sabato 25 febbraio 2017
VARIE 17/244
1.S'À DDA ÒGNERE L'ASSO.
Letteralmente: occorre ungere l'asse. Id est: se si vuole che la faccenda si metta in moto e prosegua, bisogna, anche obtorto collo, sottostare alla ineludibile necessità di ungere l'ingranaggio: inveterata necessità che viene di lontano quando i birocciai solevano spalmare con grasso animale gli assi che sostenevano gli elementi rotanti dei loro calessi, affinché piú facilmente si potesse procedere con meno sforzo delle bestie deputate allo scopo. Il traslato in termini di "mazzette" da distribuire è ovvio e non necessita d'altri chiarimenti.
2.SAN LUCA NCE S'È SPASSATO...
San Luca ci si è divertito...- Lo si dice di una donna cosí bella che sembra dipinta dal pennello di San Luca, che la tradizione vuole pittore autore di bellissime effigi femminili, tra le quali quella della santa Vergine. Espressione però usata anche furbescamente in senso antifrastico quando ci si imbatta in una donna decisamente brutta, quasi volendo significare che il santo pittore abituato a ritrarre donne bellissime, nella fattispecie si sia preso un divertimento (spasso) riproducendo una donna bruttissima.
3.SANTA CHIARA: DOPP'ARRUBBATO, 'E PPORTE 'E FIERRO!
Letteralmente - Santa Chiara: dopo aver subíto il furto, (apposero) le porte di ferro. La locuzione è usata per redarguire chi è tardo nel porre rimedi o aspetti di subire un danno per correre ai ripari, mentre sarebbe stato opportuno il prevenire che è sempre meglio del curare; l’espressione ironizza sul correre ai ripari quando sia troppo tardi, quando si sia già subíto il danno paventato, alla stessa stregua di ciò che accadde per la basilica di santa Chiara che fu provvista di solide porte di ferro in Luogo del preesistente debole uscio di legno, ma solo quando i ladri avevano già perpetrato i loro furti a danno della antica chiesa partenopea.
4.SANT'ANTUONO, SANT' ANTUONO TÈCCOTE 'O VIECCHIO E DDAMME 'O NUOVO E DDAMMILLO FORTE FORTE, COMME Â VARRA 'E ARETO Â PORTA...
Sant' Antonio, sant' Antonio eccoti il vecchio e dammi il nuovo, e dammelo forte, forte come la stanga di dietro la porta. La filastrocca veniva recitata dai bambini alla caduta di un dente, anche se erroneamente si invoca il sant' Antonio, che non è il santo predicatore da Padova,[détto Antonio]al quale rivolgersi come competente dei problemi riguardanti la bocca, ma si invoca sant’Antuono che è il santo anacoreta egizio, protettore del fuoco e degli animali domestici.
5.SCARTE FRÚSCIO E PPIGLIE PRIMMERA! Icastica, sarcastica, sardonica, beffarda, canzonatoria, pungente,,caustica locuzione esclamativa partenopea che per apparir piú chiara dovrebbe addizionarsi d’un NUN(non) diventando scarte frúscio e nun piglie primmera! (ma in tal guisa perderebbe tutto il suo gustoso sapore di ironia e sarcasmo e quindi meglio lasciar le cose come sono ed esclamare SCARTE FRÚSCIO E PPIGLIE PRIMMERA!
Che è un’ esclamazione intraducibile ad litteram che però si può rendere comunque, lato sensu, con Di male in peggio! oppure Cader dalla padella nella brace! quantunque l’espressione napoletana abbia una sfumatura di malevola soddisfazione (nuance assente nell’espressione italiana) nel constatare la sgradevole situazione di chi – per sua insipienza - abbia scartato un frúscio sperando di avere una primiera e sia rimasto chiaramente a mani vuote, peggiorando cioè la propria situazione,id est cadendo dalla padella nella brace.
Ò parlato di espressione intraducibile ad litteram in quanto è assolutamente fuori luogo (come chiarisco qui di sèguito) tentar di renderla con un inconferente: Scarti flusso (fruscio) e raccogli primiera!
