MERETRICIO e voci collegate
Questa
volta
per rispondere alla cortese richiesta
del mio carissimo amico P.G. ( del quale i consueti problemi di riservatezza
mi impongono l’indicazione delle sole iniziali di nome e cognome)che mi invoglia
a parlarne, qui di sèguito ci addentreremo nel
campo pericoloso del meretricio e delle voci toscane e napoletane ad esso
collegate.
Comincerò col dire che con la parola meretricio
etimologicamente dal latino meretricium che è da merere=
guadagnare, si intende la prostituzione, il
prostituire, il prostituirsi; in partic., l’attività di chi fa commercio
abituale del proprio corpo al fine procurarsi immediato e facile guadagno;
s’usa dire che tale attività, che è innanzi tutto femminile, ma talora pure
maschile, sia stato il mestiere (quale attività individuale o organizzata) piú
antico del mondo; non stento a crederlo: come commercio individuale è l’unico
commercio che non abbisogna di ingenti capitali o di avviamento,non è neppure vero che sia richiesta
una particolare avvenenza fisica, si può
svolgere all’aperto ed al chiuso indifferentemente, gli strumenti di
lavoro son forniti gratis da madre
natura e non necessitano di particolare manutenzione e, adottando piccole
precauzioni, è mestiere che può
svolgersi per lungo tempo assicurando lauti guadagni oggi esenti da tassazione statale, quantunque non
da quella del cosidddetto protettore o magnaccia
( voce d’origine romanesca etimologicamente forgiata sul verbo magnà=mangiare addizionato del suffisso
dispregiativo accia) e cioè lo sfruttatore di prostitute ed
estensivamente l’ uomo che vive alle
spalle di una donna.Ricorderò súbito che in napoletano tale sfruttatore è detto
ricuttaro;
la parola napoletana fu ricavata verso
la fine del 1800 per adattamento corruttivo della parola recoveta che diede recotta donde il derivato recuttaro
o ricuttaro; ‘a recoveta era quella raccolta di fondi, raccolta vessatoria operata (tra i
piccoli bottegai ed il popolino di taluni rioni popolari della città bassa) ad
opera di taluni malavitosi dediti altresí al lenocinio (dal latino lenocinium che è da lenone(m)=in origine mercante di schiave, poi protettore),
raccolta necessaria per sostenere le spese di difesa di camorristi e
piccoli furfanti finiti nelle maglie
della giustizia e sottoposti a giudizio per il quale si rendeva necessaria
l’opera di avvocati difensori che quando non fossero affiliati alla camorra,
occorreva pagare.
La donna che esercita il meretricio
è ovviamente la meretrice (etimologicamente
dall’acc. latino meretrice(m) che è come meretricium
da merere= guadagnare);ma è voce eccessivamente dotta e di àmbito
forense; altra voce toscana usata per indicare la donna che faccia commercio
del proprio corpo è ovviamente prostituta che è dal lat. prostituta(m), s.vo f.le
da prostitutus, part. pass. di prostituere =prostituire e
piú esattamente mettere in vendita o a disposizione da pro (a
favore) e statuere (porre); ma la
voce piú tipica, usata fin dal 14° sec. (accanto a voci –poi vedremo -
regionali,per indicare chi eserciti il mestiere di cui dico, fu ed ancora è - nel gergo ed in talune espressioni artistiche
(cinema, teatro e t.v.) – mignotta; i piú recenti calepini la
ritengono di derivazione francese da mignotte=
favorita da un antico mignon, ma penso – tenendo presente che
prima che divenisse (1400) toscana, la voce fu essenzialmente laziale - che non sia peregrina l’idea che mignotta
sia la corruzione dell’espressione
m[ater] ignota abbreviato in m.
ignota corrotta in mignota e poi mignotta; mater ignota fu l’annotazione
apposta a margine di taluni nomi di trovatelli in antichi elenchi dell’anagrafe capitolina.
