martedì 18 luglio 2017

VARIE 17/729



1.FÀ ‘O PORTAPULLASTE.
Ad litteram: fare il porta pollastri Id est: agire da mezzano, da ruffiano che rechi messaggi alternativamente all’ amoroso o all’amorosa; per traslato fare il propalatore di notizie, per il solo gusto di portarle in giro senza neppure riceverne alcun sia pure piccolo vantaggio quale ad es. una mancia che si è soliti dare ad un garzone di macellaio che rechi effettivamente dei polli acquistati e non bigliettini amorosi. Interessantissima l’etimologia del sostantivo ricavato con traduzione pedissequa dell’espressione francese porte-poulet (portapolletto) ma che in realtà non si riferiva a qualcuno che realmente portasse dei polli, bensí a chi favorisse,recandoli, lo scambio di bigliettini amorosi tra gli innamorati; la particolare piegatura dei foglietti li faceva assomigliare a dei piccoli polli con le alucce donde il nome di poulet (polletto) ed ovviamente chi recava quei bigliettini fu détto porte-poulet (portapolletto→portapullaste); originariamente, tale scambio di bigliettini amorosi avveniva tra innamorati della medio-alta borghesia partenopea, adusa alla lingua francese, usata anche nella corte, per cui il mediatore fra innamorati, piú che esser détto semplicemente portabigliettini, fu détto alla francese porte-poulet; quando poi la medesima abitudine passò tra gli innamorati del popolo che non avevano dimestichezza con la lingua d’oltralpe, ma solo con l’idioma partenopeo ecco che porte-poulet (portapolletto)diventò portapullaste restando acquisito come sostantivo per indicare il mezzano, il ruffiano etc.
2.FÀ ‘O PRUTUSENIELLO
Ad litteram: fare il prezzemolino; id est: fare il ficcanaso, voler partecipare ad ogni conversazione esprimendo la propria opinione, specialmente se non sollecitata o richiesta; comportarsi cioè come fa il prezzemolo erba aromatica largamente presente nelle minestre della cucina partenopea; è chiaro che la locuzione in epigrafe si riferisce agli uomini ed è usata a mo’ di dileggio, ritenendosi che normalmente un uomo non debba tenere simili comportamenti, piú consoni alle donne.
Prutuseniello = prezzemolino s.vo ed ag.vo m.le diminutivo (cfr. il suff. iello) di prutusino s.vo neutro = prezzemolo, come détto famosissima erba aromatica largamente presente nelle minestre della cucina partenopea; la voce prutusino è una lettura metatetica del tardo lat *petrosinu(m) che è dal gr. petrosélinon, comp. di pétra 'roccia, pietra' e sélinon 'sedano'; propr. 'sedano che cresce fra le pietre'.
3.FÀ ‘O PUCCHIACCHIELLO
Espressione analoga a quella sub 7.(cfr. antea) da riferirsi per dileggio ad un uomo che si comporti come una donnetta quasi che fósse provvisto non del membro maschile, ma dell’organo riproduttivo femminile che nel napoletano, tra i tanti (cfr. alibi),è indicato con il s.vo purchiacca/pucchiacca donde l’improprio diminutivo maschile pucchiacchiello dell’epigrafe. il s.vo f.le purchiacca/pucchiacca è voce derivata dal greco pyr(fuoco) + koilos(faretra, vagina)+ il suff. dispreg. acca (femminilizzazione del maschile acco/accio suffisso che continua il lat. -aceu(m), usato per formare sostantivi e aggettivi alterati con valore peggiorativo . ),secondo un percorso morfologico che da koilos, attraverso un *koleaca porta a cljaca→chiaca e dunque: pyr+cliaca+acca= purcliacca→ puccliacca→pucchiacca con tipica assimilazione regressiva rc→cc.
4.FÀ ‘O SECUTASORICE
Fare il perseguita-sorci, comportarsi da gatto.
Détto sarcasticamente di chi sleale, falso ed infido sia incline al tradimento, alla fellonía,mostrandosi in ogni occasione votato al voltafaccia, all’infedeltà, all’inganno, all’imbroglio, alla slealtà, falsità, doppiezza, ipocrisia comportandosi ad un dipresso cosí come il gatto che degli animali domestici al contrario del cane, è quello che offre minori garanzie di fedeltà, attaccamento, lealtà ed è pronto a tradire ed ingannare anche il padrone che lo abbia benificato.Il s.vo m.le e f.le secutasorice è stato coniato per rendere icasticamente la voce gatto aduso ad inseguire i topi per catturali; secutasorice s.vo m.le e f.le = gatto; la voce è etimologicamente il risultato dell’agglutinazione del s.vo m.le sorice con la voce verbale secuta:
secuta voce verbale (3ª pers. sg. ind. pres.) dell’infinito secutà = inseguire, rincorrere; seguire, incalzare, braccare, ma anche tallonare, pedinare etimologicamente da un lat. volg. *secutare frequentativo di sequi;
sorice s.vo m.le = sorcio, topo domestico etimologicamente da un acc.vo lat. sorice(m) di sorex-soricis.
5.FÀ ‘O SPALLETTONE oppure al femminile ‘A CCIACCESSA
Espressione intraducibile ad litteram in quanto in italiano manca un vocabolo unico che possa tradurlo, per cui bisogna dilungarsi nella spiegazione per poter venire a capo delle espressioni in epigrafe.
Ciò premesso, dirò che esiste, o meglio, esistette fino agli anni ’60 dello scorso secolo, a Napoli un vocabolo che,nel parlare comune, conglobava in sè tutto un vasto ventaglio di significati. E’ il vocabolo in epigrafe che si dura fatica a spiegare tante essendo le sfumature che esso ingloba.
In primis dirò che con esso vocabolo si indica il saccente, il supponente, il sopracciò, il millantatore, colui che anticamente era definito mastrisso ovvero colui che si ergeva a dotto e maestro, ma non aveva né la cultura, nè il carisma necessarii per essere preso in seria considerazione.
Piú chiaramente dirò, per considerare le sfumature che delineano il termine in epigrafe, che vien definito spallettone chi fa le viste d’essere onnisciente, capace di avere le soluzioni di tutti i problemi, specie di quelli altrui , problemi che lo spallettone dice di essere attrezzato per risolvere, naturalmente senza farsi mai coinvolgere in prima persona, ma solo dispensando consigli , che però non poggiano su nessuna conclamata scienza o esperienza, ma son frutto della propria saccenteria in virtú della quale non v’è campo dello scibile o del quotidiano vivere in cui lo spallettone non sia versato;l’economia nazionale? E lo spallettone sa come farla girare al meglio. L’educazione dei figli altrui, mai dei propri !? Lo spallettone, a chiacchiere, sa come farne degli esseri commendevoli; e cosí via non v’è cosa che abbia segreti per lo spallettone che, specie quando non sia interpellato, si offre e tenta di imporre la propria presenza dispensando ad iosa consigli non richiesti che - il piú delle volte- comportano in chi li riceve un aggravio delle incombenze, del lavoro e dell’impegno, aggravio che va da sé finisce per essere motivo di risentimento e rabbia per il povero individuo fatto segno delle stupide e vacue chiacchiere dello spallettone.
E passiamo a quella che a mio avviso è una accettabile ipotesi etimologica del termine in epigrafe.
Premesso che tutti i compilatori di dizionarii della lingua napoletana, anche i piú moderni, con la sola eccezione forse dell’ avv.to Renato de Falco e del suo Alfabeto napoletano, non fanno riferimento alla lingua parlata, ma esclusivamente a quella scritta nei classici partenopei, va da sè che il termine spallettone non è registrato da nessun calepino, essendo termine troppo moderno ed in uso nel parlato, per esser già presente nei classici.
Orbene reputo che essendo il sostrato dello spallettone, la vuota chiacchiera, è al parlare che bisogna riferirsi nel tentare di trovare l’etimologia del termine che, a mio avviso si è formato sul verbo parlettià (ciarlare)con la classica prostesi della S non eufonica, ma intensiva partenopea, l’assimilazione della R alla L successiva e l’aggiunta del suffisso accrescitivo ONE.
Per concludere potremo definire cosí lo spallettone: ridicolo millantatore, becero, vuoto, malevolo dispensatore di chiacchiere, da non confondere però con il pettegolo che è altra cosa e che in napoletano è reso con un termine diverso da spallettone e cioè con il termine: parlettiere.
Va da sè che il termine esaminato è esclusivamente maschile;
esiste però un corrispondente termine femminile con i medesimi significati del maschile ed è come riportato nella variante in epigrafe: CCIACCESSA correttamente scritto con la geminazione iniziale della C: cciaccessa; l’etimo  è reputato, sconosciuto, ma penso, stante anche per essa parola il sostrato di un vuoto parlare che possa essere un deverbale formatosi su di un iniziale ciarlare→ciacciare donde cciaccessa.
Brak

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