domenica 2 settembre 2018

ESPRESSIONI 140


1. FÀ ACQUA 'A PIPPA.
Letteralmente:La pipa versa acqua. Id est: la miseria è grande. la locuzione è usata a commento del grave stadio di indigenza di qualcuno.. La pipa in questione non è l'attrezzo per fumare, e neppure  quella botticella spagnola oblunga chiamata pipa nella quale si usa conservare vino o liquore, pipa che qualora invece versasse acqua ivi contenuta indicherebbe che il prprietario è in uno stato di cosí grave miseria da non poter conservare vino, ma solo acqua; a mio avviso la pippa dell’espressione altro non è che l’organo della riproduzione maschile che se, per limiti di età o malattie intervenute, non spargesse piú seme, ma si limitasse a spandere i liquidi scarti renali, indicherebbe indigenza e o miseria (al proposito cfr. l’espressione farse ‘na pippa= masturbarsi).
2.ABBACCÀ CU CCHI VENCE.
Colludere col vincitore - Schierarsi dalla parte del vincitore. Comportamento nel quale gli Italiani sono maestri: si racconta, ad esempio, che al tempo dell'ultima guerra, all'arrivo degli americani non fu possibile trovare un fascista. Tutti quelli che per un ventennio avevano indossato la camicia nera, salirono sul carro dei vincitori e i militari anglo-americani si chiedevano, riferendosi a Mussolini: Ma come à fatto quest’ uomo a resistere tanto tempo, se non aveva nessuno con lui?
3. GRANNEZZA 'E DDIO: ERA MONACO E PPURE PISCIAVA.
Letteralmente: grandezza di Dio: era monaco eppure mingeva. La locuzione è usata per prendersi gioco di  chi fa le viste di meravigliarsi delle cose piú ovvie e naturali come qualcuno che si stupisse nel vedere un frate portare a compimento una sua funzione fisiologica.
4. 'A SOCCIA MANO STEVA APPESA DINT' Ê GUANTARE.
Letteralmente essa vale: L’identica mano stava (cioè  era) sospesa nei (negozi della strada dei) guantai.
Va da sé che la mano di cui si parla non è, né potrebbe mai essere una reale mano; si tratta infatti d’una mano in effigie,  di un  simulacro costruito in legno, stoppa e cuoio rappresentante una mano guantata aperta e  con le cinque dita ben distese da usarsi  quale insegna sospesa al centro delle architravi delle numerose botteghe  di fabbricanti e venditori al minuto di guanti lí nella strada napoletana  dei Guantai un tempo (fine ‘700) Vecchi e poi  (dopo l’abbattimento e  ricostruzione operati nel dopoguerra) Guantai Nuovi    strada sita a Napoli tra via San Tommaso d’Aquino e via Armando Diaz, strada che come ricordano i napoletani di vecchio conio odorava o putiva (a seconda dei gusti) per le esalazioni di quella famosa (un tempo!) colla ‘e retaglie (colla di ritagli, usatissima da mobilieri e doratori) fabbricata sull’uscio delle botteghe per bollitura  servendosi appunto degli scarti (fodere o pellami) residui della lavorazione dei guanti. Faccio notare che abbenché siano quasi del tutto sparite botteghe e negozi di fabbricanti e venditori al minuto di guanti la strada continua ad esser détta dei Guantai Nuovi . Tanto premesso passiamo demum ad illustrare il significato sotteso e  l’uso dell’espressione     in epigrafe che viene còlta in senso ironico e perciò antifrastico sulle labbra di chi intenda rivolgersi a o  voglia parlare irrisoriamente, canzonatoriamente di una persona taccagna, avara, incapace di qualsiasi elargizione, restia  a mostrarsi generosa, prodiga, munifica, insomma un soggetto inidoneo ad allargar la propria mano alla maniera di quella sospesa nei guantai preferendo tenerla ben rinserrata come gli dètta la sua natura tirchia, spilorcia, avida, esosa ed  ingorda. Da tanto si evice tutta la portata sardonica, sarcastica, beffarda, oltre che pungente, graffiante, mordace, caustica dell’espressione in esame.
Passiamo all’esame delle parole:
soccia= stessa, uguale, pari  agg.vo f.le del m.le suoccio = stesso, uguale, pari; etimologicamente la voce di partenza è quella m.le che  è derivata dal lat. sŏciu(m)→ sŏcciu(m)→suoccio  con raddoppiamento espressivo della  l'occlusiva velare sorda (c) e normale dittongazione della ŏ→uo;  la voce femminile  fu ricostruita su di una sŏcia(m) ma in questo caso, per questione di metafonesi (cambiamento di timbro di una vocale tonica per influenza di un'altra vocale appartenente alla sillaba finale della parola) non si ebbe la dittongazione della ŏ pur mantenendosi il raddoppiamento espressivo della  l'occlusiva velare sorda (c).
steva appesa  letteralmente stava appesa che in napoletano corrisponde ad era appesa voce verbale (3ª pers. sg. imperfetto ind. passivo) dell’infinito appennere = sospendere, attaccare, agganciare, appiccare; voce dal
lat. appendere→appennere (con assimilazione progressiva nd→nn) 'pesare', poi 'appendere', comp. di ad e pendere 'sospendere';

