giovedì 31 agosto 2017

CCA



CCA

CCA ( e non ca)avv = qui, in. questo luogo; vale l’italiano qua;  etimologicamente dal lat. (e)cc(um) (h)a(c)→cca; da notare che nell’idioma napoletano (cosí come in italiano il qua corrispettivo) l’avverbio a margine  va scritto senza alcun segno diacritico  trattandosi di monosillabo che non ingenera confusione con altri; nel  napoletano esistono , per vero, una congiunzione ed un pronome ca = (che), pronome e congiunzione (ambedue dal lat. quia→q(ui)a→qa→ca  che  però  si rendono con la c iniziale scempia, laddove l’avverbio a margine è scritto sempre con la  c iniziale geminata ( cca)  e basta ciò ad evitar confusione tra i due monosillabi e non necessita accentare l’avverbio, cosa che – invece – purtroppo capita di vedere negli scritti di taluni sedicenti e/o acclamati scrittori/autori partenopei, dei quali qualcuno addirittura usa scrivere l’avverbio a margine cca’(con un inutile segno d’apocope…, inutile giacché non è caduta alcuna sillaba!) e talora addirittura ccà’ addizionando errore ad errore, aggiungendo (nel caso di ccà’) cioè al già inutile accento   un pleonastico segno (‘) d’apocope atteso che, ripeto,  non v’è alcuna sillaba finale che sia caduta e che vada segnata con il segno diacritico! In coda a quanto fin qui détto, mi occorre però  aggiungere un’ultima osservazione:  è vero che gli antichi vocabolaristi (P.P. Volpi, R. Andreoli) registrarono l’avverbio a margine come per distinguerlo dagliomofoni ca (che) pronome e congiunzione. Si trattava d’una grafia erronea, giustificata forse dal fatto che temporibus illis lo studio della linguistica era ancóra gli albori e quei vocabolaristi, meritorî peraltro per il corposo tentativo operato nel  registrare puntigliosamente  i lemmi della parlata napoletana, non erano né informati, né precisi. Ancóra tra gli antichi vocabolaristi devo segnalare il caso del peraltro preziosissimo Raffaele D’Ambra   che, diligentemente riprendendo l’autentica parlata popolare  registrò  sí l’avverbio a margine  con la  c iniziale geminata (cca) ma lo forní d’un inutile accento (ccà) forse lasciandosi fuorviare dal  registrato dai suoi  omologhi. Dal tempo però dei varî P.P. Volpi, R. Andreoli e Raffaele D’Ambra   la linguistica e lo studio delle etimologie à fatto enormi passi per cui se mi sento di perdonare  a Raffaele D’Ambra,P.P. Volpi, R. Andreoli  e ad altri talune imprecisioni o strafalcioni, non mi sento di perdonarli a taluni spocchiosi sedicenti e/o acclamati scrittori/autori partenopei, dei quali qualcuno addirittura cattedratico d’ateneo , colpevolmente a digiuno di regole linguistiche, (quando non sai una cosa, insegnala!) che si abbandonano a fantasiose, erronee soluzioni grafiche!  
Raffaele Bracale


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