venerdì 24 novembre 2017

VARIE 17/1185



1.FÀ ‘O SPALLETTONE oppure al femminile ‘A CCIACCESSA
Espressione intraducibile ad litteram in quanto in italiano manca un vocabolo unico che possa tradurlo, per cui bisogna dilungarsi nella spiegazione per poter venire a capo delle espressioni in epigrafe.
Ciò premesso, dirò che esiste, o meglio, esistette fino agli anni ’60 dello scorso secolo, a Napoli un vocabolo che,nel parlare comune, conglobava in sè tutto un vasto ventaglio di significati. E’ il vocabolo in epigrafe che si dura fatica a spiegare tante essendo le sfumature che esso ingloba.
In primis dirò che con esso vocabolo si indica il saccente, il supponente, il sopracciò, il millantatore, colui che anticamente era definito mastrisso ovvero colui che si ergeva a dotto e maestro, ma non aveva né la cultura, nè il carisma necessarii per essere preso in seria considerazione.
Piú chiaramente dirò, per considerare le sfumature che delineano il termine in epigrafe, che vien definito spallettone chi fa le viste d’essere onnisciente, capace di avere le soluzioni di tutti i problemi, specie di quelli altrui , problemi che lo spallettone dice di essere attrezzato per risolvere, naturalmente senza farsi mai coinvolgere in prima persona, ma solo dispensando consigli , che però non poggiano su nessuna conclamata scienza o esperienza, ma son frutto della propria saccenteria in virtú della quale non v’è campo dello scibile o del quotidiano vivere in cui lo spallettone non sia versato;l’economia nazionale? E lo spallettone sa come farla girare al meglio. L’educazione dei figli altrui, mai dei propri !? Lo spallettone, a chiacchiere, sa come farne degli esseri commendevoli; e cosí via non v’è cosa che abbia segreti per lo spallettone che, specie quando non sia interpellato, si offre e tenta di imporre la propria presenza dispensando ad iosa consigli non richiesti che - il piú delle volte- comportano in chi li riceve un aggravio delle incombenze, del lavoro e dell’impegno, aggravio che va da sé finisce per essere motivo di risentimento e rabbia per il povero individuo fatto segno delle stupide e vacue chiacchiere dello spallettone.
E passiamo a quella che a mio avviso è una accettabile ipotesi etimologica del termine in epigrafe.
Premesso che tutti i compilatori di dizionarii della lingua napoletana, anche i piú moderni, con la sola eccezione forse dell’ avv.to Renato de Falco e del suo Alfabeto napoletano, non fanno riferimento alla lingua parlata, ma esclusivamente a quella scritta nei classici partenopei, va da sè che il termine spallettone non è registrato da nessun calepino, essendo termine troppo moderno ed in uso nel parlato, per esser già presente nei classici.
Orbene reputo che essendo il sostrato dello spallettone, la vuota chiacchiera, è al parlare che bisogna riferirsi nel tentare di trovare l’etimologia del termine che, a mio avviso si è formato sul verbo parlettià (ciarlare)con la classica prostesi della S non eufonica, ma intensiva partenopea, l’assimilazione della R alla L successiva e l’aggiunta del suffisso accrescitivo ONE.
Per concludere potremo definire cosí lo spallettone: ridicolo millantatore, becero, vuoto, malevolo dispensatore di chiacchiere, da non confondere però con il pettegolo che è altra cosa e che in napoletano è reso con un termine diverso da spallettone e cioè con il termine: parlettiere.
Va da sè che il termine esaminato è esclusivamente maschile;
esiste però un corrispondente termine femminile con i medesimi significati del maschile ed è come riportato nella variante in epigrafe: CCIACCESSA correttamente scritto con la geminazione iniziale della C: cciaccessa; l’etimo  è reputato, sconosciuto, ma penso, stante anche per essa parola il sostrato di un vuoto parlare che possa essere un deverbale formatosi su di un iniziale ciarlare→ciacciare donde cciaccessa.
2.FÀ ‘O VIAGGIO D’’O MISCRINO
Ad litteram: fare il viaggio del Meschino Id est: impegnarsi in una faticosissima attività, un’improba impresa, ma totalmente inutile vuoi per le ragioni che la promuovono, vuoi per i risibili risultati che si raggiungono; la locuzione in epigrafe richiama le avventure di uno degli eroi del ciclo carolingio : Guerino detto il Meschino protagonista di numerose dure ma inutili avventure narrate dallo scrittore italiano Andrea da Barberino, al secolo Andrea Mengabotti o Andrea de' Mengabotti (Barberino Val d'Elsa, 1370 circa –† 1432 circa), e riprese oltr’ alpi da narratori francesi.
3.FÀ A UNO ‘NZOGNA E PPUMMAROLA.
Ad litteram: fare (cucinare) uno (con) sugna e pomodoro.
 Icastica espressione usata per indicare che si intende maltrattare qualcuno, violentemente percuoterlo, ridurlo a cattivo stato fino ad iperbolicamente cucinarlo in forno dopo averlo schiacciato a dovere come si farebbe con una pizza condita, a maggior disdoro, non con il tenue olio d’oliva, ma con la greve sugna e la classica salsa di pomodoro.
La pizza ‘nzogna e ppummarola fu anticamente uno dei piú classici modi di approntare la pizza che veniva appunto condita con sugna, pomidoro ed abbondante pecorino prima d’esser cotta in forno; successivamente il condimento per questa pizza napoletana mutò e venne usato olio d’oliva, pomidoro aglio ed origano e la pizza cosí condita non ebbe piú il nome di napoletana, ma divenne â marenara. E tutto ciò con buona pace del sig.  Luciano Galassi che in un suo volumetto, pur citando questa mia esposizione, me ne contesta la morfologia asserendo che nel caso l’espressione derivasse veramente dal modo di condire e cucinare una pizza la locuzione avrebbe dovuto essere: “Fà a uno cu ‘nzogna e ppummarola” laddove basta semplicemente entrare in una autentica pizzeria napoletana ed ordinare una pizza ‘nzogna e ppummarole per rendersi conto che il cu è o sarebbe pleonastico ed irrilevante; il pizzaiuolo capirebbe che tipo di pizza gli si stesse ordinando con e senza il “cu”!

