sabato 9 marzo 2019

STRANGULAPRIEVETE D’’O PARZUNARO


STRANGULAPRIEVETE D’’O PARZUNARO
NOTA
Riporto qui di sèguito in primis  un mio vecchio, ma ancóra valido scritto che mi pare interessante porre a corollario di questa ricetta:
STRANGULAPRIÉVETE & CO.

Con il sostantivo strangulapriévete, nell’idioma napoletano, si designano degli gnocchi semplici, fatti in casa con acqua, farina e sale. È vero che sia nell’uso quotidiano che in certa letteratura deteriore ò trovato pure — per indicare la medesima pasta — il termine strangulamuónece, ma si tratta chiaramente di un vocabolo pretestuoso, teso a prendersi gioco dei monaci, oltre che dei sacerdoti richiamati a torto nel primo lemma. Nella storia della parola, in realtà, il clero non c’entra affatto, se non per una gustosa omofonia che vi risuona o, se si vuole prendere per buona una notizia suggestiva del fantasioso Nicola   Vottiero(1780 ca) , il quale riferisce che strangulapriévete chiamavano nel Settecento gli gnocchi i monaci e strangulamuónece a rimbrotto i preti.
Disdicevole è peraltro che, partendo da strangulapriévete, l’italiano mediatico abbia tratto fuori uno ‘strozzapreti’ da far venire i brividi all’ascolto o sobbalzar dalla poltrona. Vuoi vedere che  aumme aumme e tenendomene all’oscuro son  tornati tra di noi i lanzichenecchi?! È ben vero che tra gli studiosi dell’ idioma napoletano non è mancato, non so se per distrazione o per un eccesso di laicismo malinteso, chi accredita una semantica da serracollo, come per esempio fanno il D’Ascoli e il Santella, ma mi sto ancora chiedendo chi sia stato il primitivo ignorante che, non conoscendo l’etimologia della prima parte del termine strangula-priévete, à creduto di fare cosa intelligente (lasciandosi fuorviare dallo strangula d’avvio sostituendolo con ‘strozza’, (dal verbo strozzare, sinonimo in toscano di ‘strangolare’) e dimostrando, invece, d’essere un asino integrale.
Cerchiamo d’esser seri. Il termine strangulapriévete, unico originale vocabolo che  possa arrogarsi il diritto di significare gli gnocchi napoletani, viene da secoli lontani e nasce dalla lingua greca, tanto da far sospettare che tale preparazione sia d’origine se non greca, certamente delle zone della Magna Grecia Dall’impasto di acqua, farina e sale si ricavano, arrotolandoli sul tagliere cosparso di farina asciutta, dei bastoncelli a sezione cilindrica, spessi un centimetro, che vengono tagliati in piccoli cilindretti di un paio di centimetri ognuno. I cilindretti vengon poi incavati, facendoli strusciare sul tagliere e tenendoli premuti contro il medesimo col polpastrello o dell’indice o del medio. Questa doppia operazione dell’arrotolamento e della incavatura ci fa comprendere perché il verbo greco straggalào, con i significati di arrotolare, attorcere, curvare, ed il verbo  prepto con quelli di comprimere, incavare, siano all’origine del termine napoletano strangulaprievete voce  con cui designiamo i nostri gnocchi napoletani. Rammento   che tali strangulaprievete greco-napoletani nella zona dell’avellinese prendono il nome di trille poi che l’operazione dell’incavatura è fatta contemporaneamente con i polpastrelli di tre dita: indice, medio ed anulare strusciando i cilindretti di pasta sul tagliere cosparso di farina, quel tagliere che in napoletano è détto laganaturo e nell’avellinese tumpagno.
Più chiaramente dirò che per il tagliere, i napoletani usano  il generico termine di laganaturo (che deriva , come il sostantivo femminile lagana = sorta di larga fettuccina di pasta fresca ed estensivamente anche la intera sfoglia di pasta fresca da cui si ricavano le lagane o laganelle se più strette, su cui è forgiato - con il concorso di un suffisso turo (atto a, per) - dal greco làganon ma che i napoletani utilizzarono attraverso un neutro latinizzato lagana inteso femminile; per verità con il termine laganaturo a Napoli  si indicò  ( ed ecco il motivo per cui l’ò detto: generico) alternativamente sia il tagliere, che il bastone cilindrico con cui si spiana la pasta per cavarne le lagane; tale bastone fu ed è quello che in toscano dovrebbe correttamente dirsi matterello (diminutivo di màttero che è da congiungersi al latino matéola= mazza, bastone), ma che qualcuno e segnatamente chi parla dalla televisione...,  si ostina a dire, impropriamente, con voce romanesca mattarello. Atteso dunque che sia il tagliere che il matterello sono  due strumenti utili alla produzione delle lagane, poco male che avessero il medesimo nome. Quanto al tagliere dell’avellinese dirò à il nome di tumpagno ed è, contrariamente al tagliere napoletano che è rettangolare,  di forma circolare, né più, né meno cioè  che un fondo di botte che noi, figli di Partenope, usiamo dire appunto ‘o tumpagno (dal greco tympànion che sta giustappunto per chiusura).

