domenica 17 dicembre 2017

VARIE 17/1295



1.SCARTE FRÚSCIO E PPIGLIE PRIMMERA! Icastica, sarcastica, sardonica, beffarda, canzonatoria, pungente,,caustica locuzione esclamativa partenopea che per apparir piú chiara dovrebbe addizionarsi d’un NUN(non) diventando scarte frúscio e nun  piglie primmera! (ma in tal guisa perderebbe tutto il suo gustoso sapore di ironia e sarcasmo e quindi meglio lasciar le cose come sono ed esclamare SCARTE FRÚSCIO E PPIGLIE PRIMMERA!
Che è  un’ esclamazione intraducibile ad litteram che però  si può rendere comunque, lato sensu, con Di male in peggio! oppure Cader dalla padella nella brace!  quantunque l’espressione napoletana abbia una sfumatura di malevola soddisfazione (nuance assente nell’espressione italiana) nel constatare la sgradevole situazione di chi – per sua insipienza -  abbia scartato un frúscio sperando di avere una primiera e sia rimasto chiaramente a mani vuote, peggiorando cioè la propria situazione,id est  cadendo dalla padella nella brace.
Ò parlato di espressione intraducibile ad litteram in quanto è assolutamente fuori luogo (come chiarisco qui di sèguito) tentar di renderla con un inconferente: Scarti flusso (fruscio) e raccogli primiera!
Infatti la parola napoletana frúscio non può esser tradotta, ,  (come pure inopinatamente fece Raffaele D’Ambra nel suo dizionario napolitano, e come fanno tutti coloro (Altamura, D’Ascoli etc.) che spudoratamente vi attingono…), non può tradursi flusso, frúscio/fruscío,  rumore leggero, continuo, sibilante prodotto da qualcosa che striscia, sfrega e simili che indicano cosa del tutto diversa; il napoletano frúscio agg.vo e s.vo neutro (deverbale del lat. *frustiare = frusciare che in primis sta per fare in pezzi, sciupare, consumare ed à poi, nella forma riflessiva frusciarse, il significato di reputare impropriamente e quelli  estensivi di vantarsi a torto, gloriarsi, pavoneggiarsi senza motivo) vale cosa floscia,insignificante,di scarso valore, inconsistente, moscia, tutte cose che - come è intuitivo - nulla ànno a che spartire con   flusso, frúscio (attestato talora soprattuto di vestiti,o  di foglie  come fruscío),  rumore leggero, continuo, sibilante prodotto da qualcosa che striscia, sfrega etc.; il s.vo e solo s.vo  italiano  frúscio/fruscío à un’etimologia onomatopeica e connota cosa affatto diversa dal frúscio napoletano che è – come ò détto – è un agg.vo e s.vo neutro (deverbale del lat. *frustiare).
A questo punto,  per parlar fuor de ’l  velame de li versi strani,
converrà fare un passetto indietro e chiarire cosa siano il frúscio e la primmera dell’epigrafe; chiariti i due concetti, forse si chiarirà tutta la portata dell’espressione in esame.
L’espressione attestata già anticamente,  è mutuata da un gioco d’azzardo di carte, chiamato appunto primiera (voce derivata  da primiero, in quanto la primiera si ottiene possedendo le carte di ogni seme che ànno il punteggio piú alto ( punteggio non facciale, ma prestabilito: i medesimi in uso nel conteggio della primiera nel gioco della scopa e cioè: 7 – 21 punti, 6 – 18 punti ,asso – 16 punti, 5 - 15 punti etc.a decrescere sino alle figure che valgono 10 punti cadauna )); la primiera è dunque un   gioco d'azzardo nel quale vince il giocatore che somma il maggior numero di punti con quattro carte di quattro semi diversi; nel medesimo giuoco il fruscio  è la  somma del maggior numero di punti con quattro carte del medesimo seme; il fruscio è una combinazione secondiara che permette la vincita solo di una posta inferiore a quella