BEFFA, BURLA,
CANZONATURA,DILEGGIO,
MOTTEGGIO, IRRISIONE.
Anche questa volta,come feci alibi parlando di anticchia,
lenticchia etc., prendo spunto da una richiesta fattami da un caro amico,
facente parte della Ass.ne Ex Alunni del Liceo classico G.Garibaldi di Napoli,
amica di cui, per questioni di riservatezza, mi limiterò ad indicare le sole
iniziali di nome e cognome: N.C. e mi soffermo parlare delle voci italiane in
epigrafe e delle corrispondenti voci del napoletano precisando súbito che i sinonimi in italiano della voce
dileggio lo sono in maniera molto
imprecisa e/o generica, mentre quelli del napoletano, al solito, sono piú
precisi e circostanziati. Cominciamo dunque dicendo di dileggio e poi dei
suoi sinonimi che nell’italiano sono: beffa,burla,canzonatura,irrisione, motteggio. Esaminiamo le singole
voci;
dileggio s.vo
m.le il dileggiare;il beffare, il
canzonare, il prendere in giro, il motteggiare,
l’irridere, il corbellare, la
derisione, lo scherno: un sorriso di dileggio | le parole o gli atti con
cui si dileggia: esporsi ai dileggi della folla.
voce deverbale di dileggiare
a sua volta denominale di un antico dilegione marcato sul lat. derisione-m.
beffa, s.vo
f.le 1 inganno ordito contro
qualcuno per schernirlo; burla
2 parola o gesto di scherno; canzonatura | farsi beffe, beffarsi, prendersi gioco | avere il danno e le beffe, rimanere danneggiato e deriso.
2 parola o gesto di scherno; canzonatura | farsi beffe, beffarsi, prendersi gioco | avere il danno e le beffe, rimanere danneggiato e deriso.
etimologicamente è voce deverbale di beffare= dileggiare (marcato sull’alto
tedesco bäffen= abbaiare donde il
senso di dileggiare);
burla, s.vo
f.le 1 scherzo fatto per ridere alle spalle
altrui, ma senza malanimo | mettere, volgere in burla qualcosa,
non darle peso, scherzarci sopra | parlare per burla, in tono scherzoso,
prendendosi gioco dei presenti | fuor di burla, lasciando da parte gli
scherzi.
2 inezia, bazzecola: bere un fiasco di vino è una burla per lui | da burla, non serio, di poco conto: un oratore da burla || Usato come agg. invar. che non è serio, che costituisce una presa in giro: una manifestazione burla;
2 inezia, bazzecola: bere un fiasco di vino è una burla per lui | da burla, non serio, di poco conto: un oratore da burla || Usato come agg. invar. che non è serio, che costituisce una presa in giro: una manifestazione burla;
etimologicamente è voce dal lat. burrula→bur(ru)la→burla diminutivo di burra(s) (inezia);
canzonatura,
s.vo f.le scherzo, presa in giro fatto con
animosità rancore, acredine, astio, per ridere alle spalle altrui; etimologicamente è voce
deverbale di canzonare (derivato da
canzone dal basso lat. cantione(m) =
beffare, deridere etc.); il suffisso tura
usato nella formazione della voce in esame è un suffisso che à la forma -sura (in derivati da verbi con tema
terminante in –d cfr. clausura
←claud-ere), ed è suffisso tratto
dal lat. -tura(m), usato per formare sostantivi femminili derivati da
verbi (tritatura, ungitura).
irrisione,
s.vo f.le generico
sinonimo che vale beffa, burla, canzonatura, presa in giro, motteggio. etimologicamente è
voce dal lat. irrisione(m), deriv. di irridíre
'irridere'
motteggio, s.vo m.le generico sinonimo di dileggio; indica
l’azione che si sostanzia nello burlare, canzonare,
scherzare,dire motti cioè, come nel caso
che ci occupa detti
scherzosi o pungenti: motto di spirito
oppure alibi frasi brevi e concettose, spesso riportate con
valore simbolico su uno stemma; massime, sentenze
oppure (alibi genericamente, letteralmente ed anticamente ) parola; etimologicamente la voce in esame è voce deverbale di motteggiare denominale di motto che è dal lat. tardo muttu(m) 'suono' (lat. muttire 'borbottare, mormorare'); nella formazione della parola è presente il suffisso eggio
suffisso di nomi derivati da verbi in -eggiare.