Ma torniamo a gli strangulaprievete ed annotiamo che  
come ò chiarito i sacerdoti non c’entrano nulla e di conseguenza men che meno i monaci chiamati in causa da qualche buontempone che non aveva di meglio cui pensare... Quanto allo stravolgimento di strangulaprievete in strozzapreti non posso che ribadire l’ignoranza e l’imbecillità di chi à fatto un simile strazio, ed à  trovato sedicenti studiosi della lingua italiana pronti ad accoglierlo nei dizionarî in uso, diventati oramai il secchio della spazzatura in cui vien recepito di tutto, asinerie e capocchierie comprese. Si consideri la voce strangolapreti come appare in uno dei piú diffusi dizionarî: «Gnocchetto duro e compatto, che, essendo di difficile masticazione, rischia di far morire soffocati». Ben tre stupidaggini infilate in una sola frase e che rischiano di farci soffocare dal ridere. Una cosa di cui ci si può solo vergognare. Ora nell’augurarvi di fare di questi strangulaprievete tanta   bbona salute, vi raccomando di  non  canzarvi (di non permettervi ) di fare ‘e strangulaprievete con le patate(gli gnocchi fatti con le patate è una faccenda della cucina romana: io glieli lascio volentieri, e spero pure voi!
parzunaro = fittavolo, mezzadro , colono di parti limitate d’un podere altrui,  con derivazione dal lat. medievale partionarius  incontro tra partes ed il suff.arius usato per formare sostantivi indicanti arti o mestieri; il suffisso  arius  divenne nell’italiano aio dove  diede varî nomi indicanti arti o mestieri: lattaio, merciaio, fioraio etc; nel napoletano arius divenne aro: putecaro, sciuraro, lattaro, parzunaro etc.
ingredienti e dosi per 6 persone:
per gli strangulaprievete:
1,200 kg. di farina 00
800 gr. d’acqua bollente
25 gr. di sale fino.
per il sugo:
1 bicchiere e mezzo  d’olio d’oliva e.v.p. s. a f.
400 gr di bietole;
300 gr di carote;
3 grossi peperoni quadrilobati;
3 grosse  cipolle dorate tritate grossolanamente,
200 gr di pomidoro Roma o San Marzano sbollentati,pelati e tagliati a  pezzettoni;
200 gr di cimette di cavolfiore lavate;
200 gr di sedano bianco lavato e tagliato in tocchetti ;;
1 spicchio d’aglio mondato e schiacciato;
sale doppio alle erbette q.s.
sale fino alle erbette e pepe bianco q.s.;
 1 etto di formaggio pecorino grattugiato;
Per approntare gli strangulaprievete.
Munirsi di  un capace polsonetto ad un solo manico, riempirlo d’acqua (poco meno d’un litro) e portarla ad ebollizione; fuori dal fuoco, ma quando la temperatura dell’acqua sia ancóra elevata, versare nell’acqua, a pioggia quasi tutta la farina  ed il sale, rimestare velocissimamente con un cucchiaio di legno, indi rovesciare d’un sol colpo su di un tagliere cosparso di farina asciutta l’impasto  e cominciarlo a lavorare a mani nude molto velocemente(la cosa sarà favorita dal fatto che l’impasto risulterà bollente…) fino a che non abbia incorporato tutta la restante farina e non si sia ottenuto una palla di pasta soda ed elestica che si farà riposare per circa mezz’ora; indi si lavorerà ancora un po’ la pasta ed aggiungendo un po’ di farina si ricaveranno da piccole porzioni di  pasta dei bastoncini  cilindrici dello spessor d’un indice dai quali si ricaveranno tanti cilindretti di circa 2 cm. d’altezza che verranno pigiati velocemente ed alternativamente  con i polpastrelli dell’indice o del medio ed incavati    strusciandoli sul tagliere; alla fine si disporranno tutti questi strangulaprievete (gnocchi napoletani) distesi, ad asciugare, su di un canevaccio pulitissimo cosparso con pochissima farina. Dopo mezz’ora si porta ad ebollizione una pentola d’acqua fredda  (circa 8 litri) ed appena l’acqua bolle vi si versano, pochi per volta, gli strangulaprievete che verranno prelevati dalla pentola con un mestolo forato appena riaffiorino tornando  a galla, e messi in una zuppiera calda  dove saranno rapidamente conditi con il sugo che sarà stato approntato nella maniera seguente:
Lavare e tagliare tutte le verdure(con esclusione dei peperoni) in piccoli pezzi o   a cubetti da ½ cm di spigolo; farle sbollentare in acqua salata (sale grosso) per circa 7 minuti, alla fine sgrondarle e tenerle da parte;i peperoni invece  lavati, asciugati scapitozzati e privati di picciolo nonché semi e costoline interne, vanno  ridotti in falde grosse come un pollice e  vanno stufati da crudi in olio bollente (mezzo bicchiere) ed aglio schiacciato,  per circa 15 minuti) nel frattempo in un’ ampia padella versare un bicchiere d’olio, aggiungere le cipolle tritate,  farle dorare ed unire i pezzettoni di pomidoro, salare e dopo 5 minuti di cottura aggiungere a mano a mano  le varie verdure sbollendate e sgrondate cominciando con quelle a pezzi ed a seguire quelle  a cubetti  e  farle insaporire incoperchiate per 10 minuti; regolare eventualmente di sale e pepe.A conclusione, aggiungere nella  zuppiera a gli strangulaprievete il sugo cosí ottenuto al completo di tutte le verdure, pomidoro e del fondo di cottura; rimestare lungamente, ma delicatamente  e poi  aggiungere il pecorino ed il pepe.   Si lascia riposare il tutto per alcuni minuti nella zuppiera tenuta in caldo e prima di servire in tavola si aggiungono i peperoni stufati.
Vini:  secchi e profunati bianchi campani ( Solopaca, Capri, Ischia, Falanghina, Fiano, Greco di Tufo) freddi di frigo.
 Mangia Napoli, bbona saluta!


Raffaele Bracale



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