lunedì 21 novembre 2016

STAMMO A PPANE ‘E ‘RANO

STAMMO A PPANE ‘E ‘RANO Mi è stato chiesto, via e-mail, dal caro amico L. P. (i consueti problemi di riservatezza mi costringono ad indicare solo le iniziali di nome e cognome) di spendere qualche parola per illustrare significato e portata della locuzione in epigrafe. Gli ò cosí testualmente risposto: L’icastica espressione di cui mi chiedi, molto antica ma non desueta ad litteram si rende con: Siamo a pan di grano, ma vale : Stiamo a poco, stiamo arretrati rispetto a quanto dovevamo fare o ottenere; il riferimento però non è al grano che dà una farina bianca, bensí al cosiddetto :grano marzuolo, un grano estivo, che matura in soli tre mesi, cioé seminato dal primo gennaio al giugno, matura sempre rapidamente ma se ne rica una farina ed un conseguente pane scuri ritenuto, il pane, scadente e perciò non soddisfacente e parva res rispetto a quanto desiderato ed atteso. Una fugace notazione linguistica: come avrai notato ò scritto Stammo a ppane ‘e ‘rano e non il forse l’atteso: Stammo a ppane ‘e grano e ciò è dovuto al fatto che spesso nel napoletano si ricororre, per motivi eufonici alla semplificazione del gruppo GR eliminando la G, quella che è l’occlusiva velare sonora davanti ad a, o, u, o in posizione preconsonantica [cfr. ‘ruosso per gruosso, ‘ranne per granne, ‘rancascia per grancascia etc.].E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento, soddisfatto l’amico L. P. ed interessato qualcun altro dei miei ventiquattro lettori e piú genericamente chi dovesse imbattersi in questa paginetta.Satis est. Raffaele Bracale

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