Altra voce dell’italiano per indicare sia pure in senso estensivo chi esercita il meretricio è sgualdrina
che come s.vo f.le (spreg.)
in primis indica solo una donna di
facili costumi e per estensione la prostituta vera e
propria; non tranquillissima l’etimologia della voce in esame:si cominciò con
il pensarla derivazione di sgualdracca, variante ant. di baldracca,
con suff. diminutivo, ma la voce sgualdracca
non l’ò trovata attestata se non nel Baldus poemetto scritto in versi di un
latino maccheronico da Teofilo Folengo (Mantova,
8 novembre
1491 – † Bassano del Grappa, 9 dicembre
1544), sotto lo pseudonimo
di Merlin Cocaio. ; penso perciò che sia
piú perseguibile, con il glottologo Louis Delâtre, l’idea di una derivazione dal tedesco gualdana= donna da gualdo(=selva) secondo un percorso che prevede i seguenti passaggi morfologici:gualdana→gualdrana→gualdrina→sgualdrina = donna pubblica, per i
cacciatori, per la truppa, per i
soldati: gualdana è un derivato di gualdo← wald=selva; sempre che invece sgualdrina
non derivi, come io reputo, direttamente dal tedesco schwellendrine = donna che
sta sulla soglia (in attesa di clienti), meretrice, donna da trivio: la voce
tedesca schwellendrine è formata da schwelle= soglia e dirne→drine = ragazza di facili costumi.
Prima di sconfinare nel napoletano, segnalo l’ultima voce usata in
toscano per indicare la meretrice; essa è puttana ma è voce essenzialmente
pluriregionale trasmigrata nel lessico toscano; questa parola etimologicamente
è d’origine latina-barbarica: putana è da puta= fanciulla, ma à avuto l’aggiunta di una desinenza (na) rispondente alla declinazione debole dei tedeschi; è parola
che oggi à un senso dispregiativo che però in origine non ebbe (infatti puttana valse dapprima ragazza
e poi per traslato malevolo meretrice),ed
è pervenuta nelle lingue regionali
italiane e da queste al toscano illustre per il tramite del francese putain e l’antico spagnolo putaña.
E veniamo finalmente al napoletano dove è viva e vegeta (accanto a
molte altre che ora qui dirò) la voce pluriregionale –
- puttana voce sulla quale
si sono forgiate: puttanizio/a che è il meretricio
in genere e
puttaniere usato per indicare chi sia solito
avere rapporti sessuali con meretrici ed
estensivamente ed iperbolicamente colui
che ami circuire o correr dietro le sottane di donne avvenenti e non;
-
malafemmena altra voce molto conosciuta (anche per merito
di una fortunata canzonetta del principe A. de Curtis Totò nome d'arte
di Antonio Focas Flavio Angelo Ducas
Comneno De Curtis di Bisanzio Gagliardi, piú noto come Antonio De Curtis (Napoli, 15 febbraio
1898 † Roma, 15 aprile
1967), fortunata
canzonetta che si intitola appunto Malafemmena,
quantunque la donna adombrata nella canzone non faccia il mestiere piú antico,
ma si sia limitata forse ad occasionali
tradimenti in danno del suo innamorato); la parola è formata dall’unione di mala (dal
latino malus/a = cattivo/a) + femmena (dall’acc. latino foemina(m) = femmina, donna)con tipico
raddoppiamento espressivo popolare della postonica m in parole sdrucciole;
-
ffemmena ‘e Casanova =ad litteram donna di Casanova ma da leggersi come: sacerdotessa d’amore è locuzione nominale
usata in luogo di uno dei tanti sinonimi napoletani di prostitute,
meretrici,sin qui esaminati:
femmena
s.vo. f.le1 nome generico di
ogni individuo umano o animale portatore di gameti femminili atti a essere
fecondati da quelli maschili, e quindi caratterizzato dalla capacità di
partorire figli o deporre uova;2 essere umano di sesso femminile; donna,
bambina ( voce dall’acc. latino foemina(m) = femmina, donna)con tipico raddoppiamento espressivo della postonica m in parole sdrucciole); Casanova Giovanni Giacomo. –
Dissoluto avventuriero, donnaiolo, gran tombeur de femmes (Venezia 1725 -† Dux,
Boemia, 1798); figlio di attori, presto orfano di padre
ed affidato dalla madre (Giovanna Maria C., detta Zanetta) alla nonna materna, fu studente a
Padova, chierico a Venezia ed in Calabria, segretario del cardinale P.