Infatti la parola napoletana frúscio non può esser tradotta, , (come pure inopinatamente fece Raffaele D’Ambra nel suo dizionario napolitano, e come fanno tutti coloro (Altamura, D’Ascoli etc.) che spudoratamente vi attingono…), non può tradursi flusso, frúscio/fruscío, rumore leggero, continuo, sibilante prodotto da qualcosa che striscia, sfrega e simili che indicano cosa del tutto diversa; il napoletano frúscio agg.vo e s.vo neutro (deverbale del lat. *frustiare = frusciare che in primis sta per fare in pezzi, sciupare, consumare ed à poi, nella forma riflessiva frusciarse, il significato di reputare impropriamente e quelli estensivi di vantarsi a torto, gloriarsi, pavoneggiarsi senza motivo) vale cosa floscia,insignificante,di scarso valore, inconsistente, moscia, tutte cose che - come è intuitivo - nulla ànno a che spartire con flusso, frúscio (attestato talora soprattuto di vestiti,o di foglie come fruscío), rumore leggero, continuo, sibilante prodotto da qualcosa che striscia, sfrega etc.; il s.vo e solo s.vo italiano frúscio/fruscío à un’etimologia onomatopeica e connota cosa affatto diversa dal frúscio napoletano che è – come ò détto – è un agg.vo e s.vo neutro (deverbale del lat. *frustiare).
A questo punto, per parlar fuor de ’l velame de li versi strani,
converrà fare un passetto indietro e chiarire cosa siano il frúscio e la primmera dell’epigrafe; chiariti i due concetti, forse si chiarirà tutta la portata dell’espressione in esame.
L’espressione attestata già anticamente, è mutuata da un gioco d’azzardo di carte, chiamato appunto primiera (voce derivata da primiero, in quanto la primiera si ottiene possedendo le carte di ogni seme che ànno il punteggio piú alto ( punteggio non facciale, ma prestabilito: i medesimi in uso nel conteggio della primiera nel gioco della scopa e cioè: 7 – 21 punti, 6 – 18 punti ,asso – 16 punti, 5 - 15 punti etc.a decrescere sino alle figure che valgono 10 punti cadauna )); la primiera è dunque un gioco d'azzardo nel quale vince il giocatore che somma il maggior numero di punti con quattro carte di quattro semi diversi; nel medesimo giuoco il fruscio è la somma del maggior numero di punti con quattro carte del medesimo seme; il fruscio è una combinazione secondiara che permette la vincita solo di una posta inferiore a quella destinata alla primiera; ora a chi possieda un fruscio dopo la prima distribuzione di carte, è dato la facoltà di scartarne alcune ( due o tre) e farsele sostituire dal cartaro sperando di riceverne di piú atte a mettere insieme una primiera che dà diritto alla vincita della posta piú alta; va da sé che era ed è rischioso e spesso improvvido scartare un fruscio che comunque dà diritto ad una vincita secondiara, per rincorrere la conquista di una primiera difficilissima da conseguire; era ed è rischioso e spesso improvvido scartare un fruscio perché il piú delle volte non si consegue la primiera e si perde anche il fruscio scartato! Giunti a questo punto si comprende dunque la portata ironica se non sarcastica della locuzione partenopea in epigrafe che viene spesso usata con malevola, ostile, rancorosa soddisfazione per le disgrazie altrui, nei confronti di chi abbia lasciato il certo per l’incerto e prendendosi gioco di costui gli si rinfacci ironicamente (giacché in realtà non è avvenuta l’evenienza migliore…attesa, ma non conseguita) di aver scartato un fruscio e preso una primiera (piú chiaramente: di aver scartato un fruscio e(non) aver preso una primiera) d’aver cioè peggiorata la situazione, cadendo dalla padella nella brace.
In coda rammento gli etimi delle voci incontrate e non ancóra esaminate:
SCARTE = scarti voce verbale (2ª prs.sg.) ind. pres. dell’infinito scartà = scartare (denominale di carta con protesi d’una esse distrattiva):
1 togliere un oggetto dalla carta che lo avvolge: scartà ‘nu pacco(scartare un pacco)
2 ( ed è il caso che ci occupa) nei giochi di carte, eliminare o sostituire una carta con particolari intendimenti a seconda del gioco; 3 mettere da parte, respingere come dannoso o inutile: scartare una proposta; scartare i libri superflui; scartare qualcuno alla visita di leva, dichiararlo non idoneo al servizio militare;
PIGLIE = pigli voce verbale (2ª prs.sg.) ind. pres. dell’infinito piglià = prendere, pigliare ( dal lat. volg. *piliare, dal class. pilare 'rubare, saccheggiare').
BRAK
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