oppure (alibi genericamente, letteralmente ed anticamente ) parola; etimologicamente la voce in esame è voce deverbale di motteggiare denominale di motto che è dal lat. tardo muttu(m) 'suono' (lat. muttire 'borbottare, mormorare'); nella formazione della parola è presente il suffisso eggio
suffisso di nomi derivati da verbi in -eggiare.
Esaurite cosí ad un dipresso le
voci dell’italiano, veniamo a quelle numerose e precise del napoletano dove
troviamo:
abbaia s.vo f.le 1 scherzo, canzonatura, presa in giro, burla fatto però senza animosità ma con simpatia, benevolenza, affetto, amicizia.
2 sciocchezza, inezia.
abbaia s.vo f.le 1 scherzo, canzonatura, presa in giro, burla fatto però senza animosità ma con simpatia, benevolenza, affetto, amicizia.
2 sciocchezza, inezia.
etimologicamente la voce in esame è
voce deverbale di un antico baiare(mugolare, guaiolare, guaire, ustolare, azioni tipiche dei cani che non ànno
intenzioni aggressive, ma al contrario intendono far festa o blandire
lasciandosi carezzare, coccolare) rafforzato da un ad→ab in posizione protetica; ad+baiare;
il collegamento semantico tra il guaiolare etc. del cane e lo scherzo,la
canzonatura,la presa in giro, nonché con la sciocchezza e l’inezia si coglie nel fatto che il verso del cane che
guaiola è solo apparentamente minaccioso, ma in realtà si risolve in un nulla di fatto rilevandosi
appunto una burla o una sciocchezza,un’inezia.
ciasco
s.vo m.le scherzo, presa
in giro fatto però con animosità, addirittura con astio, avversione,
ostilità, inimicizia, acredine; burla malevola, ostile, rancorosa;
etimologicamente
è voce derivata dallo spagnolo chasco
di pari significato.
cucca
s.vo f.le beffa, presa in giro, canzonatura,celia scherno,
scherzo interessato teso cioè ad ingannare, imbrogliare; etimologicamente è voce deverbale
dell’iberico cucar; mi corre però l’obbligo
di dilungarmi per precisare qualcosa dicendo che in italiano esiste il verbo cuccare e ne esiste anche un cuccare (cuccà) nel napoletano.
I due verbi che sono omofoni (almeno nella forma non apocopata ) non ànno il medesimo significato, pur potendo sembrare – a prima vista – la medesima parola.
Vediamo:
In italiano il verbo cuccare à il significato di ingannare, gabbare e per estensione conquistare o accettare qualcosa (anche non di buon grado) come succede alle femmine di uccelli costrette a cuccarsi (per covarle) le uova depositate nei loro nidi dalla femmina del cuculo dal cui nome latino cucus attraverso l’iberico cucar è derivato l’italiano cuccare.
Ben altro significato à il napoletano cuccare usato sempre nella forma apocopata cuccà; in napoletano il verbo traduce l’italiano coricare, mettere o mettersi a letto.
Va da sé che in napoletano il verbo cuccare (coricare/rsi) non deriva né dal cucus, né dal cucar; in napoletano il verbo cuccà che non à nulla a che spartire con la voce in esame viene dritto per dritto dalla espressione tardo latina:collocare in lecto (porre a letto); dal collocare si è passato a col’care donde per tipica assimilazione regressiva coccare e cuccare /cuccà.
Esiste infine un’ultima accezione del verbo cuccare che nel gergo dei gitani à il significato di sottrarre, rubare, ma in tali sensi non è chiaro donde provenga atteso che i linguaggi gergali ben difficilmente usano vocaboli cui si possa attribuire una derivazione etimologicamente ben identificata.
I due verbi che sono omofoni (almeno nella forma non apocopata ) non ànno il medesimo significato, pur potendo sembrare – a prima vista – la medesima parola.