Acquaviva a Roma, soldato dell'armata veneta in Oriente, violinista dal 1746 nel teatro S. Samuele a Venezia. Accolto come figlio dal
senatore M. G. Bragadin, nel 1750 riprese la sua vita
errabonda attraverso la Francia, Dresda, Praga e Vienna, finché, tornato a
Venezia nel luglio 1755, fu rinchiuso nei Piombi sotto
l'accusa d'aver tentato di diffondere la massoneria. Evaso, tornò in Francia,
ove introdusse il gioco del lotto nel 1757, e, sotto il
nome di cavaliere di
Seingalt, fu in Olanda, Germania, Svizzera, Italia, Polonia,
Russia, seducendo donne, giocando, battendosi a duello, esercitando la magia,
speculando sui valori pubblici e facendo perfino il confidente degli inquisitori
di stato di Venezia. Finí la sua vita come segretario e bibliotecario del conte
C. G. di Waldstein. Attivo, energico, intraprendente, il Casanova fu un avventuriero anche della penna e
scrisse, tra l'altro, la Confutazione
della storia del governo veneto di A. de la Houssaie (1769),
la Storia delle turbolenze
della Polonia (1774), una traduzione,
incompleta, in ottava rima dell'Iliade
(1775), l'opuscolo Scrutinio del libro: Eloges de M. de Voltaire par differens auteurs (1779), il romanzo Icosameron
(1788); ma la sua notorietà è dovuta
soprattutto alla drammatica narrazione dell'evasione dai Piombi (Histoire de ma fuite, 1788) e ai fantasiosi e licenziosi Mémoires, sostanzialmente veridici quanto
alla rappresentazione della società di gaudenti e intriganti del Settecento.
Stucchevole, ma forse veritiera, invece, la rappresentazione di sé stesso quale
genio della seduzione.
-cecciuvettola/ciucciuvettola
s.vo f.le dalla
doppia morfologia con il quale si indica1. Uccello della
famiglia strigidi (Athene
noctua), comune e stazionario in Italia, che vive non lontano dalle
abitazioni, sui tetti, nei tronchi cavi, nelle buche dei muri, ecc.; di medie
dimensioni e di color grigio-bruno, dalla testa grande con occhi
sviluppatissimi, frontali, circondati da penne disposte in cerchi concentrici
piú o meno evidenti; à abitudini generalmente notturne, si ciba di piccole
prede, soprattutto roditori ed insettivori, rendendosi in tal modo utile
all’agricoltura. Ammirata per la grazia dei movimenti che sembrano riverenze,
viene perciò addomesticata dai cacciatori che se ne servono per attirare gli
uccelli nella caccia; la superstizione popolare invece la vuole apportatrice di
disgrazie per il suo grido monotono.
2. (fig.come nel caso che ci occupa) Donna vanitosa e frivola che cerca di mettersi in mostra e di attirare l’attenzione e l’interesse degli uomini (allo stesso modo che le civette attraggono gli uccelli nella caccia); e segnatamente almeno tra la fine del 1800 ed i princípi del 1900, meretrice non molto giovane, ma vestita elegantemente. Etimologicamente si tratta di voce onomatopeica forgiata sul grido dell’animale. Rammento tuttavia qui che i napoletani d’antan usano di preferenza la voce in esame nel significato figurato sub 2., mentre
2. (fig.come nel caso che ci occupa) Donna vanitosa e frivola che cerca di mettersi in mostra e di attirare l’attenzione e l’interesse degli uomini (allo stesso modo che le civette attraggono gli uccelli nella caccia); e segnatamente almeno tra la fine del 1800 ed i princípi del 1900, meretrice non molto giovane, ma vestita elegantemente. Etimologicamente si tratta di voce onomatopeica forgiata sul grido dell’animale. Rammento tuttavia qui che i napoletani d’antan usano di preferenza la voce in esame nel significato figurato sub 2., mentre
per
quanto riguarda il signficato sub 1.adoperano il termine
- cuccuvaja s.vo
f.le = 1.civetta e talora nottola, ed anche 2. donna brutta e sgraziata
che incute timore; etimologicamente voce
dal greco kikkabâu→cuccavau→cuccuvaja.
-culumbrina s.vo f.le =1.in primis fraschetta,giovane donna leggera,
incostante, civetta proclive ai facili amori; 2. per estensione giovane fantesca leggera, frivola; etimologicamente voce degradazione semantica del nome proprio
Colombina che nella commedia dell’arte fu
il nome di una fantesca dedita ai facili amori.