destinata alla primiera; ora  a chi  possieda un fruscio  dopo la prima distribuzione di carte,  è dato la facoltà di scartarne alcune ( due o tre) e farsele sostituire dal cartaro  sperando di riceverne di piú atte a mettere insieme una primiera che dà diritto alla vincita della posta piú alta; va da sé che era ed è  rischioso e spesso improvvido scartare un fruscio che comunque dà diritto ad una  vincita secondiara, per rincorrere la conquista di una primiera difficilissima da conseguire; era ed è  rischioso e spesso improvvido scartare un fruscio perché il piú delle volte non si consegue la primiera e si perde anche il fruscio scartato! Giunti a questo punto si comprende dunque la portata ironica se non sarcastica della  locuzione partenopea in epigrafe che viene spesso usata con  malevola, ostile, rancorosa soddisfazione per le disgrazie altrui,  nei confronti di chi abbia lasciato il certo per l’incerto e prendendosi gioco di costui gli si rinfacci ironicamente (giacché in realtà non è avvenuta l’evenienza migliore…attesa, ma non conseguita)  di aver scartato un fruscio e preso una primiera (piú chiaramente: di aver scartato un fruscio e(non) aver  preso una primiera) d’aver cioè peggiorata la situazione, cadendo dalla padella nella brace.
In coda rammento gli etimi delle voci incontrate e non ancóra esaminate:
SCARTE  = scarti  voce verbale (2ª prs.sg.) ind. pres. dell’infinito scartà = scartare  (denominale di carta con protesi d’una esse distrattiva):
1 togliere un oggetto dalla carta che lo avvolge: scartà ‘nu pacco(scartare un pacco)
2 ( ed è il  caso che ci occupa) nei giochi di carte, eliminare o sostituire una carta con particolari intendimenti a seconda del gioco; 3 mettere da parte, respingere come dannoso o inutile: scartare una proposta; scartare i libri superflui; scartare qualcuno alla visita di leva, dichiararlo non idoneo al servizio militare;
PIGLIE =  pigli  voce verbale (2ª  prs.sg.) ind. pres. dell’infinito piglià = prendere, pigliare ( dal lat. volg. *piliare,  dal class. pilare 'rubare, saccheggiare').
2.SCIORTA E CCAUCE 'NCULO, VIATO A CCHI 'E TTÈNE!
Beato chi à fortuna e spintarelle ovvero raccomandazioni
3.SCIORTA E MOLE SPONTANO 'NA VOTA SOLA.
Letteralmente: la fortuna ed i molari compaiono una sola volta. Id est: bisogna saper cogliere l'attimo fuggente e non lasciarsi sfuggire l'occasione propizia che - come i molari - spunta una sola volta e non si ripropone
4.SCIÚ, Â FACCIA TOJA!
Espressione volgare di schifo e disprezzo, intraducibile ad litteram, che viene pronunciata, accompagnata spesso dal gesto di un finto sputo, all'indirizzo di chi è tanto spregevole da meritarsi di esser raggiunto da uno sputo al volto: infatti la parola sci ú altro non è se non l'onomatopeica riproduzione di uno sputo, che - come precisato nel prosieguo della locuzione – à come destinazione proprio la faccia di colui che si intende disprezzare! Talvolta l’espressione è limitata al solo sciú mantenendo però inalterato il senso di schifo e disprezzo contenuto nell’intera espressione.
5.SCUMMIGLIÀ 'A RAMMA
Ad litteram: scoprire il rame Id est : togliere i coperchi alle pentole di rame (per controllarvi il cibo in cottura). Invito che si rivolgeva temporibus illis alle donne di casa addette alla cucina perchè controllassero attentamente la cottura delle pietanze, evitando di distrarsi con chiacchiere inutili.
In senso traslato: mettere a nudo i difetti di qualcuno, come nell’espressione:SCUMMIGLIà ‘E ZZELLE.
BRAK

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