‘int’ê/ dint’ê néi/negli altrove anche nelle  prep. art. qui m.le, ma alibi, come ò détto  anche f.le   formata da dinto a   e dall’ articolo pl. ‘e (i/gli/le); rammento che con dinto a   e gli articoli ‘o (lo/il), ‘a (la) ‘e (i/gli/le)  si ànno rispettivamente dint’ô dint’â, dint’ê  che rendono rispettivamente nel/néllo,nélla,néi/negli/nelle; dinto/’into  avv./preposizione impropria =dentro,  in  è dal lat. dí intro→dint(r)o→dinto 'da dentro');
guantare = guantai,fabbricanti e/o venditori di guanti s.vo m.le pl. di guantaro guantaio,fabbricante e/o venditore di guanti con etimo, quale denominale  da un francone want addizionato del suff. di pertinenza arius→aro.

5. 'STU VENTARIELLO CA A TTE T'ARRECREA, A MME ME VA 'NCULO!
Letteralmente: quel venticello che ti soddisfa, frega me. Non sempre da un'identica situazione scaturisce un medesimo effetto per chiunque. Nella fattispecie, un soffio di vento che magari è piacevole per uno, può essere deleterio per un altro, che  - per esempio - è cagionevole di salute.
6. LL'AURIENZA CA DETTE 'O PAPA Ê CURNUTE.
Letteralmente: l'udienza che il papa dette ai mariti traditi. Cosí viene definita un'istanza che venga disattesa completamente da parte del suo destinatario; ciò che venne allorché una accolita di mariti traditi si rivolse al pontefice affinchè autorizzasse lo scioglimento del loro matrimonio, ma il papa, opponendo la indissolubilità del vincolo matrimoniale quale sacramento della Chiesa, disattese completamente l'istanza. La locuzione è usata per sottolineare una situazione nella quale ci sia qualcuno che faccia orecchi da mercante...
7. 'O PERUCCHIO È CCADUTO DINT' Â FARINA.
Letteralmente: il pidocchio è caduto nella farina. La locuzione viene usata per indicare coloro che a seguito di una calamità, o una guerra, si sono arricchiti e àn preso dimora nei luoghi piú chic della città e si danno l'aria di gran signori quasi fossero discendenti di antica, provata nobiltà, come un pidocchio che, caduto nella farina, si imbianca solo esteriormente pur restando, in sostanza, un vile insetto.
8. PARÉ 'O MARCHESE D''O MANDRACCHIO.
Letteralmente: sembrare il marchese del Mandracchio. Id est: Tentare di darsi le arie di persona dabbene ed essere in realtà di tutt'altra pasta. La locuzione, che viene usata per bollare un personaggio volgare ed ignorante che si dia delle arie, millantando un migliore ascendente sociale di nascita, si incentra sul termine Mandracchio che non è il nome di una tenuta, ma indica solo la zona a ridosso del porto(dallo spagnolo mandrache: darsena)frequentata da facchini e scaricatori che non usavano di certo buone maniere ed il cui linguaggio non era certo forbito o corretto.
Brak

Nessun commento:

Posta un commento