- sciuscitta s.vo f.le =1 giovanissima prostituta esibizionista adusa ad indossare abiti
tanto succinti da mettere spudoratamente
in mostra i... ferri del mestiere;
anche 2 giovane donna di origini ignote e perciò inaffidabile. Etimologicamente è voce derivata dall’espressione latina (filia) suscepta→sciuscepta→sciuscetta→sciuscitta = figlia adottata;
morfologicamente è normale nel napoletano che la sibilante s anche scempia, seguíta da vocale, evolva - come altrove anche
la doppia ss - nel gruppo
palatale sci, per cui
su-scepta divenne sciuscepta, sciuscetta e poi sciuscitta; semanticamente poi è facile cogliere il
collegamento tra le origini ignote di una donna
con il fatto che sia spudorata ed
inaffidabile atteso che non è dato sapere che tipo di edecazione abbia
ricevuto.
troja s.vo
f.le =1.in primis femmina del porco
scrofa gravida; 2. per estensione come
nel caso che ci occupa anziana e lercia prostituta che non curi l’igiene e
spesso abbia abortito;semanticamente è facile cogliere il collegamento tra
l’animale uso a rotololarsi nel fango del porcile e spesso gravida ed il
comportamento analogo di tale tipo di
prostituta; etimologicamente trattasi di
voce dal latino barbarico tròia.
zoccola s.vo f.le che – come illustrai sub TOPO etc
– è in primis il grosso topo di fogna ed estensivamente la prostituta che come
quel topo frequenta nottetempo i
marciapiedi;
etimologicamente zoccola
è da sorcula diminutivo latino femm. di sorex-ricis;
- le ultime
seguenti voci sono tutte usate figuratamente per indicare la prostituta o
meretrice e di tutte già alibi dissi; per cui qui le elenco solo per amore di
completezza; esse sono: saittella, lòcena, lumèra,péreta
dette voci possono essere usate sí per
indicare la prostituta, ma piú spesso servono ad indicare una donna solo volgare o chiassosa o
lercia;analiticamente si à:
1) lòcena la
locena pur essendo un taglio di carne gustosissimo, è un taglio che, ricavato
dal quarto anteriore della bestia, il meno pregiato e meno costoso, è da
ritenersi di mediocre qualità, quasi di scarto, e di tutti i vari nomi con cui
è connotato in Italia, quello che piú si attaglia a simili minime qualità, è
proprio il napoletano lòcena.
Etimologicamente infatti la parola lòcena nel suo precipuo significato di vile, scadente è forgiato come il toscano ocio/a ed i successivi locio/locia (dove è evidente l’agglutinazione dell’articolo) sul latino volgare avicus mediante una forma aucius che in toscano sta per: scadente, di scarto; da locio a locia e successiva locina con consueta epentesi di una consonante (qui la N) per facilitare la lettura, si è pervenuto a locina→locena.
Chiarito il concetto di partenza, passiamo al significato traslato: fu quasi normale in un’epoca: fine ‘500, principio ‘600 in cui la donna non era tenuta in gran conto (a quell’epoca risalgono, a ben pensare, quasi tutti i proverbi misogini della tradizionale cultura partenopea …), trasferire il termine lòcena da un taglio di carne di scarto, ad una donna… di scarto, quale poteva esser ritenuta una donna becera, villana, sciatta,sguaiata, volgare, sfrontata ed, a maggior ragione,una donna di malaffare o anche solo chi fosse una demi vierge o che volesse apparir tale..
Etimologicamente infatti la parola lòcena nel suo precipuo significato di vile, scadente è forgiato come il toscano ocio/a ed i successivi locio/locia (dove è evidente l’agglutinazione dell’articolo) sul latino volgare avicus mediante una forma aucius che in toscano sta per: scadente, di scarto; da locio a locia e successiva locina con consueta epentesi di una consonante (qui la N) per facilitare la lettura, si è pervenuto a locina→locena.
Chiarito il concetto di partenza, passiamo al significato traslato: fu quasi normale in un’epoca: fine ‘500, principio ‘600 in cui la donna non era tenuta in gran conto (a quell’epoca risalgono, a ben pensare, quasi tutti i proverbi misogini della tradizionale cultura partenopea …), trasferire il termine lòcena da un taglio di carne di scarto, ad una donna… di scarto, quale poteva esser ritenuta una donna becera, villana, sciatta,sguaiata, volgare, sfrontata ed, a maggior ragione,una donna di malaffare o anche solo chi fosse una demi vierge o che volesse apparir tale..