Vediamo:
In italiano il verbo cuccare à il significato di ingannare, gabbare e per estensione conquistare o accettare qualcosa (anche non di buon grado) come succede alle femmine di uccelli costrette a cuccarsi (per covarle) le uova depositate nei loro nidi dalla femmina del cuculo dal cui nome latino cucus attraverso l’iberico cucar è derivato l’italiano cuccare.
Ben altro significato à il napoletano cuccare usato sempre nella forma apocopata cuccà; in napoletano il verbo traduce l’italiano coricare, mettere o mettersi a letto.
Va da sé che in napoletano il verbo cuccare (coricare/rsi) non deriva né dal cucus, né dal cucar; in napoletano il verbo cuccà che non à nulla a che spartire con la voce in esame viene dritto per dritto dalla espressione tardo latina:collocare in lecto (porre a letto); dal collocare si è passato a col’care donde per tipica assimilazione regressiva coccare e cuccare /cuccà.
Esiste infine un’ultima accezione del verbo cuccare che nel gergo dei gitani à il significato di sottrarre, rubare, ma in tali sensi non è chiaro donde provenga atteso che i linguaggi gergali ben difficilmente usano vocaboli cui si possa attribuire una derivazione etimologicamente ben identificata.
cuffiatura
s.vo f.le pesante
dileggio, presa in giro grave,
inquietante, seria, offensiva, oltraggios, ingiuriosa,anche infamante;
etimologicamente la voce è un deverbale di cuffià(=
dileggiare, beffare, canzonare, prendere in giro, motteggiare, beffarsi,
irridere, corbellare) che deriva dal sostantivo coffa = peso,
carico, a sua volta dall'arabo quffa= corbello. voce diffusissima nel parlato
popolare della città bassa.
cuffio
s.vo m.le sinonimo del
precedente, ma d’uso letterario,con medesima derivazione etimologica
cugliunaría/cugliunatura s.vi
f.li;voci di uso popolare che valgono: 1 Burla fatta con atti o con
parole, a scopo di scherno o per ridere alle spalle di chi ne è l’oggetto,ma sempre, in genere,senza l’intenzione di
offesa, ma solo di divertimento; 2 sciocchezzuola; etimologicamente la prima
voce è un denominale di cuglione: nel
caso in esame all’iniziale
cugliune (pl. metafonetico di cuglione dal lat. tardo coleone(m)) è stato aggiunto il suffisso tonico aría suffisso corrispondente al lat. –arius/aria, che forma aggettivi e
sostantivi, derivati dal latino o formati direttamente in italiano e/o
napoletano , che stabiliscono una relazione; nel
secondo caso la voce risulta essere un deverbale di cugliunà (burlare)
denominale di cugliune (pl.
metafonetico di cuglione dal lat. tardo coleone(m)) il tema verbale è
stato addizionato del suffisso tura che come abbiamo visto è
suffisso tratto dal lat. -tura(m), usato per formare sostantivi
femminili derivati da verbi.
ferbone s.vo
m.le 1 tessuto pesante simile al velluto,
ma con pelo piú fitto, raso e consistente usato nella confezione dei cappelli a
cilindro ( tuba) alti e con tesa breve;
2 ben preciso atto di dileggio consistente nel lanciar contro una tuba
indossata un oggetto/proiettile o nell’assestare una manata contro una tuba
indossata al fine di farla saltar via;
3 (per metinomia) l’oggetto stesso
usato quale proiettile; etimologicamente
la voce è un derivato in forma
accrescitiva (cfr. il suff. one) del
francese ant. felpe con la doppia sostituzione espressiva sia della
consonante laterale alveolare
(l)
con la consonante liquida vibrante (r) che della consonante occlusiva bilabiale sorda (p)
con la corrispondente consonante
occlusiva bilabiale sonora (b);
- ferbio/febbio s.vo m.le in doppia morfologia
1generica ma irritante piccola beffa, burla, irrisione.
