GENNARINO NUN DICE BUSCIE; DICE ‘NU CUOFANO
‘E FESSARIE.
Ad litteram: Gennarino non dice bugie; dice
un cumulo di sciocchezze.
Cosí, con la locuzione indicata si suole prender giuoco di ogni persona notoriamente bugiarda , poco
credibile, millantatrice; l’espressione nacque allorché esistette in Napoli un
tal Gennarino, venditore ambulante di panzarotti
fritti (gustosissime frittelle di
patate, di origine meridionale che, come alibi scrissi, sarebbe piú giusto,
anche in italiano, continuare a chiamare panzarotti e che invece impropriamente
vengon dette crocchette) che era solito
magnificare la propria merce in modo esagerato sottolineando le sue parole con l’aggiunta di
una sorta di giuramento: Gennarino nun dice buscie (Gennarino non mente!). Atteso che la
merce, invece, non era cosí buona come
magnificato dal venditore, gli scugnizzi napoletani presero a canzonarlo aggiungendo al suo
giuramento una caustica chiosa: dice ‘nu cuofano ‘e fessarie. (dice
un cumulo di sciocchezze) volendo significare che il sullodato
Gennarino, in qualsiasi caso (si trattasse di bugie o di sciocchezze) mentiva e
la sua merce era scadente!
buscía (di cui buscíe è il plurale) =
bugia, menzogna ed
altrove piattello ansato per ragger le
candele; nel significato di bugia è parola
derivante dal provenzale bauzía che è dal francone bausi = menzogna, malignità; nel senso di piattello ansato per
regger candele deriva dal nome della città
algerina Bugiaya dove si producevano tali piattelli e da dove,
pare, s’importasse la cera per produrre le candele;
cuofano = cesto, corbello e per traslato gran quantità, abbondanza; dal latino
cophinu(m)= cesta, normale il passaggio della i atona
ad a atona, in parole sdrucciole;
fessaria= cosa da
nulla, sciocchezza, inezia e per traslato bugia macroscopica;
etimologicamente da fesso (rotto, spaccato e
poi sciocco) p.pass. del verbo findere (rompere, spaccare) + il suff.
di pertinenza arius/aro + la desinenza tonica ía; rammenterò che la stessa parola con i medesimi significati si
ritrova pure nella lingua ufficiale sebbene in quest’ultima l’originaria ed etimologica a ovviamente aperta, la si sia sostituita con
una pretestuosa e chiusa (ritenuta forse, ma
scioccamente, piú consona dell’aperta a alla elegante (sic?) dialetto di Alighieri
Dante, ottenendo cosí in luogo di fessaria
una non migliore fesseria. Raffaele Bracale
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