mercoledì 15 novembre 2017

VARIE 17/1143



1.CCA NISCIUNO È FFESSO!
Ad litteram: Qui nessuno è sciocco! Affermazione perentoria fatta nei confronti di chi era aduso a ritenere che gli abitanti del Sud dello stivale fossero degli sciocchi, per significare che, invece era ed è in errore chi ritenesse o ancóra ritenga vera una cosa simile .La locuzione, divenuta una sorta di monito, è passata poi a significare: bada che non ci casco, attento ché non riuscirai a prenderti gioco di me,bada bene che son pronto a render pan per focaccia giacché sono tutt’altro che fesso, come chiunque altro viva in questi luoghi.
Cca[enon ccà] avv = qui, in. questo Luogo; vale l’italiano qua; etimologicamente dal lat. (ec)cu(m) hac; da notare che in  napoletano (cosí come in italiano il qua corrispettivo) l’avverbio a margine va scritto senza alcun segno diacritico trattandosi di monosillabo che non ingenera confusione con altri; in  napoletano esistono , per vero, una cong. ed un pronome ca = (che), pronome e congiunzione che però si rendono con la c iniziale scempia, laddove l’avverbio a margine è scritto sempre con la c iniziale geminata ( cca) e basta ciò ad evitar confusione tra i due monosillabi e non necessita accentare l’avverbio, cosa che – invece – purtroppo capita di vedere negli scritti di taluni sedicenti scrittori partenopei, dei quali qualcuno addirittura usa scrivere l’avverbio a margine cca’con un pleonastico erroneo segno (‘´) d’apocope atteso che non v’è alcuna sillaba finale che sia caduta e che vada segnata con il segno diacritico !
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2.“CCA SOTTO NUN CE CHIOVE!” JIEVENO DICENNO ‘E PISCE SOTT’ACQUA...
Ad litteram: “Qui sotto non ci piove!”dicevano i pesci sott’acqua.
L’espressione, pronunciata tenendo puntato il dito indice della mano destra ben teso contro il palmo rovesciato della mano sinistra, viene usata, a mo’ di risentito avvertimento , nei confronti di chi - dopo di aver promesso un aiuto o una liberalità - sia venuto meno clamorosamente a quanto promesso; e ciò nell’intento di fargli capire che non si è piú disposti a sopportare una simile mancanza di parola data e, per converso, si è pronti secondo un noto principio partenopeo che statuisce: fa’ comme t’è ffatto ca nun è peccato (comportati con gli altri come gli altri si sono comportati con te, ché non peccherai…) a restituire pan per focaccia; rammento che l’espressione originaria è quella fuori parentesi, espressione che da sola è significativa e sostanzia l’intendimento vendicativo di chi la pronuncia ; la parte tra parentesi è aggiunta a mo’ di spiegazione che però non dà,ed è perciò inutile e pletorica e non significativa ed infatti nell’uso comune non viene pronunciata! In effetti sott’acqua è ben difficile cogliere gli effetti di una eventuale semplice pioggia che non sia uragano o temporale violento ed è del tutto ovvio che un pesce che nuoti sott’acqua possa affermare che lí sotto non ci piova, ma ciò non offre il destro di cogliere il significato dell’avvertimento lanciato stringatamente con il semplice Cca sotto nun ce chiove! (Qui sotto non ci piove!).
chiove = piove voce verbale impersonale ind.pr. dell’infinito chiovere = piovere ; (dal lat. tardo plovere, per il class. pluere) normale il passaggio del digramma latino pl seguito da vocale al napoletano chi (cfr. chiummo←plumbeu(m) - chiazza←platea – chieja← plica(m)).
3.CE MANCANO DICIANNOVE SORDE P’APPARÀ ‘A LIRA.
Ad litteram: ci mancano (ben) diciannove soldi per raggranellare una lira. Poiché la lira de quo contava venti soldi il fatto che, come affermato in epigrafe, mancassero diciannove soldi, significava che ci si trovava in gran carenza di mezzi e la locuzione, riferita ad una azione principiata con tal carenza voleva significare che, con ogni probabilità, non si sarebbe potuto portare a compimento il principiato e che, forse, sarebbe stato piú opportuno il desistere.
4.CACCIÀ ‘E CCARTE
Ad litteram: tirar fuori le carte Non si tratta però, chiaramente di tra fuori da un cassetto le 40 carte di cui è formato il mazzo napoletano di carte da giuoco per principiare una partita.
Si tratta, invece, di procurarsi le necessarie documentazioni burocratiche per avviare una certa pratica o per portarla a compimento.In particolare la locuzione in epigrafe è usata dai promessi sposi che, intendendo contrarre il loro matrimonio, devono sobbarcarsi all’impresa di procurarsi presso uffici pubblici e/o luoghi di culto le prescritte documentazioni, dette in maniera onnicomprensiva: carte, senza le quali, non è possibile pervenire alla celebrazione delle nozze. Va da sè che quasi tutti i negozi giuridici necessitano di ineludibili carte da procacciare e ciò à dato modo a taluni napoletani, disperatamente senza lavoro, di inventarsi un mestiere: quello di procacciatore di carte; questo utilissimo individuo, per poche lire si accolla l’onere di fare lunghissime file davanti agli sportelli degli uffici dell’anagrafe pubblica, o si accolla la fatica di raggiungere posti lontani e impervi da raggiungere per procurare al richiedente le carte necessarie.
5.CE MANCANO QUATTO LASTE I ‘O LAMPARULO.
Ad litteram: mancano i quattro vetri e il reggimoccolo Locuzione di portata simile alla precedente; in questa, in Luogo della lira, il riferimento è fatto ad una ipotetica lanterna che è stata costruita in maniera raffazzonata di talché non è adatta allo scopo per cui è stata costruita e non potrà produrre vantaggi a chi se ne dovesse servire, posto che essa lanterna manca dei quattro vetri che ne costituiscono le pareti e manca addirittura del reggimoccolo centrale: un simile oggetto non potrà mai servire ad illuminare.
Brak

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