2) saittella La saittella è quella
sorta di feritoia che si trova
alla base dei marciapiedi, feritoia il cui compito è quello di favorire
il deflusso delle acque piovane ed incanalarle
nei condotti da fogna che si
trovano appena sotto il piano stradale; normalmente i ratti che stazionano
nelle fogne usano queste feritoie, che non sono assolutamente protette, ma
aperte e libere per sortire ed invadere
l’abitato.
Etimologicamente la parola saittella
è corruzione del termine toscano saiettera o saettiera che era nelle
antiche mura, lo spazio tra i merli, spazio da cui i difensori potevano tirare
con l'arco, la balestra e sim., rimanendo al coperto; tale spazio e la parola
che lo indicava è preso a riferimento per la forma di tronco di piramide che è sia della saiettiera (orizzontata in
senso verticale) che della saittella(che invece è aperta orizzontalmente).
Rammenterò appena, per amor di completezza, che con linguaggio
triviale, la parola saittella è usata
anche per indicare, estensivamente, una donna di facili costumi, la stessa che
come ò segnalato altrove è pure detta alternativamente: péreta o lòcena.
3) lumèra è esattamente il lume a gas ma viene per traslato riferito a donna
becera e volgare ed a maggior ragione ad una prostituta che abbia nel suo quotidiano costume l’accendersi iratamente per un nonnulla; tale
prender fuoco facilmente richiama quello simile del lume a gas (lumera)
o di quello a petrolio ( lume a ggiorno) ambedue altresí maleolenti
tali quale una pereta. Faccio
notare – come ò già detto – che péreta è
il femm. riscostruito del masch. pírito e deve perciò intendersi che la péreta è un gran peto, una grande scorreggia
maggiormente rumorosa e forse fastidiosa del corrispondente pírito= peto, scorreggia; e ciò perché
in napoletano – come passim ò molte volte rammentato - i nomi femminili si intendono riferiti a
cose, oggetti etc. intesi maggiori dei corrispondenti maschili: cfr. cucchiara piú grande di cucchiaro, tammora piú grande di tammurro carretta piú grande di carretto
etc. l’etimo di lumera= lume a gas è dal
fr. ant. lumière,ricavato dal
lat. luminaria, neutro pl. di luminare 'lampada, fiaccola';
4)péreta donna
becera, villana, sciatta,sguaiata, volgare,
sfrontata ed, a maggior ragione,una donna di malaffare o anche solo chi
fosse una demi vierge o che volesse apparir tale, soprattutto quando tale donna
le sue pessime qualità faccia di tutto per metterle in mostra appalesandole a
guisa di biancheria esposta al balcone; tale tipo di donna è detto péreta, soprattutto quando quelle sue
pessime qualità la donna le inalberi e
le metta ostentatamente in mostra; le ragioni di questo nome sono facilmente
intuibili laddove si ponga mente che il
termine péreta(nella locuzione a margine usata per dileggio quasi come nome proprio di
persona) è come ò già détto, il
femminile ricostruito di píreto (dal
b. lat.:peditu(m)) cioè: peto, scorreggia che sono manifestazioni viscerali rumorose
rispetto alla corrispondente loffa (probabilmente dal tedesco
loft= aria) fetida manifestazione viscerale silenziosa,
ma olfattivamente tremenda.
Abbiamo infine le ultime due voci che sono:
5)sittantotto in riferimento al numero 78 che nella smorfia napoletana o cabala indica
appunto la prostituta;
6)quatturana che sta esattamente per quattro grana corrispondente
all’importo della tassa che su ogni
prestazione, sotto il regno di Ferdinando
I (di Aragona e di Sicilia), detto Il Giusto (circa 1380-†1416), re
di Aragona e di Sicilia (1412-†1416)le meretrici dovevano pagare allo stato;
detto termine passò poi ad indicare la
prostituta in genere e con valenza piú triviale, l’organo sessuale delle meretrici.
