabilia→marabilia→maraviglia, propr. 'cose meravigliose', neutro pl.poi inteso f.le sost. dell'agg. mirabilis 'meraviglioso'; affamuliazzione, s.vo f.le 1in primis attrazione, l’azione di conquistarsi, ingraziarsi, guadagnarsi, propiziarsi, cattivarsi 2 (per tras.come nel caso che ci occupa ) fascino, attrattiva, malia; interesse, richiamo provocato dallo stupore suscitato da cosa e/o persona Etimologicamente voce deverbale del lat. adfamulor rafforzativo di famulor affatturazzione, s.vo f.le 1in primis incantamento, l’azione di ammaliare con poteri magici, ingraziarsi, guadagnarsi, propiziarsi, cattivarsi 2 (per tras.come nel caso che ci occupa ) fascino, attrattiva, seduzione, malia, attrazione, lusinga, allettamento, richiamo, incanto provocato dalla meraviglia suscitata da cosa e/o persona.Etimologicamente voce denominale di fattura (dal lat. factura(m), deriv. di factus, part. pass. di face°re 'fare'). affuscazzione, s.vo m.le 1in primis incantamento, offuscamento, annebbiamento l’azione di confondersi, abbagliarsi, arrossire, adirarsi etc. 2 (per tras.come nel caso che ci occupa )sinonimo della voce precedente nei significati sub2 intensa, attrattiva, seduzione, malia, attrazione, lusinga, acceso, vivo, vivido, deciso allettamento, richiamo, incanto provocato dalla meraviglia suscitata dall’imbattersi in cosa e/o persona meravigliosa. Etimologicamente voce deverbale del lat. tardo offuscare→affuscare, deriv. di fuscus 'fosco, scuro'; allucenazzione, s.vo f.le 1 (in primis) percezione di oggetti o segnali che non esistono nel campo sensoriale del soggetto, ma che sono da lui ritenuti reali; 2 (estensivamente e per tras.come nel caso che ci occupa) inganno, abbaglio provocato dallo sbigottimento e/o emozione suscitati dall’imbattersi in cosa e/o persona sorprendente, straordinaria, incantevole. Etimologicamente voce dal lat.alucinatione(m)→allucenazzione con tipici raddoppiamente espressivi della consonante laterale alveolare (l) e della l'affricata alveolare sorda... (z) come in tutte le voci napoletane che ànno la doppia (zzione cfr. azzione , ggione cfr. raggione) laddove in italiano si opta per la scempia(zione cfr. azione , gione cfr. ragione) ‘ncantamiento, s.vo m.le 1 (in primis antico sinonimo di ) incantesimo: 2(per estensione come nel caso che ci occupa ) l'incantare, l'incantarsi la condizione di chi è incantato, imbambolato attirato da cosa, persona o fatto meraviglioso, straordinario, fuori del comune: Etimologicamente voce dal lat. incantamĕntu(m)→ (i)ncantamĕntu(m) ‘ncantamĕntu(m)→’ncantamiento; cfr. ‘ncantà= stregare, ammaliare, affatturare; ‘ncantesimo, s.vo m.le 1 in primis l'essere incantato;beatitudine, forza di seduzione, mezzo di seduzione: fà ‘nu ‘ncantesimo (fare un incantesimo) | spezzà ‘o ‘ncantesimo(rompere l'incantesimo), annullarne gli effetti; interrompere uno stato di beatitudine, riportare bruscamente alla realtà; 2 (fig.come nel caso che ci occupa) la condizione di chi è grandemente incantato, imbambolato attirato da cosa, persona o fatto meraviglioso, straordinario, fuori del comune, stupefacente, prodigioso, fenomenale; Etimologicamente voce deverbale del lat. incantare→’ncantà =ammaliare, affatturare( 'cantare formule magiche', comp. di i°n- e cantare, frequent. di canere 'cantare'; ‘nfafaremiento, s.vo m.le sinonimo del precedentenell’accezione sub 2 1 in primis abbagglio, intontimento, confusione, arrabbiatura 2 (fig.come nel caso che ci occupa) stordimento, istupidimento,provocati da cosa, persona o fatto