4.FÀ ABBATE A CQUACCHEDUNO.
Ad litteram: fare abate qualcuno; id est: gabbare, imbrogliare, ingannare chi sia sciocco e credulone.Un tempo per ricevere la nomina ad abate non occorreva si fosse in possesso di grandi doti intellettive, o di particolari meriti; spesso anzi piú si era stupidi piú si avevano probabilità d’esser nominati; la locuzione prende a suo fondamento proprio l’evenienza qui ricordata.
5.FÀ ACQUA 'A PIPPA!
Letteralmente: la pipa fa acqua!; id est: la miseria incombe, ci si trova in grandi ristrettezze. Icastica espressione con la quale si suole sottolineare lo stato di grande miseria in cui versa chi sia il titolare di questa pipa che fa acqua. Sgombro súbito il campo da facili equivoci: con la locuzione in epigrafe la pipa, strumento atto a contenere il tabacco per fumarlo, non à nulla da vedere; qualcuno si ostina però a vedervi un nesso e rammentando che quando a causa di un cattivo tiraggio, la pipa inumidisce il tabacco acceso impedendogli di bruciare compiutamente, asserisce che si potrebbe affermare che la pipa faccia acqua. Altri ritengono invece che la pipa in questione è quella piccola botticella spagnola nella quale si conservano i liquori, botticella che se contenesse acqua starebbe ad indicare che il proprietario della menzionata pipa sarebbe cosí povero, da non poter conservare costosi liquori, ma solo economica acqua. Mio avviso è invece che la pippa in epigrafe sia qualcosa di molto meno casto e della pipa del fumatore, e di quella del beone spagnolo e stia ad indicare, molto piú prosaicamente, il membro maschile che laddove, per sopravvenuti problemi legati all’ età o ad altri malanni, non fosse piú in grado di sparger seme si dovrebbe contentare di emettere i liquidi scarti renali, esternando cosí la sua sopravvenuta miseria se non economica, certamente funzionale.Del resto nell’icastico parlar napoletano il gesto onanistico maschile corrisponde alla moderna espressione: farse ‘na pippa! che negli anni ’50 del 1900 sostituí le piú antiche: FARSE ‘NA SEGA! o anche FARSE ‘NA PUGNETTA!
Brak

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