Aggiungo a mo’ di completezza
altre antiche (tardo ‘800)
desuete voci:
7)-caccavella s.vo f.le= letteralmente la parola a margine vale pentolina ,piccolo paiolo di creta o talora
di rame usato per la cottura di alimenti; per traslato e figuratamente
valse anche grosso cappello da donna sempre
per traslato come (alibi) buatta
indicò l’organo femminile esterno della riproduzione cui semanticamente è
avvicinata per esser come quello un contenitore;partendo da tale accostamento
con la voce a margine si indicò anche per metonimia la prostituta, soprattutto se non particolarmente avvenente e di forme sgraziate, che quel contenitore
usasse; infine con la voce a margine (etimologicamente dal lat. tardo caccabella succedaneo di caccabulusdiminutivo di caccabus = paiolo,pentolone, dal greco kàkabos) per traslato sarcastico si indicò
una donna che fosse grossa,grassa e bassa; piú precisamente tale donna fu détta
caccavella ‘e Sessa: Sessa Aurunca
(comune della provincia di Caserta, noto con il solo nome di Sessa,in origine
Suessa, città appartenete
alla Pentapoli Aurunca;
il nome di Sessa derivò dalla felice
posizione (sessio = sedile - dolce collina dal clima mite)fu una località
dove veniva prodotto vasellame in terracotta, d’uso quotidiano;
8)pontonèra/puntunèra
doppia
morfologia alternativa di cui la prima adottata da scrittori meno adusi alla
verace parlata popolare napoletana
d’un'unica voce che sostanzia un
epiteto altamente offensivo rivolto ad una donna e solo a donne; ambedue le
forme, con la distinzione che ò fatto, furono
usate sia in letteratura (cfr. Ferdinando Russo che però adoperò la piú
esatta e veracemente popolare puntunèra
) che nel parlato della città bassa quale epiteto offensivo; il significato fu
univoco senza possibilità di confusione: prostituta, donna di malaffare, donna
da strada, donna da marciapiede, sgualdrina, baldracca; la voce etimologicamente
è un denominale di pontone/puntone
(angolo di strada, spigolo di
muro,cantonata di via,) addizionato del suff. di competenza f.le èra che al m.le è iere (cfr.salum-era ma salum-iere, panett-era ma panett-iere etc.);
pontone/puntone
s.vo m.le = angolo di strada, spigolo
di muro, cantonata; voce ricavata dal
s.vo puncta(m) con riferimento allo
spigolo del muro, addizionato del suff. accr.
m.le one.Rammento altresí che nella
medesima valenza e significato della
voce in esame fu usato sebbene piú in letteratura
che nel parlato un analogo
9)cantonèra/cantunèra
(marcato sul s.vo - che non è della parlata
napoletana cantone) voce mutuata dal
siciliano;
10)puppeca
prostituta, malafemmina, battona etc. ;
totalizzante offesa rivolta a donna e solo a donne; di per sé la voce a margine
varrebbe (donna)pubblica in quanto voce etimologicamente derivata per
adattamento locale dall’agg.vo lat. publĭca
(passato inalterato nello spagnolo cfr. mujer
publica=prostituta) secondo il seguente percorso morfologico publĭca→pubbica→pubbeca→puppeca;
Rammento
comunque che le ultime tre voci furono usate quali epititi (cfr. alibi) e poco
nella letteratura. A margine ed a completamento di tutto quanto fin qui
scritto, rammento che nel gergo dei protettori/camorristi le prostitute
venivano indicate con termini diversi a seconda della loro età o condizione; si
usavano i termini pullanca (dallo spagnolo pullancòn/a)
riferito a prostituta giovane ed ancóra illibata, gallenella (diminutivo di
gallina
nome che è dal lat. gallina(m), deriv. di gallus 'gallo') riferito a prostituta giovane ma non
piú illibata, ed infine voccola (che etimologicamente piú
che da un greco del Ponto kloka (che
è invece affine a chioccia), ritengo
derivato da un lat. volg. *vòcca
deverbale di vocare=chiamare che è
tipico della chioccia con i suoi pulcini) riferito a prostituta ancóra giovane,
ma che già sia madre. E termino l’elencazione rammentando un’icastica antica
espressione Essere ‘na
bbona pella p’’o Lietto, espressione che ad litteram vale : Essere una buona
pelle (utile) a letto;usata per
riferirsi ad un’ottima meretrice.
Si tratta di antichissima espressione risalente all’antichità latina allorché
con il termine scortum ci si riferiva
sia alla pelle propriamente detta che
alla meretrice semanticamente
raccostati probabilmente perché la meretrice fa ampia esposizione della propria pelle.
E
qui penso di poter far punto convinto d’avere esaurito l’argomento e
soddisfatto l’amico P.G., interessato qualcun altro dei miei ventiquattro
lettori e piú genericamente chi dovesse
imbattersi in queste paginette.Satis est.
Raffaele Bracale
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