2 molesta, fastidiosa, ma innocua canzonatura operata in
genere da fanciulli/e in danno di coetanei o di pazienti adulti; etimologicamente la voce nella doppia
morfologia (la seconda è
un adattamento del parlato della prima con assimilazione regressiva rb→bb) è anche questa volta un derivato
del fr. antico felpe; la scelta napoletana di rendere maschile una voce in origine
femminile si deve al fatto che In
napoletano un oggetto (o cosa quale che sia) è inteso se maschile piú piccolo o
contenuto del corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú
grande rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande
rispetto a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande
rispetto a ‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande
rispetto a ‘o carretto piú piccolo ); ),‘a canesta (piú grande
rispetto a ‘o canisto piú piccolo ), fanno eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o
caccavo piú grande de ‘a caccavella, di talché trattandosi di una piccola
beffa,
burla, irrisione fu piú opportuno – in linea con quanto or ora détto – adottare
un derivato maschile ferbio/febbio
piuttosto che un
derivato femminile ferbia/febbia morfologicamente
forse piú esatto, ma inadatto a significare una
beffa piccola,una burla contenuta. Qualora poi
ci si volesse riferire ad una burla piú sostanziosa, ad un dileggio piú grosso
che comportasse violenza di azione o gesto si fa ricorso ad un accrescitivo di ferbio/febbio e cioè a
ferbone s.vo
m.le con cui si indicò 1in primis ogni generico oggetto usato
quale proiettile da indirizzare, al fine di farle saltar via, alle tube di malcapitati viandanti o – piú
spesso – di ignari cocchieri assisi in serpa ai grossi carri per il trasporto
urbano; 2 per estensione qualsiasi beffa,
presa in giro, canzonatura, scherno, dileggio, motteggio, celia perpretata in
danno di innocenti o ignari al solo gusto di riderne.
gabbo
s.vo m.le 1beffa, burla divertente e spiritosa;
2 leggerezza, cosa di nessuna importanza;
etimologicamente
voce dal fr. ant. gab, di origine
scandinava gabb;
guattarella
s.vo f.le 1 beffa, gherminella in uso tra bambini/e a modello di quelle in uso tra le
marionette del cosiddetto teatro delle guarattelle;
2
gioco di mano consistente nel far sparire e riapparire una cordicella dentro e
fuori di una bacchetta
3 (fig.) inganno compiuto con abilità; marachella. etimologicamente la vocein esame è un deverbale di (acq)uattare→*guattare=nascondere; da esso verbo si ricavò guarattella quale forma metatetica di guattarella) marionette che erano manovrate, dal basso, dal puparo(nascosto in una scarabattola, sorta di armadietto a tre pareti lignee ed una tenda di pesante stoffa,scarabattola alla cui sommità era ricavato il minuscolo palcoscenico su cui si esibivano,manovrate dal basso, le guarattelle,che erano inforcate a mo' di guanto, e se ne muovevacon l'indice la testa e con il pollice ed il medio il braccio sinistro (pollice) e quello destro (medio) e nei copioncini di quelle rappresentazioni, nell’azione dei personaggi piú furbi o capaci erano previste innocenti beffe e gherminelle in danno dei personaggi stupidi o tonti, sciocchi, ingenui; tali gherminelle erano il divertimento dei piccoli spettatori che le prendevano a modello per gli scherzi da fare ai loro compagni di giuoco.
3 (fig.) inganno compiuto con abilità; marachella. etimologicamente la vocein esame è un deverbale di (acq)uattare→*guattare=nascondere; da esso verbo si ricavò guarattella quale forma metatetica di guattarella) marionette che erano manovrate, dal basso, dal puparo(nascosto in una scarabattola, sorta di armadietto a tre pareti lignee ed una tenda di pesante stoffa,scarabattola alla cui sommità era ricavato il minuscolo palcoscenico su cui si esibivano,manovrate dal basso, le guarattelle,che erano inforcate a mo' di guanto, e se ne muovevacon l'indice la testa e con il pollice ed il medio il braccio sinistro (pollice) e quello destro (medio) e nei copioncini di quelle rappresentazioni, nell’azione dei personaggi piú furbi o capaci erano previste innocenti beffe e gherminelle in danno dei personaggi stupidi o tonti, sciocchi, ingenui; tali gherminelle erano il divertimento dei piccoli spettatori che le prendevano a modello per gli scherzi da fare ai loro compagni di giuoco.