meraviglioso, sorprendente, sbalorditivo,sensazionale, fenomenale. Etimologicamente si tratta di voce denominale del s.vo ‘nfanfaro(= sciocco, stolto, deficiente, imbecille, scimunito) voce ottenuta partendo da un in→’n illativo + il s.vo fanfaro = fanfarone, smargiasso, millantatore etc. che è a sua volta dallo spagnolo fanfarrón con tipico dimezzamento della erre come càpita ad es. nell’italiano caricare che è dal lat. *carricare (da carrus): il napoletano carrecà invece conserva invece la doppia di *carricare; ‘nzallanemiento, s.vo m.le 1 in primis patente, tangibile stordimento, confusione soprattutto di anziani o giovani distratti e/o inesperti; 2 (fig.come nel caso che ci occupa) la condizione di chi innanzi a cosa, persona o fatto meraviglioso, sorprendente, sbalorditivo,sensazionale, fenomenale è eclatantemente confuso, stordito, intontito sino a non connettere piú. Per entrare nel merito dell’etimologia della voce a margine è giocoforza ch’io mi soffermi sui verbi ‘nzallaní e ‘nzallanirse, dei quali la voce è un deverbale. Dei due verbi citati, il secondo rappresenta la forma riflessiva del primo, verbi che entrarono ed ancóra entrano nel comune parlato partenopeo soprattutto nella forma di participio passato aggettivato ‘nzallanuto/a e spessissimo in unione con i sostantivi viecchio e vecchia: viecchio ‘nzallanuto, vecchia ‘nzallanuta nei significati di confondere/ confondersi, stordire/stordirsi, intontire/intontirsi e dunque, come ò detto,lo ‘nzallanemiento è l’eclatante confusione,stordimento, intontimento , che spesso icasticamente riproducono l’atteggiamento ed il comportamento di persone avanti negli anni,o di persone giovani, ma inesperti ed indecisi persone che si mostrano, in quasi tutte le occasioni distratti ed addirittura talora rimbambiti.Nei confronti di giovani distratti e/o inesperti il participio è usato come so.vo in espressioni di rimprovero richiamo, sgridata, rimbrotto del tipo: Statte attiento/a, nun fà ‘o/’a ‘nzallanuto/a! (Poni attenzione a ciò che fai! Non fare il/la stordito/a!). I verbi in esame in senso transitivo, come si evince, si riferiscono alle malevole azioni di coloro che con il loro fastidioso agire intralciano l’altrui vivere inducendo gli altri in confusione, in istordimento, in intontimento e/o distrazione tali da indurre in errore (cfr. Statte zitto ca me staje ‘nzallanenno!= Taci ché mi stai frastornando!), mentre usati in senso riflessivo raccontano la confusione, lo stordimento l’intontimento in cui incorrono spontaneamente soprattutto le persone anziane o giovani svagati e svogliati che usano mostrarsi anche coscientemente e per cattiva volontà, distratti, disattenti, frastornati quasi gloriandosi di questo loro status che ritengono ineludibile e alternativamente di pertinenza della loro età avanzata o giovanile . Ma spesso si tratta di un atteggiamento di comodo! Ciò detto vengo a trattare della questione etimologica dei verbi da cui trae il sostantivo a margine. La faccenda non è delle piú tranquille; una prima scuola di pensiero (cui peraltro aderisce accanto ad Antonio Altamura, anche l’amico prof. Carlo Iandolo) mette in relazione i verbi ‘nzallaní – ‘nzallanirse con il verbo latino insanire (impazzire – perdere i lumi) che avrebbe generato (attraverso l’inserimento di una non spiegata o chiarita sillaba lu) *insalunire donde per metatesi sillabica, aferesi iniziale, cambio ‘ns→’nz e raddoppiamento espressivo della l→ll ‘nzallanire. Ipotesi interessante ma, tutto sommato, morfologicamente molto tortuosa. Trovo forse piú perseguibile l’etimo