STRANGULAPRIEVETE
D’’O PARZUNARO
NOTA
Riporto
qui di sèguito in primis un mio vecchio,
ma ancóra valido scritto che mi pare interessante porre a corollario di questa
ricetta:
STRANGULAPRIÉVETE & CO.
Con il
sostantivo strangulapriévete, nell’idioma napoletano, si designano degli
gnocchi semplici, fatti in casa con acqua, farina e sale. È vero che sia
nell’uso quotidiano che in certa letteratura deteriore ò trovato pure — per
indicare la medesima pasta — il termine strangulamuónece, ma si tratta
chiaramente di un vocabolo pretestuoso, teso a prendersi gioco dei monaci,
oltre che dei sacerdoti richiamati a torto nel primo lemma. Nella storia della
parola, in realtà, il clero non c’entra affatto, se non per una gustosa
omofonia che vi risuona o, se si vuole prendere per buona una notizia
suggestiva del fantasioso Nicola Vottiero(1780 ca) , il quale riferisce che
strangulapriévete chiamavano nel Settecento gli gnocchi i monaci e
strangulamuónece a rimbrotto i preti.
Disdicevole
è peraltro che, partendo da strangulapriévete, l’italiano mediatico abbia
tratto fuori uno ‘strozzapreti’ da far venire i brividi all’ascolto o sobbalzar
dalla poltrona. Vuoi vedere che aumme
aumme e tenendomene all’oscuro son
tornati tra di noi i lanzichenecchi?! È ben vero che tra gli studiosi
dell’ idioma napoletano non è mancato, non so se per distrazione o per un
eccesso di laicismo malinteso, chi accredita una semantica da serracollo, come
per esempio fanno il D’Ascoli e il Santella, ma mi sto ancora chiedendo chi sia
stato il primitivo ignorante che, non conoscendo l’etimologia della prima parte
del termine strangula-priévete, à creduto di fare cosa intelligente
(lasciandosi fuorviare dallo strangula d’avvio sostituendolo con ‘strozza’,
(dal verbo strozzare, sinonimo in toscano di ‘strangolare’) e dimostrando,
invece, d’essere un asino integrale.
Cerchiamo
d’esser seri. Il termine strangulapriévete, unico originale vocabolo che possa arrogarsi il diritto di significare gli
gnocchi napoletani, viene da secoli lontani e nasce dalla lingua greca, tanto
da far sospettare che tale preparazione sia d’origine se non greca, certamente
delle zone della Magna Grecia Dall’impasto di acqua, farina e sale si ricavano,
arrotolandoli sul tagliere cosparso di farina asciutta, dei bastoncelli a sezione
cilindrica, spessi un centimetro, che vengono tagliati in piccoli cilindretti
di un paio di centimetri ognuno. I cilindretti vengon poi incavati, facendoli
strusciare sul tagliere e tenendoli premuti contro il medesimo col polpastrello
o dell’indice o del medio. Questa doppia operazione dell’arrotolamento e della
incavatura ci fa comprendere perché il verbo greco straggalào, con i
significati di arrotolare, attorcere, curvare, ed il verbo prepto con quelli di comprimere, incavare,
siano all’origine del termine napoletano strangulaprievete voce con cui designiamo i nostri gnocchi
napoletani. Rammento che tali strangulaprievete greco-napoletani
nella zona dell’avellinese prendono il nome di trille poi che l’operazione
dell’incavatura è fatta contemporaneamente con i polpastrelli di tre dita:
indice, medio ed anulare strusciando i cilindretti di pasta sul tagliere
cosparso di farina, quel tagliere che in napoletano è détto laganaturo e nell’avellinese tumpagno.