repassatura
s.vo f.le 1
tiro, trappola, astuzia, raggiro, frode, truffa;
2 burla, beffa, inganno, sotterfugio, trabocchetto, tranello tipici della donna in
danno del proprio innamorato; etimologicamente voce deverbale (cfr. il suff. tura dal lat. -tura(m), usato
per formare sostantivi femminili derivati da verbi) di repassà (dal
t. lat. *repassare)=
beffare,raggirare,trarre in inganno.
sberneffiatura
s.vo f.le
1in
primis Sfregio,
segno di una ferita sul viso, cicatrice; in tal senso voce in uso nella città
bassa tra guappi e/o camorristi;
2.
come nel caso che ci occupa Gesto di
vilipendio, smorfia fatta come gesto di scherno; in tal senso voce in uso sempre nella città
bassa tra monelli/e e scugnizzi;
etimologicamente voce deverbale (cfr. il suff. tura) di sberneffià (incrocio
di sbernecchià e sberleffo)= sfregiare, schernire;
sfutticchiamiento
s.vo m.le burla delicata,
ma reiterata, celia, presa in giro continuata; etimologicamente voce deverbale
di sfutticchià
= sfottere in continuazione ma in
maniera amichevole, senza malanimo; sfutticchià
è un derivato di sfottere (che è
dal lat.volg. *futtere, per il class. futuere con prostesi della tipica s intensiva napoletana)addizionato
del suff. icchiare derivato, con valore diminutivo da un latino iculare→iclare→icchiare donde
anche icchio.
sfuttò s.vo m.le presa in giro, in
forma scherzosa o comunque non pesante quantunque continuata; anche questa
voce, come la precedente è un deverbale di sfottere;
sfruculiamiento
s.vo m.le voce che come
la successiva è sinonimo stretto delle due precedenti connotando la presa in
giro continuata e fastidiosa, l’azione di annoiare, infastidire, tediare
qualcuno molestandolo con continuità
asfissiante;
etimologicamente è voce deverbale di sfruculià= lett. ridurre in minuti pezzetti (frecole(dal lat.
fricare)) qualche oggetto o per traslato il limite di sopportazione
dell’importunato.
A
margine di questa voce rammento una icastica espressione partenopea incentrata
sul verbo sfruculià, espressione che suona:
Sfruculià ‘a mazzarella ‘e san Giuseppe
Ad
litteram: sbreccare il bastoncino di san Giuseppe id est: seccare, tediare, infastidire,
stancare, scocciare, stufare qualcuno importunandolo con continuità asfissiante.
La
locuzione si riferisce ad un'espressione
che la leggenda vuole affiorasse, a mo' di avvertimento, sulle labbra di un servitore veneto posto a
guardia di un bastone ligneo ceduto da
alcuni lestofanti al credulone tenore Nicola Grimaldi, come appartenuto al
santo padre putativo di Gesù. Il settecentesco tenore espose nel suo palazzo il bastone e vi pose a
guardia un suo servitore con il compito di rammentare ai visitatori di non sottrarre, a mo' di sacre reliquie, minuti pezzetti
(frecole) della verga, insomma di non
sfregolarla o sfruculià.
Normalmente,
a mo' di ammonimento, la locuzione è
usata come imperativo preceduta da un corposo non: nun sfruculiate ‘a mazzarella ‘e
san Giuseppe!
sfuttimiento
s.vo m.le burla
prolungata e fastidiosa;altra voce che come la precedente è sinonimo pieno dei
pregressi sfuttò e sfutticchiamiento e come essi è
etimologicamente un deverbale di sfottere.
E qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito
l’argomento e soddisfatto l’amico N.C. ed almeno interessato qualcuno dei miei
ventiquattro lettori o chiunque altro dovesse leggere queste mie paginette.
Satis est.
Raffaele Bracale
Satis est.
Raffaele Bracale
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