proposto dall’altro amico l’ avv.to Renato de Falco che alla medesima stregua del fu (parce sepulto!) prof. Francesco D’ Ascoli pensa di collegare i verbi in epigrafe con il greco selenizomai= esser lunatico e dunque stordito, confuso ed inebetito , oppure al verbo zalaino di significato simile al precedente;l’amico de Falco fa anche di piú e collega al greco zalaino anche l’aggettivo sostantivato partenopeo zallo che è lo sciocco,l’inesperto, il credulone in ispecie se anche innamorato di una donna di piccola virtú. Per ciò che riguarda i verbi in esame mi pare di potere accettare l’ipotesi di De Falco e di D’Ascoli; ma per quanto riguarda la voce zallo sono di diverso parere e cioè che il vocabolo zallo, sia o possa essere corruzione di tallo (che è dal lat. thallus, forgiato sul greco tallòs; di per sé il tallo è il germoglio, la talea, la giovane foglia tenera , il virgulto che semanticamente ben potrebbe, per traslato, indicare con la sua tenera inconsistenza, la accondiscendenza credula dell’inesperto zallo;morfologicamente ci saremmo in quanto è pacifico il passaggio del lat th al nap. z (cfr. thia→zia), tuttavia mi sento di poter formulare anche un’altra ipotesi per la voce zallo ipotesi che espongo qui di sèguito. Atteso che con il termine zallo (aggettivo sostantivato) nella parlata napoletana si intese ed ancóra si intende il babbeo, l’allocco, lo stupido credulone, occorre rammentare che le medesime accezioni le à la voce zanno che ripete in napoletano il termine italiano zanni equivalente di Giovanni famoso personaggio della commedia cinquecentesca bergamasca dove lo zanni/Giovanni era il servo sciocco e credulone; di talché non è azzardato ipotizzare una rilettura popolare di zanno diventato zallo con sostituzione (magari a dispetto di qualche norma che presiede la linguistica!) delle nasali nn con le piú comode ll. Ultimissima ipotesi è poi che zallo (=babbeo, allocco, stupido credulone) usato spessissimo in riferimento (cfr. R. Viviani) ad un graduato tutore della legge, ad uno sbirro intesi sempre sciocchi, stupidi e creduloni (ibidem: ‘o zallo s’ammocca= lo sciocco sbirro prende per buona… una fandonia ), possa essere corruzione di comodo di un originario zaffio o zaffo che con derivazione dall’iberico zafio vale uomo violento, sbirro, ma non è da escludere un collegamento ad un lat. med. zaffo= servitore all’ordine d’un magistrato (sbirro?). Da zaffo a zallo il passo non è lungo, come potrebbe non esserlo (con buona pace dei linguisti) quello da zanno a zallo! spanto, s.vo m.le anomalo, singolare, senza precedenti sbalordimento, insolita meraviglia, l’essere eccezionalmente stupito, stupefatto, sbalordito, sorpreso, trasecolato, strabiliato, sbigottito sino allo spavento. Etimologicamente voce deverbale dell’iberico espantarse marcato sul lat. ex-paventare= stupirsi, meravigliarsi stunamiento s.vo m.le in primis turbamento, sconcerto; 2 (iperb. e fig. come nel caso che ci occupa) agitazione, sconvolgimento, ansia, confusione dipendente da fatto, evento che suscita meraviglia per il suo carattere eccezionale, fuori del comune; Etimologicamente voce deverbale di stunà che è dal fr. étonner «sbalordire» (marcato però su di un lat. pop. *extonare, comp. di ex- e tonare «tuonare»). Qui giunto penso d’aver esaurito l’argomento, contentato l’amico E. C. ed interessato qualche altro dei miei ventiquattro lettori e penso perciò di poter porre il punto fermo a queste numerose paginette. Satis est. Raffaele Bracale

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