Più
chiaramente dirò che per
il tagliere, i napoletani usano il generico
termine di laganaturo (che
deriva , come il sostantivo femminile lagana = sorta di larga fettuccina di
pasta fresca ed estensivamente anche la intera sfoglia di pasta fresca da cui
si ricavano le lagane o laganelle se più strette, su cui è forgiato - con il
concorso di un suffisso turo (atto a, per) - dal greco làganon ma che i
napoletani utilizzarono attraverso un neutro latinizzato lagana inteso
femminile; per verità con il termine laganaturo a Napoli si indicò ( ed ecco il motivo per cui l’ò detto:
generico) alternativamente sia il tagliere, che il bastone cilindrico con cui
si spiana la pasta per cavarne le lagane; tale bastone fu ed è quello che in
toscano dovrebbe correttamente dirsi matterello
(diminutivo di
màttero che è da congiungersi al latino matéola= mazza, bastone), ma che
qualcuno e segnatamente chi parla dalla televisione..., si ostina a dire, impropriamente, con voce
romanesca mattarello. Atteso dunque che sia il tagliere
che il matterello sono due strumenti
utili alla produzione delle lagane, poco male che avessero il medesimo nome.
Quanto al tagliere dell’avellinese dirò à il nome di tumpagno ed è, contrariamente al tagliere napoletano che è
rettangolare, di forma circolare, né
più, né meno cioè che un fondo di botte
che noi, figli di Partenope, usiamo dire appunto ‘o tumpagno (dal greco
tympànion che sta giustappunto per chiusura).
Ma
torniamo a gli strangulaprievete ed annotiamo che
come
ò chiarito i sacerdoti non c’entrano nulla e di conseguenza men che meno i
monaci chiamati in causa da qualche buontempone che non aveva di meglio cui
pensare... Quanto allo stravolgimento di strangulaprievete in strozzapreti non
posso che ribadire l’ignoranza e l’imbecillità di chi à fatto un simile
strazio, ed à trovato sedicenti studiosi
della lingua italiana pronti ad accoglierlo nei dizionarî in uso, diventati
oramai il secchio della spazzatura in cui vien recepito di tutto, asinerie e
capocchierie comprese. Si consideri la voce strangolapreti come appare in uno
dei piú diffusi dizionarî: «Gnocchetto duro e compatto, che, essendo di
difficile masticazione, rischia di far morire soffocati». Ben tre stupidaggini
infilate in una sola frase e che rischiano di farci soffocare dal ridere. Una
cosa di cui ci si può solo vergognare. Ora nell’augurarvi di fare di questi
strangulaprievete tanta bbona salute,
vi raccomando di non canzarvi (di non permettervi ) di fare ‘e
strangulaprievete con le patate(gli gnocchi fatti con le patate è una faccenda
della cucina romana: io glieli lascio volentieri, e spero pure voi!
parzunaro
= fittavolo, mezzadro , colono di parti limitate d’un podere altrui, con derivazione dal lat. medievale
partionarius incontro tra partes ed il
suff.arius usato per formare sostantivi indicanti arti o mestieri; il
suffisso arius divenne nell’italiano aio dove diede varî nomi indicanti arti o mestieri:
lattaio, merciaio, fioraio etc; nel napoletano arius divenne aro: putecaro,
sciuraro, lattaro, parzunaro etc.
ingredienti
e dosi per 6 persone:
per gli
strangulaprievete:
1,200
kg. di farina 00
800
gr. d’acqua bollente
25
gr. di sale fino.
per il sugo:
1
bicchiere e mezzo d’olio d’oliva e.v.p.
s. a f.
400 gr di bietole;
300 gr di carote;
400 gr di bietole;
300 gr di carote;
3 grossi peperoni quadrilobati;
3 grosse cipolle dorate tritate grossolanamente,
200 gr di pomidoro Roma o San Marzano sbollentati,pelati e tagliati a pezzettoni;
200 gr di cimette di cavolfiore lavate;
200 gr di sedano bianco lavato e tagliato in tocchetti ;;
3 grosse cipolle dorate tritate grossolanamente,
200 gr di pomidoro Roma o San Marzano sbollentati,pelati e tagliati a pezzettoni;
200 gr di cimette di cavolfiore lavate;
200 gr di sedano bianco lavato e tagliato in tocchetti ;;
1 spicchio d’aglio mondato e schiacciato;
sale doppio alle erbette q.s.
sale fino alle erbette e pepe bianco q.s.;
1 etto di formaggio pecorino grattugiato;
sale fino alle erbette e pepe bianco q.s.;
1 etto di formaggio pecorino grattugiato;
Per
approntare gli strangulaprievete.
