1. ‘A FUNICELLA CORTA E ‘O STRUMMOLO TIRITEPPETO
ad
litteram: la cordicella corta e la
trottolina scentrata o ballonzolante.
Pi ú esattamente a Napoli s’usa dire: s’è aunita ‘a funicella corta e ‘o
strummolo tiriteppeto, ovvero: si sono uniti, in un fallimentare connubio, una cordicella troppo corta per
poter imprimere con forza la necessaria
spinta al movimento rotatorio dello strummolo a sua volta scentrato o con la punta malamente inclinata tale da conferire un
movimento non esatto per cui la trottolina s’inclina e si muove ballonzolando.
Pacifica
la etimologia della voce strummolo che indica lo strumento di un gioco
addirittura greco se non antecedente e greca è l’etimologia della parola che
viene dritta dritta dal greco strómbos
trasmigrato nel latino strumbus con
consueta assimilazione progressiva strummus
addizionato poi del suffisso diminutivo olus→olo (per cui strummus+olus→strummolus→strummolo) con
il suo esatto significato di trottola.
la
voce tiriteppeto, talvolta usata, ma
erroneamente, anche come tiriteppola è voce onomatopeica
riproducente appunto il rumore prodotto dalla trottolina nel suo incerto
movimento inclinato e ballonzolante.
Rammento che la voce strummolo s.vo m.le à due plurali: l’uno maschile:
‘e strummole = le trottoline e
l’altro f.le: ‘e strommole dove il
termine, con evidente traslato, le cui ragioni illustrerò a seguire, indica le
fandonie, le sesquipedali sciocchezze,le panzane,le frottole gratuite;
semanticamente la faccenda si spiega con il fatto che di per sé lo strummolo =
trottolina è un semplice giocattolino
con cui trastullarsi; alla stessa maniera le frottole, panzane, fandonie altro
non sono che una sorta di innocente mezzo dilettovole con cui prendersi giuoco
di qualcuno; ugualmente semplice da spiegarsi la differenza di morfologia tra
il maschile strummole ed il f.le strommole, rammentando il fatto che nel napoletano un
oggetto (o cosa che sia) è inteso se maschile piú piccolo o contenuto del
corrispondente femminile; abbiamo ad . es. ‘a tavula (piú grande
rispetto a ‘o tavulo piú piccolo ),‘a tammorra (piú grande rispetto
a ‘o tammurro piú piccolo ), ‘a cucchiara(piú grande rispetto a
‘o cucchiaro piú piccolo), ‘a carretta (piú grande rispetto a ‘o
carretto piú piccolo ); fanno
eccezione ‘o tiano che è piú grande de ‘a tiana e ‘o caccavo
piú grande de ‘a caccavella; va da sé che essendo la fandonia certamente
piú grossa della trottolina necessitasse d’un genere femminile (per cui ‘e
strommole = le sciocchezze, fandonie, frottole etc. da non confondersi con
il maschile ‘e strummole= le trottoline).
2. AIZARSE ‘NU CUMMÒ
ad litteram: caricarsi addosso un canterano; detto di chi abbia impalmato una
donna anziana, non avvenente ed, a
maggior disdoro, priva di congrua dote. Si ritiene che chi abbia
fatto un simile matrimonio, abbia
compiuto uno sforzo simile a quello di quei facchini addetti a trasporti, facchini
che sollevavano e si ponevano sulle
spalle pesanti cassettoni di legno
massello, sormontati da ponderose lastre di marmo.
cummò s.vo
m.le =
canterano,cassettone dal fr. commo(de)
3. Ê CANE DICENNO
letteralmente: dicendo ai cani locuzione
pronunciata magari accompagnata da un gesto scaramantico con la quale si vuol significare: non sia
mai!, accada ai cani ciò che stiamo
dicendo!
4. A
MMORTE ‘E SUBBETO.
Ad litteram:
a morte subitanea id est: repentinamente, senza por tempo in
mezzo; detto soprattutto di ordini da
eseguirsi, come indicato in epigrafe, con la stessa immediatezza di una morte repentina.
5.
AGGIU VISTO 'A MORTE
CU LL' UOCCHIE.
Ad litteram: Ò visto la morte con gli occhi Con questa tautologica locuzione si esprime chi voglia portare a conoscenza degli altri di aver corso un serio, grave pericolo tale d’averlo portato ad un passo dalla morte, vista da molto vicino e di esserne venuto fortunatamente fuori, tanto da poterlo raccontare.
Ad litteram: Ò visto la morte con gli occhi Con questa tautologica locuzione si esprime chi voglia portare a conoscenza degli altri di aver corso un serio, grave pericolo tale d’averlo portato ad un passo dalla morte, vista da molto vicino e di esserne venuto fortunatamente fuori, tanto da poterlo raccontare.
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