Munirsi
di un capace polsonetto ad un solo
manico, riempirlo d’acqua (poco meno d’un litro) e portarla ad ebollizione;
fuori dal fuoco, ma quando la temperatura dell’acqua sia ancóra elevata,
versare nell’acqua, a pioggia quasi tutta la farina ed il sale, rimestare velocissimamente con un
cucchiaio di legno, indi rovesciare d’un sol colpo su di un tagliere cosparso
di farina asciutta l’impasto e
cominciarlo a lavorare a mani nude molto velocemente(la cosa sarà favorita dal
fatto che l’impasto risulterà bollente…) fino a che non abbia incorporato tutta
la restante farina e non si sia ottenuto una palla di pasta soda ed elestica
che si farà riposare per circa mezz’ora; indi si lavorerà ancora un po’ la
pasta ed aggiungendo un po’ di farina si ricaveranno da piccole porzioni
di pasta dei bastoncini cilindrici dello spessor d’un indice dai quali
si ricaveranno tanti cilindretti di circa 2 cm. d’altezza che verranno pigiati
velocemente ed alternativamente con i
polpastrelli dell’indice o del medio ed incavati strusciandoli sul tagliere; alla fine si
disporranno tutti questi strangulaprievete (gnocchi napoletani) distesi, ad
asciugare, su di un canevaccio pulitissimo cosparso con pochissima farina. Dopo
mezz’ora si porta ad ebollizione una pentola d’acqua fredda (circa 8 litri) ed appena l’acqua bolle vi si versano,
pochi per volta, gli strangulaprievete che verranno prelevati dalla pentola con
un mestolo forato appena riaffiorino tornando
a galla, e messi in una zuppiera calda dove saranno rapidamente conditi con il sugo
che sarà stato approntato nella maniera seguente:
Lavare e tagliare tutte le verdure(con esclusione dei peperoni)
in piccoli pezzi o a cubetti da ½ cm di spigolo; farle
sbollentare in acqua salata (sale grosso) per circa 7 minuti, alla fine
sgrondarle e tenerle da parte;i peperoni invece lavati, asciugati scapitozzati e privati di
picciolo nonché semi e costoline interne, vanno ridotti in falde grosse come un pollice e vanno stufati da crudi in olio bollente (mezzo
bicchiere) ed aglio schiacciato, per
circa 15 minuti) nel frattempo in un’ ampia padella versare un bicchiere
d’olio, aggiungere le cipolle tritate, farle dorare ed unire i pezzettoni di
pomidoro, salare e dopo 5 minuti di cottura aggiungere a mano a mano le varie verdure sbollendate e sgrondate
cominciando con quelle a pezzi ed a seguire quelle a cubetti
e farle insaporire incoperchiate
per 10 minuti; regolare eventualmente di sale e pepe.A conclusione, aggiungere
nella zuppiera a gli strangulaprievete
il sugo cosí ottenuto al completo di tutte le verdure, pomidoro e del fondo di
cottura; rimestare lungamente, ma delicatamente e poi
aggiungere il pecorino ed il pepe.
Si lascia riposare il tutto per alcuni minuti nella zuppiera tenuta in
caldo e prima di servire in tavola si aggiungono i peperoni stufati.
Vini: secchi e profunati bianchi campani (
Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano, Greco di Tufo) freddi di frigo.
Mangia Napoli, bbona saluta!
Raffaele
Bracale
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